L’esito delle recenti consultazioni politiche condanna l’Italia a dover fare i conti con una pericolosa assenza di governabilità, mentre quel poco che la coalizione di centrosinistra è riuscita a ottenere dovrà necessariamente trovare spessore attraverso la collaborazione con altre forze politiche presenti in Parlamento. Tra Grillo che chiude la porta a Bersani e Berlusconi che invece propone una sorta di governissimo al Pd (che rifiuta), possiamo immaginare possibili scenari prendendo spunto da altri governi che hanno caratterizzato la storia della politica italiana: tra il 1976 e il 1978, tanto per iniziare, andò in scena il III governo Andreotti, la cui permanenza in carica era condizionata alla mancata votazione della sfiducia da parte della maggioranza (e per questo denominato della “non sfiducia”). Dal maggio 1994 allo stesso mese del 1996, invece, Lamberto Dini, incaricato dal presidente Scalfaro di formare un nuovo governo, costituì un esecutivo composto da una maggioranza di centrosinistra, ma estesa ad alcuni esponenti del centro moderato. Oggi lo scenario è ovviamente diverso e il Paese viaggia faticosamente sui binari di una crisi economico-finanziaria senza precedenti, l’apparente fine del bipolarismo e la rapida ascesa del Movimento 5 Stelle. Abbiamo chiesto allo storico e politologo Agostino Giovagnoli se esistono effettivamente punti in comune con il passato e, a suo giudizio, cosa potrà effettivamente accadere.
Iniziamo dal ’76: vede possibili analogie?
Nel 1976 andò a formarsi effettivamente un governo monocolore che ebbe quella che lo stesso Andreotti definì una “non sfiducia”. Si trattava di un governo democristiano su cui si astennero però tutti i partiti (tranne ovviamente la Dc), andando quindi a comporre un governo di minoranza ma che teneva conto di tutte le forze politiche presenti in Parlamento.
Crede sia possibile qualcosa di simile anche oggi?
In parte è possibile immaginare un simile governo guidato dal Partito Democratico con l’astensione concordata di altri partiti, però sono dell’idea che, prima di questo, si debba sciogliere il nodo fondamentale del Movimento 5 Stelle.
Quale aspetto è da chiarire in particolare?
Questo Movimento ha una natura ancora non ben definita e, se prendiamo come buoni gli slogan e le invettive di Grillo, è facilmente considerabile un partito antisistema. Quindi non è affatto detto che voglia rientrare in quello che comunque è pienamente uno degli scenari, seppure singolari, del sistema politico.
Nel ’76 però la maggioranza era fissa?
Si trattava più che altro di un’astensione fissa che non mutò fino al febbraio del 1978, quando le stesse forze politiche rinegoziarono il loro accordo e passarono dall’astensione al voto favorevole, andando dunque a creare una larghissima maggioranza a sostegno del IV governo Andreotti.
Quale crede siano le maggiori differenze rispetto a oggi?
Da quanto abbiamo potuto ascoltare in questi giorni, è chiaro che al momento non è previsto alcun voto di fiducia (o di non sfiducia), quindi si potrebbero votare solamente singoli provvedimenti. Credo però che che ci troviamo in una fase estremamente magmatica, in cui il Movimento di Grillo non ha ancora assunto una chiara posizione.
Che tipo di scenari prevede?
Come dicevo, bisogna prima chiarire se il Movimento 5 Stelle sarà disposto a votare la fiducia a qualunque possibilità di governo. Questo nodo è cruciale, anche se potremmo anche immaginare un governo che riesce a prescindere da Beppe Grillo.
Un’alleanza tra Pd, Pdl e Monti?
Con un governo composto da Pd, Pdl e Scelta Civica potremmo avere una maggioranza tranquilla, con il M5S all’opposizione. Dal punto di vista istituzionale un’opzione del genere è anche possibile, ma ovviamente comporta numerosi problemi politici, senza contare che ci si porrebbe in contrasto con l’opinione espressa dall’elettorato con tanta forza.
Cosa crede potrà accadere quindi?
E’ molto difficile da dire, ma è ovvio che i parlamentari 5 Stelle dovranno fare delle scelte. Ho la sensazione che all’interno di questo Movimento stia crescendo un atteggiamento di responsabilità istituzionale, anche se non so dire se effettivamente si affermerà e fino a che punto. Tuttavia non credo che il M5S sia così disposto a far fallire tutto e a tornare immediatamente al voto, assumendosi in pratica la responsabilità, davanti al Paese, di una nuova tornata elettorale. Per questo non è assurdo immaginare che verrà permessa la formazione di una qualche soluzione governativa, sia pure provvisoria.
(Claudio Perlini)