Una vittoria della voglia di buona politica e una sconfitta della tecnocrazia impersonata da Mario Monti. Fabrizio D’Esposito, giornalista politico de Il Fatto Quotidiano, analizza così gli exit poll sulle elezioni 2013. “Monti è stato visto inizialmente come un cambio di passo in senso serio, responsabile, normale e sobrio dopo l’allegra tragedia berlusconiana – sottolinea D’Esposito -. Il premier uscente ha poi dilapidato un patrimonio di credibilità, ha messo un Paese in ginocchio proteggendo alcune categorie come le banche. Il messaggio che è passato è stato che la gente normale faceva dei sacrifici, mentre la casta era protetta. Monti ha sopravvalutato la sua popolarità, che già era in calo nella primavera 2012. Ha poi completamente sbagliato compagnia, in quanto chi si pone come il nuovo della politica non può poi allearsi con il più vecchio del vecchio, cioè con Casini e Fini”.
Come osserva il giornalista de Il Fatto Quotidiano, “alla fine credo che Grillo prenderà molto di più del 16,5% degli instant poll. Il significato di questo risultato è una richiesta di buona politica, e non di antipolitica. E’ un voto di rabbia, di protesta, di cambiamento, di rivoluzione. La gente non ne può più, Grillo pesca voti tanto a destra quanto a sinistra, e in entrambi gli orientamenti politici c’è un rifiuto dei partiti che sinora si sono seduti in Parlamento. E’ ancora prematuro dire in che modo Grillo sfrutterà la sua forza e ancora non sappiamo i numeri precisi. Probabilmente l’M5S avrà più di 90 parlamentari”.
Per l’analista politico, “comunque queste elezioni segnano il tramonto di Berlusconi, che non ritornerà più a Palazzo Chigi e che dubito voglia continuare a fare il capo dell’opposizione in Parlamento. Lo fece nel 1996, ma all’epoca aveva davanti a sé tutta la sua carriera politica. Oggi è un uomo di 76 anni, che ha guidato una campagna elettorale battendosi come un leone, ma che non ha più tempo davanti a sé e non può essere quindi il candidato su cui costruire il futuro del centrodestra. Questo risultato è la dimostrazione del fatto che Berlusconi non è morto, questo voto non è il funerale che i suoi avversari si aspettavano di fargli, anche se la vera cartina di tornasole sarà come andrà a finire alle regionali in Lombardia”.
Alla fine Bersani potrebbe avere la maggioranza assoluta anche al Senato. Per D’Esposito, il significato politico di questo risultato è che “il messaggio che ha comunicato il Pd è che è l’unico tra i partiti della Seconda Repubblica a essersi comportato in modo responsabile, avere cercato di fare pulizia al suo interno, ponendosi in modo realistico rispetto al Paese e coagulando una buona parte dell’elettorato di centrosinistra. Non abbiamo ancora i risultati definitivi, ma il 37% è comunque un ottimo risultato, ed è in linea con quello ottenuto da Veltroni nel 2008 quando perse contro Berlusconi. Il Partito Democratico tiene, ha messo in atto un ricambio generazionale, vince con un candidato premier di centrosinistra ed è la prima volta che un post-comunista va a Palazzo Chigi”. (Pietro Vernizzi)
 



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