Gli analisti e i più accorti osservatori della politica italiana si stanno sbizzarrendo sulle possibili conseguenze e sui molteplici scenari concernenti il voto italiano. In realtà la “tempesta perfetta” ci riporta alle ragioni profonde, sollevate in tempi non sospetti, anche in articoli precedenti, dei problemi che hanno comportato il volontario allontanamento di sei milioni di elettori. Quegli elettori che non hanno riconfermato il proprio sostegno alla formazione di Silvio Berlusconi. Ancora una volta cioè la cultura del conflitto e la rendita politica che ne deriva sono concreto ostacolo alla realizzazione del bene comune. Serve un atto di responsabilità politica che coinvolga Pd e Pdl.
Il Governo Monti è stato fatto cadere con lo scopo di rivendicare nel momento del voto una posizione di opposizione ai sacrifici che fino al giorno prima si erano votati in aula. Ma la storia è ironica. Ed oggi Pd e Pdl possono vivere solo se si sposano. Diversamente aprono la strada a Grillo. Se fanno un governo insieme fanno le riforme, salvano il paese, placano gli animi, aiutano famiglie e imprese. Lo facciano. Non solo chi scrive farà il tifo per loro. Ma chiunque abbia buon senso. Trovino una sola scusa per non farlo, ovviamente rinfacciando l’uno all’altro di averla trovata e ci avranno spinto ancor più nel baratro. Da più di quindici anni si consuma questo equivoco.
E’ ora di dire basta: se un milione di militanti Pd ha detto no alla “grande coalizione” via mail, cosa impedisce ad altrettanti elettori liberi di dire sì nell’interesse di una generazione? Cos’è un uomo? A cosa serve un uomo? Come deve essere organizzato un sistema educativo per essere rispettoso fino in fondo di ciò che un uomo è? Come deve essere organizzato un sistema sanitario per essere rispettoso fino in fondo di ciò che un uomo è? Come deve essere organizzato un sistema pensionistico? Un sistema della produzione? Che cos’è la politica se non la risposta a queste domande? E’ a queste domande che dobbiamo rispondere se vogliamo davvero che il nostro Paese, la nostra gente, il nostro popolo realizzi un “bene comune”. Perché il bene comune non è la media degli interessi in gioco, ma è l’affermazione di un ideale talmente grande che tiene conto del bisogno di tutti.
Come ha dichiarato Mario Monti lunedì sera anch’io credo che il risultato della nostra lista, seppur con percentuali più basse rispetto a quelle che gli esperti ci attribuivano alla vigilia delle elezioni, costituisca un risultato soddisfacente: in poco più di un mese di vita abbiamo convinto più di tre milioni di italiani, cercando di dare sempre di più voce a quelle forze responsabili e moderate che credono nei valori e nella prospettiva del Partito Popolare europeo.
Il risultato delle elezioni ci ha detto chiaramente come queste forze costituiscano la maggioranza degli italiani: dobbiamo unirci e non dividerci cavalcando l’ondata populista e distruttiva di Grillo, il cui risultato deve sempre più farci riflettere sugli errori commessi in questi ultimi quindici anni. Ma oltre al bisogno del popolo ridotto alle polemiche sulla casta c’è necessità di un uno sguardo più comprensivo di quello che accade nel mondo: dalla sfida lanciata all’Europa dalle nuove economie in crescita al fenomeno migratorio da riconsiderare non solo come pericolo ma anche come opportunità per gli italiani stessi, per il loro genio creativo, per la loro capacità di essere riferimento di civiltà nel mondo.
La formazione di un governo stabile è una condizione indispensabile per compiere quelle riforme di cui il paese ha bisogno: per fare questo occorre un parlamento formato da persone e gruppi politici che collaborino il più possibile tra di loro, superando rapidamente inutili tatticismi e rivendicazioni di parte, attenti alla ripresa che già c’è nella società italiana più che illusi di pianificarla.