Bersani a Grillo, Berlusconi a Bersani. Le due maggiori coalizioni lanciano segnali di apertura in direzioni diverse per tentare di garantire la governabilità dell’Italia dopo i risultati delle elezioni politiche appena concluse, dalle quali non è emersa alcuna maggioranza netta in Senato. Il Cavaliere riconosce da un lato la vittoria del centrosinistra alla Camera, ma esclude ogni alleanza con la coalizione guidata da Monti, colpevole di aver “ridotto l’Italia in una situazione pericolosa e in una spirale recessiva”. Bersani, dal canto suo, si dice contrario a un’eventuale collaborazione con Berlusconi e allunga la mano al Movimento 5 Stelle, vero vincitore di questa tornata elettorale. Tutto per evitare che a breve si debba tornare alle urne: ma questa ipotesi è davvero così realistica? Lo abbiamo chiesto a Stelio Mangiameli, costituzionalista e Direttore dell’Issirfa-CNR di Roma.



Professore, cosa può dirci?

Tornare al voto è possibile, ma di certo non opportuno. La situazione è notevolmente complicata dall’attuale legge elettorale, voluta per “coronare” il bipolarismo italiano che è ormai in crisi.

Quali sono i principali problemi?

Questa legge elettorale non consente di fatto la formazione di un governo di coalizione. Il Porcellum è infatti predisposto per cercare di polarizzare il consenso, operando con la tecnica del premio di maggioranza alla coalizione in entrambi i rami del Parlamento.



Quindi il Porcellum prevede che vengano costituite due coalizioni prima del voto e che queste si affrontino durante la competizione elettorale?

E’ proprio così, ma la vera anomalia risiede nel fatto che questa legge elettorale è tarata per avere due gruppi intorno al 40%. Da queste elezioni, invece, caratterizzate dalla crisi del bipolarismo, sono uscite da una parte coalizioni che non raggiungono neanche il 30%, dall’altra Grillo con il 25% circa alla Camera e la coalizione di Monti poco sopra alla soglia del 10%. E’ quindi evidente che in un sistema di questo tipo, con quattro diverse polarità forti e deboli allo stesso tempo, la diversità dell’assegnazione dei premi di maggioranza alla Camera e al Senato crea una distribuzione dei seggi che non è in grado di garantire la governabilità e pone seri problemi di legittimazione dei seggi conseguiti con i premi.



Ci può fare un esempio?

Il 29,5% che ha ottenuto la coalizione di Bersani alla Camera, ad esempio, corrisponde al 22,5% degli elettori, quindi una assoluta minoranza. Formalmente, dal punto di vista della legge elettorale, il risultato in seggi di Bersani (340) può essere considerato anche legalmente a posto, ma non ha alcuna legittimazione dal punto di vista costituzionale a formare il governo, se non quella di rappresentare lo 0,4% in più della coalizione guidata da Silvio Berlusconi.

Cosa significherebbe dunque andare al voto tra pochi mesi?

Non avrebbe davvero alcun senso farlo con la stessa legge elettorale. Questo significherebbe inoltre regalare un altro 25% al Movimento 5 Stelle, correndo il rischio di avere una maggioranza assoluta nelle mani di Beppe Grillo. Credo sia quindi necessario regolare in modo decisamente più adeguato la competizione tra i partiti politici, in modo che, una volta avvenuta l’elezione, si possa governare efficacemente il Paese. Per come è oggi la situazione, invece, questo non è affatto possibile. Vorrei poi dire che, a mio giudizio, è stato soprattutto il Pd a commettere i più grandi errori nelle ultime ore.

Quali in particolari?

In conferenza stampa, Bersani ha annunciato di voler aprire solo a Grillo. Sono dell’idea che, invece, avrebbe dovuto chiedere il sostegno di tutte le forze politiche in Parlamento, in modo tale da congiungersi e offrire qualche garanzia al Paese. Quello del segretario Pd è dunque un errore macroscopico, sia dal punto di vista costituzionale che politico. C’è poi il problema dell’elezione del presidente della Repubblica.

Che nel semestre bianco non può sciogliere le Camere?

Certo, a Napolitano è vietato costituzionalmente lo scioglimento delle Camere, proprio perché siamo nel suo semestre bianco. Questo Parlamento ha dunque il dovere costituzionale di eleggere il nuovo Capo dello Stato, però mi chiedo: adesso, dopo questo voto, con quale maggioranza sarà possibile farlo?

Quali sono quindi i prossimi passaggi obbligati?

Dal punto di vista costituzionale, l’unica vera questione che adesso deve essere risolta dalle quattro forze politiche maggiori è l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Dal punto di vista politico, invece, sarebbe opportuno un periodo non breve in cui attuare varie riforme, come quella della legge elettorale e del Parlamento, e il mantenimento di un dialogo positivo con l’Europa, auspicando anche al livello dell’UE alcune riforme soprattutto per la zona Euro. Poi, nel giro di 1-2 anni, si potrebbe pensare di tornare al voto su una base costituzionale comune, rispettata e condivisa da tutti.

 

(Claudio Perlini)