Segnali di fumo all’orizzonte della campagna elettorale. Al centro si levano nuvole chiare e messaggere di pace. Le invia il gran capo della tribù centrista, “Penna bianca” Monti. E subito rispondono simili colonne di fumo a sinistra, a render chiaro il favore con cui risponde “toro seduto” Bersani.
Si sblocca così l’mpasse di stilettate reciproche che ha segnato gli ultimi giorni della corsa verso il voto, e sembra prevalere la necessità di fare fronte comune contro il ritorno di fiamma di “Cavallo pazzo” Berlusconi, che ha lanciato ventre a terra dalla destra i suoi uomini contro gli avversari.
Se Monti ha adombrato per la prima volta la necessità di una “grande coalizione” dopo il voto per non interrompere, anzi intensificare, il cammino delle riforme, Bersani non è stato da meno, rispondendo di essere pronto a collaborare “con tutte le forze, contro il leghismo, il populismo e il berlusconismo, e quindi certamente anche con il professor Monti”.
Una apertura ancor più significativa perché fatta nel corso di una visita a Berlino organizzata per cercare quella legittimazione presso il più influente governo europeo che ancora al leader democratico manca, e che invece Monti ha in abbondanza. Prospettare nella terra di Angela Merkel una collaborazione post elettorale con “il più tedesco dei politici italiani” (auto-definizione dello stesso premier) vuol dire infatti tentare di rassicurare la Cancelliera che la rotta dell’Italia non si discosterà troppo da quella attuale, apprezzatissima sulla riva della Sprea, del rigore montiano perché proprio Monti potrà esserne garante rimanendo nella partita.
Certo, c’è qualche problemino sulla via di questa intesa post–elettorale: Il primo è come potrà essere valutata questa probabile convergenza dai rispettivi elettorati. Entrambi potrebbero perdere qualche voto da chi, pasdaran di sinistra e di centro, un governo Bersani–Monti lo vede come il fumo negli occhi. Del resto, Nichi Vendola (l’altro problemino) non sembra digerire facilmente l’ipotesi, tanto è vero che ripete parole pesanti: “Bersani sa bene che o entra Vendola o entra Monti”. E il premier non perde occasione per paragonare la coalizione “Italia Bene comune” all’Unione di Prodi.
Da perfetto capo indiano il leader democratico non raccoglie la provocazione del suo alleato e si siede a fumare il calumet della pace con il presidente del Consiglio uscente. Il nodo delle alleanze può essere sciolto anche dopo il voto, senza fretta. Del resto a unirli c’è un nemico comune contro cui scagliare una pioggia di critiche acuminate come frecce, Silvio Berlusconi.
Al Cavaliere che annuncia il sorpasso imminente il “Toro seduto” democratico replica che il sorpasso lo vedrà col binocolo. E Monti rincara da dose parlando della promessa di restituire l’IMU come di una polpetta avvelenata. In questa danza intorno al palo cui è legato “Cavallo pazzo” Berlusconi i due sembrano affiatatissimi.



Ma la tribù di centrodestra non si da per vinta, anche se è percorsa da fremiti che non promettono niente di buono. Alla danza della morte intorno a sé ed al proprio capo non si rassegna, anche se due degli alleati mettono in discussione una delle sue promesse, il condono, e lo costringono a una correzione di rotta che sa tanto di retromarcia: il condono puzza troppo di premio all’illegalità per essere accettato tanto dai “Piedi verdi” padani del gran capo Bobo Maroni, quanto dai guerrieri guidati dalla coraggiosa squaw Giorgia Meloni, detta “Senza paura” per via del suo grido di guerra.
Berlusconi sente che comunque il trend della sua risalita continua, anche se forse le distanze non sono ancora strette come vorrebbe, e continua a sparare a zero sia su Monti che su Bersani, promette l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti e mette a punto altri colpi a sorpresa come IMU e condono. Colpisce l’invito fatto a Oscar Giannino a farsi da parte per non disperdere i voti dei moderati, invito cordialmente respinto al mittente. E’ il sintomo che alcune situazioni, come la Lombardia e la Sicilia, decisive per il Senato, corrono davvero sul filo di una manciata di voti.
Con la mossa sulla restituzione dell’IMU ha riguadagnato il centro della scena e non intende affatto sottrarsi al privilegio di dettare l’agenda della campagna elettorale, in modo da lanciare i suoi uomini da una posizione di vantaggio nell’ultima battaglia

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