Per sostenere una qualche forma di governo (non si capisce bene quale) tra il centrosinistra e il “Movimento 5 Stelle” di Beppe Grillo, si ritorna all’archeologia politica: la raccolta delle firme degli intellettuali, o dei cosiddetti intellettuali. Eccoli di nuovo in pista i Roberto Saviano, i Michele Serra, insieme a Roberto Benigni, don Luigi Ciotti, don Andrea Gallo, Barbara Spinelli, Fabio Fazio. Assicura il suo appoggio anche il rapper Lorenzo Jovanotti, oltre a molti altri. Siamo a posto.



Il documento sottoscritto porta il titolo “Facciamolo”, per un accordo che riesca “ a dare una fisionomia politica, dunque un governo di alto profilo, alle speranze di cambiamento”. L’intento sarà certamente nobile, ma la pratica è piuttosto vecchia e stantia, e risale alla prassi dei fiancheggiatori non solo del vecchio Pci (chiuso e sepolto), ma addirittura del vecchio Pcus (imploso e travolto dalla storia).



In tempi molto più avventurati di quelli attuali, fu un genio della propaganda stalinista a inventarsi la petizione, il documento, la raccolta delle firme di tante “anime belle”, che in qualche modo dovevano indirettamente sostenere la politica dell’allora Unione Sovietica. Quel genio si chiamava Willy Muenzenberg, un comunista tedesco che conobbe Lenin a Zurigo, e che poi divenne il miglior propagandista in Occidente della linea del Komintern. Con incredibile abilità, avvalendosi di grandi giornalisti e di grandi personaggi, Muenzenberg riuscì a far firmare appelli di ogni tipo, ma con scopo ben preciso, a uomini come Albert Einstein e ai fratelli Mann, Thomas e Heynrich, tanto per citarne alcuni. Durante il famoso “processo di Lipsia”, quello che doveva giudicare le responsabilità dell’incendio del Reichstag, Muenzenberg riuscì a battere anche Goebbels, il ministro della propaganda di Hitler. Di fatto, Dimitrov venne assolto.



Poi Muenzenberg venne messo nel dimenticatoio, perché era diventato uno “sporco revisionista”, un socialdemocratico da eliminare. E infatti così avvenne, per mano di sicari di Stalin. Muenzenberg fu ucciso mentre fuggiva disperatamente dalla Francia invasa dai tedeschi verso la Svizzera.

Ma se Muenzenberg è stato volutamente dimenticato, non così è avvenuto per i suoi vecchi metodi e i suoi abili trucchi di propaganda. Quindi gli appelli, le petizioni e documenti sono continuati per almeno una cinquantina di anni, a volte con una intensità ossessiva, quasi maniacale. Dal 1968 in avanti, in Italia c’è stata quasi una inflazione di documenti: contro la strategia della tensione, contro le “ stragi di Stato”, contro il commissario Calabresi, contro la “teoria degli opposti estremismi”, contro l’installazione dei missili americani a Comiso, ma di certo non contro gli “SS20” sovietici.

Ci vorrebbe un quaderno per fare l’elenco di questi documenti e ci vorrebbe un piccolo dizionario per elencare tutti i sottoscrittori, quasi sempre gli stessi dell’intellighènstija della sinistra italiana. Alcuni firmavano quasi automaticamente e la raccolta delle firme era una prassi molto oliata. Si sapeva ad esempio che Alberto Moravia e Umberto Eco non potevano di certo mancare. Ma quasi sempre il coinvolgimento era molto ampio, un tam-tam mediatico che garantiva quasi un’appartenenza a una sorta di “tribù” di cosiddetti non allineati di sinistra, progressisti per antonomasia, “anime belle” che garantivano e sponsorizzavano dall’alto della loro importanza una linea politica da una posizione che doveva apparire “esterna e disinteressata”.

C’è chi è andato, per pura curiosità, a rivedere i testi e i firmatari e vi ha trovato delle acrobazie ideologiche e dei “firmaioli” trapezzisti, circensi, che lasciano letteralmente stupefatto il lettore curioso.

In realtà, nell’attuale mondo cosiddetto post-ideologico, si pensava che questa pratica fosse abbandonata e bastassero le apparizioni televisive o i messaggi della “rete” a dichiarare un’appartenenza o una scelta di carattere politico. Evidentemente non è così. Probabilmente perché il “passaggio politico” doveva essere necessariamente più elaborato. Bisognava per forza ricorrere al “vecchio Muenzenberg” per spiegare.

Se si guarda agli anni Trenta, si nota che il Komintern passò quasi all’improvviso dalla politica del socialfascismo, con la indiscriminata condanna di ogni forma socialdemocratica, alla lotta unitaria contro il nazifascismo. Non fu uno scherzo quella svolta e ci volle tutta l’abilità dei grandi propagandisti per far digerire un simile cambiamento di linea.

Oggi, in tempi e contesti certamente diversi, bisogna cambiare strategia. Se Grillo e il suo movimento erano fino a tre settimane fa l’essenza dell’antipolitica e del populismo, da battere e marginalizzare, oggi sono diventati una “speranza di cambiamento”, se si alleano in qualche modo al carro del centrosinistra. Qualcuno lo chiama realismo, altri pratiche acrobatiche. In ogni caso, per una simile giravolta, la “rete” è insufficiente. Ci voleva il documento con i sottoscrittori, che, magari in perfetta buona fede, diventano gli epigoni di una prassi di cui non si sentiva nostalgia.