Al processo Unipol gli hanno dato un anno per  concorso in rivelazione di segreto d’ufficio. Ora, Berlusconi rischia la conferma della condanna a 4 anni per frode fiscale nell’ambito del processo sui diritti tv, e un’altra condanna ancora per il caso Ruby, per i reati di concussione e prostituzione minorile. Oltretutto, neanche la sua recente patologia agli occhi è stata sufficiente per concedergli il legittimo impedimento. La visita fiscale disposta dal Pm Ilda Boccassini ha sancito che l’ex premier è in grado di partecipare al processo. Insomma, le sue vicende giudiziarie proseguiranno a spron battuto. A prescindere da tutto. Anche dalle situazione in cui versa il Paese. Ne abbiamo parlato con Fabrizio Rondolino, giornalista e scrittore.



Quanto pesano i processi di Berlusconi nell’attuale contesto politico?

In una situazione così precaria, quasi sull’orlo dell’abisso, la nuova offensiva giudiziaria inciderà moltissimo.

In che termini?

Rende impossibile un governo di larghe intese. L’ipotesi di governo del Presidente retto su una base Pdl-Pd-Monti, che tamponi l’economia e traghetti il Paese verso elezioni, non può più stare in piedi. Per il Pd, infatti, significherebbe fare un’alleanza con un pluricondannato o in procinto di esserlo. Il concetto, in sostanza, è: “mai con Berlusconi, perché è un criminale”. L’ha detto, neanche troppo implicitamente, D’Alema, facendo presente che, se nei Paesi normali, si fanno grande coalizioni in casi d’emergenza, in Italia non è possibile a causa la presenza di Berlusconi.



Perché Berlusconi sta cercando di mobilitare la piazza contro la magistratura?

Rilancia potentemente se stesso. L’idea di fare un passo indietro è stata definitivamente sepolta dalla ultime vicende giudiziarie.

Bersani, intanto, continua a cercare l’appoggio di Grillo.

Un’umiliazione del genere rattrista. Non si capisce il bisogno di continuare a corteggiare Grillo. Bersani, così facendo, si è messo in uno stallo politico assoluto, esponendosi alle contumelie quotidiane del capo dell’M5S. E’ una situazione in cui si può solo perdere. Non dimentichiamo che, fino al giorno prima delle elezioni, Bersani ha continuato a dire che Grillo è un fascista. E, come se non bastasse, ha impostato tutta la campagna elettorale sull’alleanza con Monti, contro le forze antieuropee, qualunquiste e populiste; oggi ci vuol fare un accordo.



Quante possibilità ci sono che Grillo decida di non votare la sfiducia ad un governo Bersani?

E’ del tutto possibile. Il vero programma dell’M5S è mandare tutti a casa.

 

Che alternative rimangono?

L’unica strada praticabile è quella di un governo indicato dal presidente della Repubblica che abbia come base parlamentare il Pd, il Pdl e Monti. Ovviamente, a quel punto, il premier non potrebbe di certo essere Bersani.

 

Si fa il nome di Gustavo Zagrebelsky e di Stefano Rodotà. 
Questi sono i candidati premier di Repubblica. Non lo sono né del Quirinale né di alcun partito. Non hanno alcuna chance. Sarebbe come parlare del governo di Michele Santoro. 

Quante possibilità hanno, invece, Giuliano Amato, Corrado Passera e Anna Maria Cancellieri?

Amato tenderei ad escluderlo. E’ un personaggio molto consumato. Un relitto della prima Repubblica. Passera raccoglie molte antipatie, ma si è separato da Monti al momento giusto. La Cancellieri mi pare che sia l’opzione preferita. Oltretutto, essendo ministro dell’Interno, dà una certa garanzia. Tuttavia, credo che, alla fine, il nome sarà scelto al di fuori di costoro.

 

Sullo sfondo, ci sono le elezioni anticipate. Si potrebbe andare a votare a giugno?

Tecnicamente, è pressoché impossibile. Il nuovo presidente della Repubblica, nella migliore della ipotesi, sarà eletto il 16 aprile. Dovrebbe sciogliere le Camere il giorno stesso in cui è stato eletto, dato che, da quel momento, devono passare almeno 60 giorni prima di poter indire nuove elezioni. Si potrebbe votare in estate – ma la vedo particolarmente dura – esclusivamente nel caso in cui non si riuscisse a nominare alcun nuovo esecutivo. A quel punto, il governo Monti in prorogatio traghetterebbe il Paese fino a nuove urne. Ma è molto più probabile che si andrà a votare in autunno. 

 

(Paolo Nessi)