Posto che Bersani ottenga l’incarico da Napolitano per formare un governo, potremmo comunque dover attendere ancora parecchio per veder nascere un nuovo esecutivo. Difficilmente, infatti, il leader del Pd sarà in grado di mettere assieme una maggioranza. A quel punto, il capo dello Stato dovrebbe trovare un’alternativa. Che potrebbe non essere quella definitiva. Insomma, sin qui l’unica certezza è che si andrà a votare prima del previsto. In autunno, probabilmente. Per allora, stando ad un sondaggio dell’Swg, il centrosinistra potrebbe ritenere di non dover ripetere lo stesso errore di queste elezioni. Secondo le rilevazioni dell’istituto di ricerca, infatti, se Pd e Scelta civica, senza Sel, si presentassero insieme e fossero guidati da Renzi, otterrebbero il 44% delle preferenze, mentre Pdl e Lega crollerebbero al 19%. L’M5S, invece, guadagnerebbe il 36%. Abbiamo chiesto ad Arnaldo Ferrari Nasi, sondaggista e direttore dell’omonimo istituto di ricerca, di spiegarci se si tratta di un’ipotesi verosimile.
Secondo lei la mossa giusta per il Pd sarebbe candidare Renzi?
Al momento delle primarie era evidente che con lui il centrosinistra avrebbe trionfato. L’esito deludente delle elezioni (per il Pd) lo ha confermato. Se ci fosse stato Renzi a capo della coalizione, oltretutto, Berlusconi probabilmente, non si sarebbe nemmeno presentato. E il peso di Grillo sarebbe stato dimezzato. Infine, se si fosse manifestata la necessità di un patto della concordia per un’alleanza di governo tra le forze maggiori, questo sarebbe stato automatico. Ora, tuttavia, temo che il momento di Renzi sia passato.
Perché lo crede?
Con Renzi, non ci sarebbe stata partita; ma prima delle elezioni. Dal giorno successivo, invece, il contesto è cambiato radicalmente. Mi spiego: in campagna elettorale, Grillo era considerato poco più che una minaccia. Le urne, invece, lo hanno reso il primo partito alla Camera e il secondo al Senato. Lo stesso irrompere dell’M5S in Parlamento ha rappresentato l’elemento discriminante rispetto al passato, modificando il panorama politico. In questo nuovo scenario, l’effetto Renzi si è affievolito notevolmente.
Quindi?
Credo che, se si andasse a votare a breve, il ballottaggio sarebbe tra Grillo e Berlusconi.
Secondo Alessandra Ghisleri, il Pdl prenderebbe addirittura il 30 per cento contro il 28,8 del Pd e il 28,5 di Grillo…
Non c’è ragione per non crederle. Negli ultimi dieci anni, normalmente, ci ha azzeccato. Oltretutto, rispetto a molti colleghi, non ha la “sindrome” del 5 per cento in più automatico alla sinistra.
Perché, in ogni caso, il Pdl dovrebbe aver riguadagnato delle posizioni?
Per la retromarcia del Pd, anzitutto. Che, in questi giorni, ha collezionato una serie di brutte figure. Le prime, addirittura, risalgono a prima delle elezioni: affermare esplicitamente di voler fare scouting tra i grillini ha denotato un “tafazzismo” senza precedenti. Poco ci mancava, infatti, che parlassero disinvoltamente di compravendita di senatori. L’esito del voto, poi, si è rivelato disastroso: lo stesso Bersani ha ammesso di essere arrivato primo, ma di non aver vinto. Ma l’operazione più autolesionista in assoluto consiste indubbiamente nell’insistere a corteggiare Grillo.
Ci spieghi.
Per i grillini, Pdl e Pd sono la stessa identica cosa (tant’è vero che sono chiamati da Grillo “pidielle” e “pidimenoelle”). Lo scopo, quindi, è di mandarli a casa entrambi. Pure Monti. Ebbene, mi domando come Bersani abbia potuto pensare che una forza del genere possa mai allearsi con lui. E, infatti, alle continue richieste di un accordo, Grillo sta rispondendo con gli insulti. Nel frattempo, il Pdl continua a manifestare apertura nei confronti di un accordo con il Pd che, dal canto suo, si ostina rispondere: “mai con Berlusconi”. L’ennesima mossa controproducente. Gli italiani, infatti, sanno che l’urgenza consiste nell’avere un governo in tempi rapidi e considerano il temporeggiare di Bersani frutto di un mero calcolo elettorale. Si tratta dello stesso motivo per il quale anche Grillo, probabilmente, è destinato a veder ridimensionati i propri consensi.
(Paolo Nessi)