Tanto tuonò che piovve. E di acqua ne è caduta troppa, al punto da sconvolgere, al di là di ogni ragionevole previsione, lo scenario della politica italiana. Dopo lo tsunami del 24 e 25 febbraio, alcuni – tra gli addetti ai lavori – si chiedono quale sarà la sorte della riforma del lavoro. Forse tra qualche giorno potremo avere le idee più chiare di quanto non lo siano adesso. Ma prima di rispondere a questa domanda bisognerebbe porsi degli interrogativi ancor più pressanti, a partire da quale prospettiva deve aspettarsi il Paese.



Il responso delle urne è sotto i nostri occhi, allibiti e increduli. La sua devastante evidenza è talmente chiara che ogni commento in più sembrerebbe non solo superfluo, ma patetico. Ci permettiamo pertanto di aggiungere, mutuandole da un grande pensatore, solo le seguenti parole. “Si è presentato come l’anti-partito, ha aperto le porte a tutti i candidati, ha dato modo ad una moltitudine incomposta di coprire con una vernice di idealità politiche vaghe e nebulose lo straripare selvaggio delle passioni, degli odi, dei desideri. È divenuto così un fatto di costume, si è identificato con la psicologia antisociale di alcuni strati del popolo italiano”.



A nostro avviso, basterebbero queste semplici frasi per spiegare il fenomeno M5S ai nostri partner europei che perdevano il loro tempo a preoccuparsi del ritorno di Silvio Berlusconi. Il brano è tratto, invece, da uno scritto a proposito del nascente fascismo a firma di Antonio Gramsci, pubblicato sull’Ordine nuovo del 26 aprile 1921. La storia si sta ripetendo? Noi crediamo di sì, sia pure in forme diverse. Con il web, non con il manganello e l’olio di ricino, almeno per ora. Ma la pozione malefica delle subculture fascistoidi sta avvelenando i pozzi del vivere civile. E non si tratta di un fuoco di paglia, ma di un virus che può diffondersi e infettare il Vecchio Continente.



Nel 2000 la Comunità europea arrivò a promuovere delle sanzioni contro l’Austria come reazione nei confronti di un governo costituito dai democristiani di Wolfgang Schuessel e dai liberali di Joerg Haider. Quest’ultimo rappresentava in quei tempi, per le sue posizioni politiche, la pietra dello scandalo, anche se – a leggerlo oggi – il programma concordato da quella maggioranza – che fu detta nero-blu – potrebbe sembrare persino innovativo e anticipatore di scelte che adesso sono di ordinaria amministrazione in tutti quei paesi che allora si scandalizzarono e adottarono le sanzioni prescritte. Ben presto si ritenne che l’aver decretato l’apartheid nei confronti di uno Stato sovrano fosse stato un errore.

Sarà per questo motivo che l’Unione europea ha assistito e assiste in silenzio al clamoroso successo elettorale di Beppe Grillo in Italia. Ma come può la Comunità internazionale fidarsi di un Paese in cui il M5S – un soggetto misterioso colpevolmente sottovalutato, populista e antieuropeo – è diventato il primo partito alla Camera? Come può un investitore straniero sottoscrivere i nostri titoli quando chi vince le elezioni sostiene di non onorare il debito sovrano? Ci sorprende, invece, la reazione di tanti commentatori e, più in generale, delle forze politiche di centrosinistra. Sembra di essere ritornati ai tempi dei “compagni che sbagliano”. In sostanza, il grillismo è un fenomeno che viene giustificato per la sua critica alla classe politica, ai partiti e ai sindacati. Le sue rampogne, la sua insofferenza – si dice – sono giustificate e condivisibili. Il limite starebbe solo nell’accontentarsi della “protesta” e di non avere “proposte”. Persino Mario Monti non esita a fare paragoni siffatti. Quanto al Pd, è ormai palese il progetto di riproporre a livello nazionale il modello Crocetta: ottenere l’appoggio esterno del M5S a un governo Bersani privo della maggioranza al Senato. È proprio vero che gli dei confondono la mente di coloro di cui hanno segnato il destino.

Basta osservare il dibattito politico di queste prime ore. Si direbbe quasi che qualcuno pensi di fermare gli orologi, come si faceva un tempo per eludere una scadenza vincolante o un termine insormontabile. Solo che quel piccolo trucco serviva a recuperare qualche ora o un giorno al massimo. Adesso il “fermo” degli orologi dovrebbe proseguire per qualche mese (forse anche per un anno) prima di tornare inevitabilmente alle urne. E nel frattempo che cosa dovrebbe succedere? La risposta che viene data è la seguente: concordare una nuova legge elettorale. Ma nel frattempo come e con chi si affronterebbero non già i problemi non risolti denunciati in campagna elettorale, ma il precipitare dei nuovi guai conseguenti all’infausto risultato elettorale? Nessuno è in grado di chiedere al mondo di fermarsi per poter scendere. L’economia, i conti pubblici, i mercati, lo spread, la disoccupazione presenteranno quotidianamente il loro conto. Diranno loro di ripassare? Che i “nostri eroi” sono impegnati a definire quale legge elettorale ci porterà di nuovo al voto il più rapidamente possibile?

Davanti a noi rimane soltanto una soluzione: una maggioranza di solidarietà nazionale incentrata sulla terna Pd, Pdl e Scelta civica, che si impegni non a esprimere un governo a termine, ma a portare il Paese fuori dalla crisi. E a difendere le istituzioni democratiche. Perché di questo si tratta. Se ciò non sarà possibile, Dio aiuti questo povero Paese. Il peggio deve ancora venire.