Leggo che un esperto di flussi elettorali e di sondaggi come Renato Mannheimer, intervistato da ilsussidiario.net, parlando del voto dei cattolici, dice che i cosiddetti “temi etici” non interessano, non spostano il consenso. E’ vero, è così. Non appaiono acutamente nelle agende dei partiti e coalizioni, li si tiene accuratamente fuori dai dibattiti televisivi, appaltandoli a quei pochi “fissati” ospitati dai media cattolici, dove tentano di ricordare alcune semplici verità. Tipo, che per un cattolico, che dir si voglia, quel che dice il Papa non è affatto secondario o trascurabile. E si dà il caso che caparbiamente Benedetto XVI ricordi alcuni punti fermi, non negoziabili, tipo la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale, tipo la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna.



Poiché siamo in Italia, potrebbero suscitare un certo interesse anche i ragionamenti del cardinal Bagnasco, presidente della Cei, ribaditi ad ogni occasione senza possibilità di equivoco, anche nell’ultimo discorso tenuto davanti all’Assemblea dei vescovi, che come al solito riceve particolare attenzione dalla stampa. Un titolo non si nega a nessuno, altra cosa è raccontare in dettaglio quel che vi è contenuto. “Dobbiamo stare attenti che una certa cultura nebulosa non ci annebbi la vista, inducendoci a non riconoscere più, tra i principi che mandano avanti la società, i fondamenti che non sono confessionali, come si insiste a dire, ma semplicemente di ordine razionale. Anzi, è necessario che in un momento elettorale si certifichi dove essi trovano dimora…” Si può obiettare che nessuno impedisce ai cattolici di sostenere certi valori là dove si trova a vivere, nell’ambiente in cui si trova a operare. Prediligendo per sensibilità, educazione, competenze ora l’uno ora l’altro (chi si occuperà del dramma delle carceri, chi eserciterà attivamente il suo diritto all’obiezione di coscienza, chi lavorerà per la libertà di educazione).



E questo è possibile, a livello personale, votando qualsivoglia partito. Più o meno. Capita infatti che isolati su certe posizioni in uno schieramento politico, semplicemente si passino questi valori in secondo piano, semplicemente lasciandoli da parte, ritenendoli un po’ meno prioritari. Di fatto, non esercitando quella chiara e netta presa di posizione culturale che è chiesta. Alla gente sono cose che non interessano, la società va da un’altra parte, l’Europa non parliamone, e allora perché insistere su ciò che divide? Se si insiste, ci si mette fuori, di fatto elementi da riserva indiana, di scarso rilievo. Basti ricordare il disagio dei alcuni cattolici nel calderone dell’Ulivo, emigrati dopo sforzi lodevoli quanto vani nell’accogliente Udc. 



Se è così, allora la scelta libera e responsabile si restringe parecchio, e ai cattolici “impegnati” (perché, si può non esserlo? Ci ha promesso qualcuno che non separare fede e vita sarebbe stato facile?) restano poche possibilità. C’è un centro che accoglie un bel numero di cattolici, che svettano primi in lista, in bella mostra. E con qualche confusione interna vorrebbe rassicurare gerarchie e fedeli, siamo noi a garantirvi. Ma Fini su certi argomenti da che parte sta? E alcuni professori della Bocconi, condividono un’antropologia cristiana? Dunque, meglio appellarsi alla libertà di coscienza. Su cui ricito un magistrale intervento del cardinal Ruini sul Corriere della Sera di qualche tempo fa: “Le convinzioni di coscienza non sono solo un fatto individuale ma riguardano il vero e il falso. L’umanità del XXI secolo si trova di fronte a questioni fondamentali che prima non erano rimesse alle nostre scelte personali, sociali, politiche. Sui grandi temi etici e antropologici, allora, è certamente una questione di coscienza, ma non solo. Non si può ridurre tutto alla coscienza personale dei singoli esponenti, senza che ci sia una presa di posizione e una linea da seguire”.

Oppure si può aderire ai contenuti proposti da un gruppo di parlamentari cattolici che appartengono al Pdl, nella lettera pubblicata l’altro ieri sul Giornale. Che rispondono al sociologo De Rita, che riteneva i cattolici dispersi e derisi, e ininfluenti, “noi ci siamo, e se non ve ne siete accorti, ci siamo sempre stati”. Un po’ nascosti, si può rispondere. Un po’ timidi. Solerti sui temi etici, talvolta, si sospetta, per pura contrapposizione ideologica a un’ideologia opposta. Accettando come scelte personali posizioni dubbie sul piano morale e scricchiolanti su quello giudiziario di autorevoli rappresentanti di quel partito. Ci si può e ci si deve chiedere cos’è la moralità. E’ sul fare che si viene giudicati o sulle dichiarazioni di principio? Il fine, giustifica anche mezzi non del tutto condivisibili? Madre Teresa pensava di sì. Meglio affidarsi a chi firma e sottoscrive leggi che tutelano la libertà religiosa e i principi che l’antropologia cristiana propone, o a chi si mostra più “serio”, ma finora non ha dato prova di sé sulle stesse questioni (Udc a parte, ma che autorevolezza esercita, in termini culturali e percentuali?) e che prospetta alleanze con chi milita culturalmente da tutt’altra parte?

Una questione con cui tocca fare i conti, sulla quale è ambiguo ripetere “scegliete liberamente”. Non datur. Interroghiamoci, cosa ci preme di più? L’obbedienza al magistero è opzionale? Chi cita sempre De Gasperi, ricorderà che non temette di ribellarsi ai diktat clericali, ma non si trattava del concetto di persona e dei suoi diritti. 

Bisogna fare i conti con la realtà. Magari rispondere, la Chiesa ci vuole soggetti adulti, decido io. Ma fingere che il problema non si ponga, o peggio, che non conti poi tanto, questo no, questo è opportunistico e sbagliato. La verità non è relativa alle mie scelte, mai. La verità è. Punto. Poi, come si suol dire, faites vos jeux. Ben sapendo che non si tratta di un gioco, e che la posta in gioco è alta.