Domina l’incertezza assoluta e tutte le opzioni sul fronte delle alleanze sono in campo. Da questo punto di vista, la giornata di ieri è stata caratterizzata da una serie di retroscena immediatamente smentiti dei diretti interessati. Smentite che hanno lasciato trapelare, a dire il vero, una certa irritazione, quasi fosse stato messo il dito nella piaga. In ogni caso: dopo che è stato scritto che Bersani e Vasco Errani si sarebbero detti convinti di aver persuaso un numero di grillini sufficiente a sostenere il prossimo governo di centrosinistra, è giunta la replica di Grillo. «Il M5S, i suoi eletti, i suoi attivisti, i suoi elettori non sono in vendita». Poi, ha chiosato: «Questi hanno la faccia come il culo». Contestualmente, si è ventilata l’ipotesi di una disponibilità di Renzi a guidare un governo di larghe intese. Ma il sindaco di Firenze non ci ha pensato due volte a precisare che l’idea non gli è passata neanche per la testa. Abbiamo chiesto al giornalista e scrittore Fabrizio Rondolino quali potrebbe essere le prossime mosse del centrosinistra.
Al di là della velocità con cui Grillo si è affrettato a sconfessare Bersani, un accordo tra Pd e M5S è possibile?
Senza ombra di dubbio, no. Ovviamente, qualche grillino che cambierà casacca ci potrà anche essere. Ma pensare che un movimento del genere, con un tale grado di coesione, sia pronto il giorno dopo le elezioni a tradire per puntellare il governo Bersani rappresenta un’offesa, anzitutto, nei confronti di quei milioni di cittadini che lo hanno votato. Denota, oltretutto, quel cinismo e quella propensione trasformistica che sono stati alla base della sconfitta del Pd e della vittoria di Grillo.
Che prospettive si prefigurano, quindi?
Anzitutto, Bersani, come lui stesso ha ammesso, ha perso. O, meglio, non ha vinto. Quindi, il segretario del Pd non dovrà fare proprio nulla. Dovrà stare fermo. Sarà il capo dello Stato a trovare qualcuno in grado di raccogliere un maggioranza in entrambi i rami del parlamento. Perché nella nostra Repubblica funziona così.
Escluderebbe, quindi, un governo Bersani?
Assolutamente. Perché non solo partendo da una posizione di netto vantaggio è riuscito a perdere le elezioni; ma, all’indomani del voto, è riuscito a fare ancora peggio, con una serie di esternazioni che lo hanno esposto al pubblico ludibrio. Con le sue uscite sullo scouting nei confronti dei grillini è riuscito a farsi insultare gratuitamente ed umiliare da Grillo per ben due volte; e così si è completamente giocato la credibilità residua e, di conseguenza, la possibilità di diventare premier. L’incarico, infatti, si conferisce a chi riesce a creare una maggioranza, non a chi è disposto a offrire con disinvoltura punti programmatici in cambio di voti.
Che alternative rimangono?
Mi pare che l’unica ipotesi verosimile consista in un’alleanza tra Pd e Pdl. Entrambi hanno espresso un giudizio identico su Grillo. In un Paese normale, due forze del genere si siedono attorno a un tavolo e, in virtù del nemico comune, si accordano, per un periodo di tempo limitato volto a mettere in campo un certo numero di riforme per poi tornare alle elezioni e a dividersi. Si tratterebbe di una scelta responsabile che rappresenterebbe il 60 per cento degli italiani e che in un qualunque Paese del mondo occidentale non scandalizzerebbe nessuno.
Quale dovrebbe essere il contenuto programmatico di un’alleanza del genere?
Un governo del genere potrebbe, semplicemente, gestire l’ordinaria amministrazione, tamponare le intemperie economiche e varare una nuova legge elettorale. Poi, in autunno o in primavera, si dovrebbe tornare a votare.
Le non crede che un governo simile potrebbe anche cambiare l’architettura del Paese, dando luogo alle riforme istituzionali?
Lo escluderei. In condizioni come quelle attuali non è ipotizzabile una legislatura costituente. Non dimentichiamo che Berlusconi e Bersani sono due leader sul viale del tramonto. Sono privi, quindi, della legittimità necessaria per un’impresa di questo genere.
Alessandra Moretti, portavoce di Bersani, ha lasciato intendere che il leader del Pd potrebbe non escludere le dimissioni. E’ possibile?
Mi stupisce, in realtà, che non lo abbia ancora fatto. Non credo, a questo punto, che lo faccia nei prossimi giorni. A meno che i dirigenti del Partito non decidano di cacciarlo. Potrebbero procedere in nome di un sussulto di responsabilità o perché, liberandosi del segretario, salverebbero se stessi.
Renzi potrebbe essere il candidato premier di un governo di larghe intese?
Lo escludo nella maniera più assoluta. Al di là della sua smentita, non dobbiamo dimenticare che la sua forza consiste proprio nello starsene fuori dai giochi di partito. Si è candidato a premier, la sinistra gli ha sbattuto le porte in faccia, ed è tornato a fare il sindaco. Ripresentarsi adesso, in una legislatura avvelenata e senza uscita, sarebbe svantaggioso e contradditorio. Aspettarà, evidentemente, il prossimo giro. Allora sì che avrà molte chance di farcela.
Si vocifera che il governo di larghe intese potrebbe essere guidato da Giuliano Amato, mentre le presidenze di Camera e Senato sarebbero conferite, rispettivamente, a D’Alema e Berlusconi.
Non credo che sussistano le condizioni per un’operazione di questo genere, interamente rivolta al passato. Giocarsi questi nomi ampliamente consumati non farebbe altro che consentire a Grillo, alle prossime elezioni, di vincere; e, questa volta, sul serio.
Secondo lei, chi potrebbe essere il prossimo premier?
Non ne ho idea. Mi limito a riconoscere che l’Italia potrebbe restare a lungo senza governo. Il che, tutto sommato, potrebbe anche essere auspicabile. Del resto gli esecutivi, negli ultimi anni, non hanno fatto riforme e non sono serviti pressoché a nulla. Tanto vale esserne privi. Sono convinto che noi italiani, grazie alla nostra creatività, sapremmo uscirne bene.
In ogni caso, per indire nuove elezioni è necessario prima sciogliere le Camere. Napolitano non può farlo (è nel suo “semestre bianco”) e l’elezione del prossimo capo dello Stato appare uno scoglio insormontabile.
Su questo sono molto meno pessimista. Credo che, alla fine, il Parlamento riuscirà ad accordarsi su un nome di garanzia. Resta sempre in ballo la possibilità di una prosecuzione del mandato di Napolitano. Certo, ha detto che non vuole essere rieletto. Ma questo non dipenderà da lui. Che lo voglia o no, resta una delle poche soluzioni in campo. Tanto più che lo stesso Grillo ne ha parlato come del suo presidente.
(Paolo Nessi)