Abbiamo un premier dimezzato. Napolitano ha conferito l’incarico a Bersani, subordinandone la nomina a presidente del Consiglio a condizioni verosimilmente irrealizzabili. Il leader del Pd ha, infatti, ricevuto il mandato di «verificare un sostegno parlamentare certo, a un governo che abbia la fiducia delle Camere».  Impresa ardua, considerando che è stato lui stesso a scansare come la peste l’unica chance di ottenere una larga maggioranza. Il Pdl sarebbe disposto a concedergliela, infatti, ma lui non vuole accettarla. E’ quello che, del resto, ha registrato lo stesso Napolitano nel suo lungo discorso al termine dell’incontro con Bersani: «Le difficoltà a procedere verso la grande coalizione sono apparse rilevanti a causa di profonde divisioni riesplose con la rottura di fine 2012», ha dichiarato, aggiungendo: «insisto sulla necessità di larghe intese a complemento di formazione del governo». Il commento di Marcello Sorgi, editorialista de La Stampa.



Quali segnali sono emersi dal conferimento dell’incarico?

Le modalità, anzitutto, sono state cariche di novità. Il presidente della Repubblica, che tradizionalmente si è sempre presentato alla stampa al termine delle consultazioni, per ultimo, questa volta si è palesato prima di Bersani. E’ stata inedita anche la lunghezza della sua dichiarazione, finalizzata a spiegare le ragioni e i limiti di un incarico che ha conferito con molte difficoltà.



Quali?

Napolitano è convinto che l’unica strada sia tuttora la grande coalizione. Tuttavia, ha dovuto prendere atto che il governo di larghe intese non si può fare. Non ci sono le condizioni politiche. Bersani non vuole accordarsi con Berlusconi che, invece, vuole accordarsi con Bersani; Grillo non vuole accordarsi con Bersani, che, invece, vuole accordarsi con Grillo.

Un impasse totale.

Infatti, non si può certo dire che Napolitano abbia conferito a Bersani un incarico vero e proprio. Piuttosto, come lui stesso ha del resto esplicitamente dichiarato, lo ha incaricato di verificare se è in grado di trovare una maggioranza che lo appoggi in entrambe le Camere. Specialmente al Senato dove, come è noto, la matassa è particolarmente indistricabile.



E se non la troverà?

Il problema è che sul principale fattore di dissenso tra Napolitano e Bersani non è ancora stata fatta chiarezza: il leader del Pd vorrebbe andare comunque in Parlamento a verificare la possibilità di ottenere la fiducia, con il governo già costituito, e a prescindere dall’aver dimostrato in precedenza di godere di una solida maggioranza.

Ma Napolitano non intende permetterlo.

Esatto. Il succo del ragionamento del capo dello Stato è: “tu provi a cercarti una maggioranza, mi riferisci, e se prima di essere mandato di fronte alle Camere per la fiducia non sei riuscito a trovartela, rinunci”. Siamo, quindi, all’inizio di un tentativo estremamente difficile, all’apparenza condannato all’insuccesso. Tuttavia, chissà: la politica italiana è sempre foriera di sorprese.

Bersani cos’ha intenzione di fare?

Ha fatto sapere che svolgerà le consultazioni in maniera «molto» approfondita. Un dettaglio tutt’altro che irrilevante. E’ come se avesse voluto lasciar intendere che, se non dovesse riuscire nell’impresa lui, allora non ci potrà riuscire nessun’altro. Ovvero, se rinuncia, al capo dello Stato non dovrà passare per la testa di affidare l’incarico ad un’altra persona. Fallito il tentativo di Bersani, il Pd non sarà disponibile a sostenere un altro governo. Questo, per lo meno, par di capire che è ciò che pensa il leader del Pd.

 

Se Napolitano decidesse di conferire un nuovo incarico al presidente del Senato Pietro Grasso, Bersani resterebbe arroccato sulle proprie posizioni o potrebbe essere disposto a rivederle?

Tutto può succedere. Quel che conta, tuttavia, è che siccome Berlusconi si è detto disponibile a votare un governo Bersani, la partita dell’incarico, a questo punto si gioca interamente all’interno del Pd.

 

Cosa intende?

Una componente molto forte del partito continua ad affermare: “mai con Berlusconi”. Tante altre componenti minoritarie, invece, invitano alla cautela. Sanno che continuare a rimanere senza un governo potrebbe rivelarsi molto rischioso per il Paese. Bisognerà vedere, quindi, quale genere di chiarimento si determinerà nel Pd. Resta il fatto che un accordo tra centrodestra e centrosinistra si può fare solo con la ragionevole certezza che la legislatura decolli. Andrebbe utilizzata, cioè, per dar vita alle riforme. Accordarsi per poi andare a votare tra un anno sarebbe un suicidio politico-elettorale per il Pd, ma anche per il Pdl. Si tratterebbe semplicemente di un favore a Grillo.

 

Quante chances ci sono che l’accordo riesca?

Pochissime. Se fino all’altro ieri sera sembrava che ci fosse ancora qualche spiraglio, l’intervento di Napolitano ha registrato una situazione sostanzialmente bloccata.

 

L’appoggio dei grillini a Bersani è escluso?

Non in assoluto. Quel che è escluso, è che Bersani possa ottenerlo in pochi giorni. E ha pochi giorni di tempo per tornare al Quirinale con in dote una maggioranza. 

 

Bersani potrebbe fare un passo indietro e indicare un premier di alto profilo a lui gradito e un governo di outsider?

Potrebbe, ma non è detto che Napolitano lo accontenti. Il presidente del Consiglio viene incaricato dal presidente della Repubblica, non da Bersani. Nel momento in cui dovesse fare un passo indietro, diventerebbe uno dei tanti leader di partito ascoltati durante le consultazioni.

 

Ritiene possibile che, fallito il tentativo di Bersani e del successivo premier incaricato, la palla passi al prossimo presidente della Repubblica?

Sì. Anche se nulla impone che, per allora, le attuali criticità siano venute meno.

 

(Paolo Nessi)