Per il Pdl, la manifestazione di sabato è stata l’iniziativa politica più importante assunta dalla fine delle elezioni ad oggi. A bocce ferme, al netto della retorica preelettorale e dei (tanti) aspetti folkloristici che hanno connotato l’intervento di Berlusconi, sono emerse alcune linee politiche che detteranno l’agenda del partito nei prossimi tempi. A partire da quella che, all’apparenza, sembra un’enorme contraddizione: l’ex presidente del Consiglio, infatti, dal palco di Piazza del Popolo continuava ad attaccare Bersani e, contemporaneamente, a ribadire l’esigenza di un governo targato Pd-Pdl. Abbiamo chiesto al senatore Maurizio Gasparri come interpretare il discorso dell’ex premier.
E’ apparso piuttosto contradditorio Berlusconi.
Indubbiamente, il momento è complesso. Berlusconi reagisce con grande fermezza, con l’accordo di tutti noi, a degli attacchi personali e al tentativo di brandire l’ineleggibilità per farlo fuori, nonostante rappresenti 10 milioni di cittadini. Una reazione inevitabile, ad un uso politico della giustizia di cui è tragicamente vittima ormai da anni. Riteniamo nostro dovere, quindi, scongiurare lo scenario che qualcuno vorrebbe che venisse a crearsi. D’altro canto, siccome nessuno ha vinto le elezioni, abbiamo voluto dimostrare che siamo pronti a rimboccarci le maniche per lavorare, anche con la altre forze. In sostanza: mi rendo conto che le due cose sembrano fare a pugni. Ma, se da un lato non potevamo non rispondere agli attacchi, dall’altro ci rendiamo perfettamente conto che l’esigenza, per il Paese, è di avere un governo.
Voi, però, avete brandito l’arma delle elezioni anticipate.
Non abbiamo brandito nulla. Ci siamo limitati a registrate il fatto che se gli attacchi non cesseranno, non sussisteranno la condizioni per poterci sedere attorno ad un tavolo per collaborare. Bersani, del resto, con il suo atteggiamento sprezzante nei nostri confronti, sta facendo debordare la situazione verso lo scontro. Un atteggiamento irresponsabile. Tanto più che, siccome Grillo resterà arroccato sulle proprie posizioni, Bersani rifiutando l’appoggio del Pdl rifiuta l’unica chance di poter ottenere la fiducia.
E se dovesse farcela comunque?
Può riuscire, al limite, ad ottenere una maggioranza estremamente risicata. In condizioni del genere, non si governa. Non andrebbe lontano. Abbiamo già visto Prodi nel 2006.
Il Pd non vuole accordarsi con voi per il governo, ma è disponibile ad avere i vostri voti per le riforme.
Ribadisco, il governo fa le riforme se nasce; e chi gliela dà la fiducia se non noi? Non mi pare, quindi, un’ipotesi preventivabile.
Se Bersani fallisce, sareste disposti a sostenere un governo guidato dal presidente del Senato Pietro Grasso o da un altro personaggio di elevata caratura istituzionale?
Non ci siamo posti il problema. Sappiamo, in ogni caso, che Bersani è destinato a fallire. Quando questo accadrà, saremo pronti a confrontarci con altre ipotesi.
Quali, per esempio?
Per noi non si tratta di una questione di nomi, ma di metodo e di contenuti. Ovvero: esigiamo il rispetto del nostro ruolo e del nostro peso politico e pensiamo che le priorità consistano in misure immediate per sgravare il carico fiscale, abolire l’imu, e rilanciare l’occupazione.
(Paolo Nessi)