La terra di conquista è al centro, anzi è sempre più al centro. Centro come luogo di mezzo fra gli schieramenti classici della politica italiana, centro anche, o forse soprattutto, come terra dei moderati disorientati. Centro anche come classe media in crisi.
Ci pensa una rilevazione della Swg a rendere chiaro ciò che i politici hanno compreso da tempo scatenando un’autentica bagarre: al centro c’è il maggior numero di elettori indecisi, che potrebbero fare la differenza nel voto. E gran parte di questi indecisi sono cattolici praticanti.
I numeri sono abbastanza evidenti: nell’area del non voto, che si aggira intorno al 30 per cento dell’elettorato, i cattolici praticanti sfiorano il 40 per cento, i non credenti il 18. Cattolici dunque più disorientati degli altri. Non si sentono rappresentati da nessuno, ergo sono corteggiati da tutti.
Lo fanno gli schieramenti più vari: solo venerdì Monti a Napoli visitava con il cardinal Crescenzio Sepe la casa per ragazze madri voluta dall’Arcidiocesi, ma segnali di attenzione vengono non solo dal centro, anche dagli schieramenti di destra e di sinistra. Se dagli uomini di Bersani s’insiste sui valori della solidarietà sociale, dalle parti di Berlusconi si risponde promettendo sostegno alla famiglia, ipotizzando il quoziente familiare, il bonus bebè o quello della scuola, per garantire libertà di scelta alle famiglie. E naturalmente sulla famiglia insistono molto anche Monti, Casini ed i centristi.
Ma il tema chiave per la classe media e le famiglie mai come in questa campagna elettorale è diventato quello delle tasse, da abbassare assolutamente, a detta di tutti. Va riconosciuta a Silvio Berlusconi, ancora una volta, la primogenitura della battaglia anti tasse. Alla fine però tutti – chi più, chi meno – hanno dovuto seguirlo, persino Monti che le tasse le ha dovute elevare e oggi assicura essere venuto il momento in cui abbassare la pressione fiscale è possibile.
Per ora i cattolici stanno a guardare. In questo vasto e variegato mondo un tentativo di imbastire un discorso se non unitario, quantomeno di convergenza era stato promosso ai massimi livelli dalla Chiesa italiana attraverso gli incontri di Todi. Il primo aveva preceduto di poche settimane il crollo del governo Berlusconi. Aveva segnato una grande vivacità dell’associazionismo di questa area, ed era sembra l’incubatore di qualcosa di nuovo che proprio nell’esecutivo guidato da Mario Monti, cattolico praticante, aveva trovato concretizzazione. Non si trattava certo della rinascita della Dc, ma tre fra i più significativi personaggi presenti al primo incontro di Todi erano diventati ministri (Balduzzi, Ornaghi e Riccardi, oltre a Corrado Passera).
Il secondo incontro di Todi non ha avuto la stessa intensità, il terzo, che doveva tenersi a inizio gennaio, non c’è stato per via dello scioglimento delle Camere, quindi un filo rosso che legasse le varie esperienze del mondo cattolico fra di loro non si è saldato, e ognuno (o quasi) è rimasto nello schieramento di appartenenza. Il passaggio di Mario Mauro dal Pdl ai centristi è rimasto quasi isolato.
Nel centrosinistra al mondo cattolico fanno riferimento in tanti, come Rosy Bindi, Franco Marini, Luigi Bobba, Dario Franeschini, Enrico Letta. Intorno a Monti e a Casini vanno segnalati di sicuro almeno Rocco Buttiglione, Giorgio Guerrini e Paola Binetti, mentre nelle liste berlusconiane spiccano i nomi di Roberto Formigoni, Maurizio Lupi, Raffaello Vignali, Eugenia Roccella, Francesco Giro e Mario Baccini. Natualmente l’elenco potrebbe essere molto più lungo, come ha fatto Avvenire il 23 gennaio.
Una presenza trasversale che potrebbe portare ad una significativa presenza anche nella prossima legislatura, con la speranza di alcuni (e forse pure di una parte delle gerarchie) che un dialogo sia possibile almeno sui grandi temi dell’etica, anche perché saranno di sicuro all’ordine del giorno. Dall’altra parte, però, tanta dispersione non può che avere l’effetto di confondere le idee all’elettorato di matrice cattolica.
Da qui al 24 febbraio, dunque, non mancheranno i tentativi di convincere chi si ritrova in quest’area culturale, tentativi di cui bisognerà verificare la sincerità e la fondatezza. Dopo il voto, però, forse una nuova riflessione potrebbe essere necessaria. Il rischio per i cattolici è quello di essere condannati all’irrilevanza.