La gioia e la commozione che hanno accompagnato l’elezione di Jorge Mario Bergoglio al Soglio Pontificio si uniscono alla gratitudine per il nome da lui scelto, Francesco, per lo spirito di umiltà e di semplicità con cui si appresta ad affrontare le sfide che la Chiesa cattolica e il mondo intero stanno vivendo in questo momento. Dopo Papa Benedetto, grande interprete della modernità, abbiamo una guida sicura nella sua missione di testimone di Cristo, unica vera ricchezza del pontefice. Francesco, nei suoi primi piccoli, ma già tremendamente significativi gesti di inizio pontificato, ci ha già rassicurati e rapiti, guiderà e servirà con coraggio la Chiesa in un momento storico particolare. È un momento storico particolarmente incerto per il significato del ruolo della politica nel mondo ed in particolare in Italia. Nelle parole che il Cardinal Bergoglio ha pronunciato in diverse occasioni, ma in particolar modo durante il “Te Deum” del 25 maggio 2012, chi fa politica trova un contributo inestimabile, per andare a fondo del senso e della missione di chi gestisce la cosa pubblica. “Il potere come ideologia unica è una follia menzognera e dannosa che impedisce la realizzazione del progetto di Nazione. Il dialogo e la ricerca della verità che ci spingono a costruire un progetto comune implicano ascolto, rinunce, riconoscimento degli errori, accettazione dei fallimenti e degli equivoci. Implicano di accettare la debolezza. Però diamo sempre l’impressione di agire al contrario: gli errori sono commessi dagli altri e sicuramente dall’altra parte. Se i pregiudizi ideologici deformano lo sguardo sul prossimo e la società secondo le proprie sicurezze e paure, il potere fatto ideologia unica accentua il fuoco persecutorio e pregiudiziale per cui tutte le posizioni sono schemi di potere e tutti vogliono dominare sugli altri. In questo modo si erode la fiducia sociale che è radice e frutto dell’amore”.

Purtroppo viviamo in un tempo in cui la politica sta manifestando parecchi di questi difetti. Senza volermi tirare fuori da responsabilità di alcun tipo, vorrei che queste parole rimbombassero in questi giorni nelle aule parlamentari italiane. Vorrei che tutti quanti, tutte le forze politiche alzassero per un attimo lo sguardo e cercassero di spogliarsi il più possibile da quell’ideologia per il potere di cui parlava Jorge Bergoglio.

Per compiere questo passo, così come la chiesa, attraverso la scelta di Francesco compie un ulteriore passo verso l’essenziale della nostra vita, vale a dire Gesù Cristo, auspico che anche la politica riesca a recuperare quell’essenza senza la quale rischia di implodere e di mandare a fondo l’intero paese. Solo paragonando tutto quello che la Chiesa dice, ma anche tutto quello che dicono gli altri con quel complesso di esigenze e di evidenze che caratterizza il nostro cuore, il nostro desiderio di verità, di bellezza, di giustizia, il nostro volere che le cose vadano bene, avremo la speranza di un destino buono per le generazioni presenti e future.

Ma anche quello che è considerato il motto del nuovo pontefice costituisce un atteggiamento determinante: “Miserando atque eligendo” (guardò con misericordia e lo scelse), che spiega l’atteggiamento di Gesù verso il pubblicano, considerato da tutti un pubblico peccatore.

Perché quello che cambierà le cose non è il conflitto, non è la “politica nell’ideologia”, ma “la politica nella verità” è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera.