«L’Italia è sulla soglia di una grave instabilità, conseguenza diretta della crisi del suo sistema politico. L’Europa stia in guardia e non faccia orecchie da mercante, perché non è estranea a questa crisi». Commenta così, Dimitri Deliolanes, corrispondente in Italia della tv greca Ert, l’immediato dopo elezioni in Italia che sembra confermare i peggiori pronostici della vigilia.



Perché, Deliolanes? C’è qualche elemento che avvicina la nostra situazione a quella della Grecia?
Non c’è dubbio, ed è un fattore comune più o meno a tutti i Paesi che sono travolti dalla crisi del debito all’interno dell’Eurozona. Questo perché la risposta finora data dai paesi leader dell’Unione, in particolare la Germania, a questa crisi è inadeguata. La rigidità sta sconvolgendo non solo il tessuto economico dei Paesi in crisi, ma sta rischiando anche di destabilizzarne il sistema politico e dunque l’elemento democratico.



Lo stesso che è accaduto in Grecia.
Appunto. In Grecia abbiamo visto il raccapricciante ingresso dei nazisti (Alba dorata, ndr) nel parlamento di uno Stato europeo. In Italia per fortuna non ci sono i nazisti, ma un sorprendente, generale movimento di rigetto delle politiche di austerità dell’Unione europea che si esprime attraverso Grillo, ma anche attraverso Berlusconi. Credo che un certo disagio trovi spazio pure nel Partito democratico.

Sulla base di quanto si è verificato in Grecia, quali sono gli errori che dovremmo evitare?
La Grecia è lì a dimostrare che la ricetta che l’Europa ha voluto applicare, l’austerità «senza se e senza ma», non dà i risultati sperati e al contrario ne ottiene di opposti: una profonda recessione e una crisi sociale a livelli inimmaginabili per un Paese europeo. In Grecia ne vediamo i frutti perché da noi è stata applicata con maggior vigore e in un lasso di tempo più lungo, cioè dal 2010 a oggi. Penso che di questo si siano accorti tutti i leader politici italiani.



Secondo lei la politica europea ha in parte a che fare con il risultato elettorale di Mario Monti?
Sì. Dirò di più: insieme a Mario Monti perde anche la Merkel. Non si può negare che la cancelliera, insieme ad alcuni importanti ambienti finanziari, si sia sbilanciata a favore di Monti. Come non si può negare che il Ppe a suo tempo abbia spinto Monti a scendere in campo. Insieme a Monti sono state indubbiamente «sconfitte» anche queste forze.

Dove ha sbagliato Mario Monti?
Invece di continuare ad essere un rispettabile tecnocrate, un professore autorevole, è sceso in campo ed è stato sconfitto. Quando prese il governo, promise non solo di risanare le finanze pubbliche ma anche di creare un fronte che portasse l’Ue a rivedere la sua politica di sovra-austerità. Forse è stato troppo prudente, forse non ha trovato gli alleati giusti; di fatto ciò che rimane del suo operato è la parte recessiva, non quella dello sviluppo.

Se il successo ottenuto da Grillo servisse a fare pressione sull’Europa?

Secondo me è quello che in cuor suo Bersani sta auspicando. C’è ovviamente il problema cui stiamo assistendo in queste ore: per imporre questo cambiamento di politica economica occorre combattere, Bersani ieri in conferenza stampa ha detto che occorre un governo «di combattimento». Sulla seconda parola non ci sono dubbi, il problema è la prima: per combattere occorre un governo e dunque serve una maggioranza in Parlamento. Non si scappa.

Qual è a suo modo di vedere l’ostacolo maggiore?
Sta nel Movimento 5 Stelle, nella sua indecifrabilità. Confesso che noi giornalisti esteri non riusciamo a capirlo fino in fondo. Ieri per esempio Grillo ha dichiarato che M5S valuterà le proposte «misura per misura», ma in politica è un po’ poco per prendere decisioni serie. Per quanto uno possa essere rivoluzionario, la politica ha le sue regole e occorre rispettarle. Combattere la casta è condivisibile e legittimo, ma quando prevale il caos occorre fare proposte, rendersi disponibili, fare alleanze.

Forse Beppe Grillo non la pensa così.
Il M5S dovrebbe ora imparare a fare una politica giusta, corretta. Non si può avere un fine da perseguire e non prendere seriamente in considerazione i mezzi per raggiungerlo.

E una simile evoluzione di M5S secondo lei è possibile?
In Grecia abbiamo avuto un movimento non paragonabile a quello di Beppe Grillo, ma di estrema sinistra, Syriza, che per lunghi anni è stato ai margini del sistema politico. Si aggirava intorno al 3 per cento e non entrava in parlamento. Poi, con la crisi, è riuscito ad arrivare al 27 e ora è il principale partito di opposizione. Tra il 3 e il 27 per cento ne corre. In mezzo sta un grosso sforzo per imparare le regole della democrazia e Syriza lo sta facendo.

Gli attuali protagonisti della scena sapranno fare i conti con Grillo?
Sotto questo profilo mi pare che lo sforzo più serio sia venuto da Bersani. Ha aperto il Pd a molto elementi del programma di Grillo riguardanti la moralità della politica e si è dichiarato disposto a portarli avanti come forza di governo in cambio di una fiducia in Parlamento. Il partito di maggioranza relativa la sua mossa ora l’ha fatta. Si tratta di capire se M5S è intenzionato a prenderla sul serio.

(Federico Ferraù)