E’ iniziata alle 17, come da programma, l’attesa conferenza stampa del segretario del Partito Democratico Pier Luigi Bersani. “In altri Paesi – inizia a spiegare il candidato premier della coalizione del centrosinistra – un voto del genere avrebbe garantito la governabilità, da noi non è così, quindi bisogna ricordarsi chi ha voluto impedire la legge elettorale, e di certo non noi”. Ci sono delle novità in queste elezioni, aggiunge il leader democratico, “che hanno investito tutti, anche noi. Si dovrà fare un’analisi profonda e hanno pesato certamente due elementi: il primo è quello della crisi, la più grave dal Dopoguerra, e le ricette su questa crisi targate solo austerità. Questo ha certamente motivato un grande movimento d’opinione. Dall’altro, invece, la non accettazione, motivata, di una ricetta basata in modo stretto solo sull’austerità, sul rigore”. E questa campana, avverte, “suona anche per l’Europa”.



L’altro elemento è invece il rifiuto della politica così come si è presentata, “apparsa moralmente non credibile. Noi del Pd non possiamo dire di non aver visto tutto questo. Abbiamo visto da tempo che il movimento dell’opinione pubblica italiana si muoveva verso una dinamica più complessa, più profonda di disaffezione e di rifiuto. Abbiamo cercato di corrispondere a questa volontà, anche nel nostro modo d’essere, e abbiamo cercato d reagire, ma devo riconoscere che il problema ha nettamente sopravanzato le nostre ricette”.



“Dobbiamo prendere atto con umiltà – spiega ancora Bersani – di quello che viene fuori da questo appuntamento elettorale, ribadendo la volontà di essere utili al nostro Paese. Siamo comunque una coalizione maggioritaria alla Camera, maggioritaria per i voti al Senato e anche relativa coi seggi”. Bersani poi tuona: “Voglio ammonire su un punto: non siamo noi il problema, noi siamo un punto di tenuta del governo e se non avessimo fatto quello che abbiamo fatto ci troveremmo in una situazione ancora più complicata. Per questo la prima parola tocca a noi, che senza vincere siamo comunque arrivati primi. Tocca  a noi, in un Parlamento largamente cambiato non solo nelle componenti politiche ma anche nei suoi protagonisti. E noi abbiamo dato un grande impulso a questo cambiamento”.



“Siamo quindi davanti a una situazione nuova e, quando dico che ci prenderemo le nostre responsabilità, voglio dire che sentiamo come prima responsabilità quelle di essere portatori efficaci di una proposta di cambiamenti, anche più di quanto abbiamo proposto in campagna elettorale, perché quello che abbiamo detto fino a oggi non basterà”. “Non vogliamo dunque diplomazie con questo o con quello – annuncia il segretario Pd – la nostra intenzione è di proporre alcuni punti fondamentali di cambiamento, cioè un programma essenziale da rivolgere al Parlamento su riforma delle istituzioni, della politica a partire dai suoi costi, una legge sui partiti, difesa dei ceti più esposti alla crisi e un impegno per una nuova politica europea per il lavoro. Sono questi i titoli essenziali di una nostra possibile iniziativa secondo una logica di ribaltare uno schema”. Bersani dice “no a discorsi a tavolino sulle alleanze, ciascuno si prenda le sue responsabilità davanti al Parlamento e al Paese. Saremo comunque per una responsabilità comune e ascolteremo il presidente della Repubblica. Non ci sfugge la drammaticità del momento, non ci sfuggono i rischi per il nostro Paese, ma questa responsabilità sia chiaro che noi la consideriamo un sinonimo di cambiamento”.

Alla domanda su un eventuale confronto con Berlusconi, Bersani risponde: “Non so confronto cosa voglia dire… Quando saremo in Parlamento ci confronteremo, ma non penso che fare ora questi accorgimenti politico-diplomatici corrisponda a un corretto cammino. Come ho detto, stavolta ribaltiamo lo schema”. Ora, ha spiegato, bisogna “discutere sui vari punti per cambiare questo Paese pieno di problemi, non credo si tollerino balletti di diplomazia politica”. Su questo, ha quindi concluso Bersani, “si riposassero”.