Ufficialmente Bersani ha manifestato l’intenzione di fare tutto ciò che è in suo potere per dar vita ad un nuovo governo. Le condizioni perché l’ipotesi si concretizzi sono ridotte all’osso e, in ogni caso, per ora il segretario del Pd sembra voler escluder dalla trattativa il centrodestra. Preferibilmente, l’esecutivo sarà composto assieme ai grillini. Una prospettiva, a dire il vero, fumosa e pressoché impossibile da realizzare. Anzitutto, perché Grillo ha già detto chiaramente che il suo partito non darà la fiducia al governo istituito da alcun partito; anzi: Pdl e Pd – ha aggiunto – farebbero bene a darla ad una compagine targata M5S. A questo, si aggiunge il fatto che, benché alla luce del sole il Pd non possa dirlo, tra Grillo e Berlusconi, il secondo è meno mal sopportato del primo. C’è, infine, una ragione di opportunità istituzionale e legata alle sorti del Paese: con Grillo non si governa. Con il Pdl, sì. Sulla scorta di queste considerazioni, i dirigenti dei principali partiti, tallonati dagli stessi soggetti che condizionarono non poco la nascita del governo tecnico di Monti, si sono incontrati e, in gran segreto, avrebbero già deciso il da farsi. L’unico compromesso digeribile in questa situazione sembra costituito da un nuovo esecutivo tecnico, legittimato da una serie di nomine politiche. Nei giorni scorsi si erano fatti, tra gli altri, i nomi del direttore generale della Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni, e dell’economista Fabrizio Barca per guidarlo. Alla fine, si opterà per Giuliano Amato, riserva della Repubblica per definizione, e ormai da tempo candidato in pectore per la presidenza della Repubblica. Gli scandali di Mps non sembrano averlo particolarmente danneggiato mentre, come è ben noto, vanta ascendenti sia a destra che a sinistra e uno sponsor d’eccezione: Napolitano fece sapere che preferiva di gran lunga il Dottor Sottile alla guida di un governo tecnico. Come del resto lo stesso Berlusconi, che non ha mai nascosto la stima nei suoi confronti. Nel nuovo assetto istituzionale ci sarà posto anche per il Cavaliere cui, secondo l’accordo raggiunto, dovrebbe andare la presidenza del Senato.



Alla presidenza Camera invece, in rappresentanza di tutto il centrosinistra, sarebbe collocato Massimo D’Alema, candidato naturale per il ministero egli Esteri in una situazione naturale. Insomma, la quadra per rimuovere l’ingovernabilità del Paese, escludendone il fattore che la sta originando – l’M5S – sarebbe stata trova. 

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