Il crollo della Borsa di ieri, un secco -4,5 percento del Ftsi Mib rispecchia forse tutte le incertezze che si vivono in questo momento nell’Italia che sta entrando nella fase calda della campagna elettorale. La vicenda del Monte dei Paschi di Siena e le inchieste che si allargano ad altre banche per “l’abuso” di derivati. Il pessimismo che quasi si respira per le strade delle grandi città italiane, dove se entri in un negozio per i “saldi”, quasi ti abbracciano e ti ringraziano per la visita e per l’ eventuale acquisto. E sopra tutto il dibattito politico, con i toni sempre più accesi, con parole e promesse spesse dette in libertà, ma con una determinazione nell’attaccare che lascia quasi esterrefatti. Domenica Silvio Berlusconi promette la restituzione, anche cash, dell’Imu. Lunedì il professor Mario Monti risponde per le rime, come cerca di fare Pier Luigi Bersani, ma che, per la storia senese, appare in difficoltà. Poi ci sono i sondaggi, con aggiornamenti continui e con una diversità di valutazione che inquietano: c’è chi parla di una forbice del 10 percento tra centrosinistra e centrodestra, ma c’è anche chi riduce il divario a 5 punti. Infine il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo che, dopo qualche settimana di flessione, proprio con l’“affaire” Montepaschi ha ripreso quota fino a collocarsi al terzo posto e, secondo sondaggi disaggregati sugli “under 23”, i ragazzi italiani, futuro del Paese, Grillo sarebbe addirittura al primo posto. Il che, per la proprietà transitiva significherebbe che l’antipolitica diventa il futuro.
Più che mai doveroso chiedersi che cosa ci riserverà questo cruciale mese di febbraio dopo lo spoglio elettorale e che cosa ci riserverà la primavera annunciata dal mese di marzo.
Fabrizio Rondolino, bravissimo giornalista con una grande esperienza politica (faceva parte della squadra di Massimo D’Alema quando era a Palazzo Chigi) guarda con attenzione e lucidità quello che sta avvenendo in campagna elettorale. Rondolino vede un Bersani in difficoltà, mentre i protagonisti sembrano due: Silvio Berlusconi e Mario Monti “perché fanno una campagna d’attacco”.
È un giudizio di carattere mediatico oppure ha una valenza politica?
In una campagna elettorale come questa, con il clima che c’è in giro, non si può restare immobili o essere sbrigativi. Bisogna occupare la scena, fare proposte in tutti i casi. È questo che stanno facendo sia Monti che Berlusconi, mentre Bersani non può barricarsi, ad esempio dietro la vicenda del Monte dei Paschi di Siena, sostenendo “noi non c’entriamo”. È una posizione difensiva che può risultare poco convincente.
Come tutti gli osservatori e gli analisti, in questo momento starà guardando l’oscillazione dei sondaggi settimanali. Come le sembrano?
Vedo che ci sono troppe differenze tra un istituto di sondaggi e l’altro. Se il margine d’errore stimato è quello del 2 percento, le differenze segnalano valutazioni troppo diverse. Lo si vede nella distanza che c’è, a seconda dei casi, tra il centrosinistra e il centrodestra. L’aria che si respira è quella delle grandi sorprese. In più si colgono due altre sensazioni.
Quali a suo parere?
La prima è che non solo la quota di indecisi sull’astensione, ma anche quella degli indecisi sulla scelta di chi votare è ancora molto alta. Quindi la possibilità di flussi di elettorato che si spostano in queste ultime settimane possono essere determinanti. La seconda sensazione è quella di un Beppe Grillo che sia ancora sottostimato. Con i discorsi che si sentono in giro sul disgusto verso la politica, con quello che sta capitando, io azzardo un 20 percento, forse anche di più, per il Movimento di Grillo.
Saremmo in una situazione di difficile o di quasi impossibile governabilità.
Io credo che alla fine si possa profilare una maggioranza possibile tra il centrosinistra e i centristi di Monti. Ma occorre vedere i numeri per stabilire quale complicazione politica si deve affrontare. In altri termini, come coniugare una lista di Monti con le posizioni di Vendola.
Come giudica la campagna elettorale di Mario Monti?
È indubbiamente una novità, insomma è un professore che può essere equiparato ai vecchi partiti laici della prima Repubblica. Possiamo paragonarlo a Ugo La Malfa del Pri. Ma Monti dimostra che, da solo, ha un bacino elettorale che va dal 12 al 15 percento, cosa che La Malfa non avrebbe mai preso. E occorre sottolineare il “da solo”, perché questa area di elettori è tutta sua, perché Gianfranco Fini guida una truppa da prefisso telefonico e l’Udc di Pier Ferdinando Casini è valutata sotto il 3 percento. Quindi, il piano dei vecchi centristi di usare il professore non solo non è riuscito, ma si è ribaltato, nel senso che il professore occupa tutto il loro spazio.
Questo risultato di Monti potrebbe condizionare il centrosinistra?
È una domanda che non prevede risposte sicure. Occorre vedere i numeri. In tutti i casi, al momento, io vedo in difficoltà soprattutto Bersani, che sta commettendo gravi errori politici. Abbiamo già accennato alla posizione troppo difensiva sul Monte Paschi, ma in tutto quest’anno Bersani doveva costruire un vero centrosinistra, non una sinistra, che storicamente è minoritaria in Italia.
Molti dicono che sembra circondato: Berlusconi come opposizione “storica”, Monti che lo incalza da destra e Ingroia che lo tallona da sinistra in versione giustizialista.
È in una posizione oggettivamente difficile, Bersani, ma anche per colpa sua. Ingroia poi sta alzando il tiro ed è difficile pensare che alla fine prevalga il senno del “voto utile” per battere la destra. Quello è un ragionamento che va bene per i militanti, non per il grosso dell’elettorato.
In sintesi, governabilità a rischio e prospettive di un ricorso alle urne in tempi brevi.
Le previsioni indicano incertezza e precarietà. Credo che il centrosinistra vinca alla Camera, ma bisognerà guardare in controluce i voti al Senato. Poi ci sono i margini di una trattativa possibile tra Bersani e Monti. Ma c’è pure la possibilità di un governo di larghe intese, di unità nazionale, dove alla fine si tira avanti, in attesa che nel mondo, in Europa e in Italia si trovi una soluzione credibile per uscire da questa recessione.
(Gianluigi Da Rold)