Poche cose fanno parte dei riti tradizionali della politica come le consultazioni. Era prevedibile che il Movimento 5 Stelle non avrebbe accettato di subirle passivamente. Incontrerà il Pd, quindi. Ma l’incontro sarà in streaming. Loro, pubblicamente, si dicono convinti che questo migliorerà la democrazia, rendendola più trasparante. In realtà, è forte il sospetto che si tratti di un forte deterrente per impedire che qualche grillino, nel segreto delle trattative, opti per la defezione, e si dica pronto ad appoggiare il governo Bersani. Ne abbiamo parlato con Mario Morcellini, preside della facoltà di Scienze della comunicazione della Sapienza di Roma.



Come giudica la messa in streaming delle consultazioni?

Concettualmente, si può affermare che una riunione politica debba riservarsi un punto di vista celato al pubblico. La trasparenza su tutto quello che avviene al suo interno rende tecnicamente molto difficile sortire dei risultati concreti; qualsivoglia trattativa, anche se pulita e legittima, sarebbe meno efficace. Tuttavia, in riferimento alla particolare situazione italiana, e al netto nella demagogia grillina riguardante la rete e la sua cosiddetta trasparenza, si può sospettare che proprio nel corso delle consultazioni avvengano scambi e contropartite non del tutto legittime. Ecco, diciamo che mettere tutto in rete può, in questo caso specifico, potrebbe contribuire a disarmare almeno in parte i tradizionali argomenti dell’antipolitica.



Non trova che un’operazione del genere violi la libertà di mandato parlamentare riconosciuto dalla Costituzione?

Non c’è dubbio che la violi. La politica deve farsi giudicare dai risultati, non dai processi. Astrattamente, siamo di fronte ad una trasformazione dell’idea di democrazia e della politica stessa. Contestualmente, tuttavia, non dobbiamo dimenticare il sussulto di quest’epoca, in cui le preoccupazioni causate dalla vecchia politica hanno indotto a pretendere un cambiamento.

In ogni caso, l’esposizione in piazza di quanto avviene in queste riunioni potrebbe essere un trucco per vincolare i grillini nel timore che alcuni cedano al compromesso?



Temo che sia l’ipotesi più probabile. 

Non trova contradditorio che le consultazioni siano in streaming mentre le riunioni dell’M5S sono segrete?

E’ parecchio contradditorio. Ma molte mosse di Grillo, a ben vedere, sono in contraddizione con lo strumento che ha scelto. Mi spiego: Grillo ha vinto (per carità, con pieno merito, perché lo spazio politico che gli hanno lasciato è stato ingente) semplicemente dicendo che avrebbe fatto tutto in rete. Dimenticando, anzitutto, che internet può rappresentare un ottimo strumento per raccogliere la protesta, ma è decisamente più complicato avvalersene per tradurre operativamente il mandato elettorale ricevuto. Non solo: la rete è decisamente più radicale e innovativa di come la intende lui. Ne ha fatto un uso caratteristicamente “analogico”, e non digitale; personalistico, direi.  Non ha fatto altro, cioè, che utilizzarla come, tradizionalmente, altri politici hanno utilizzato la televisione. Mettendo se stesso in streaming. E sfruttando le tecnologie per dare la caccia a chi non la pensa come lui, andando, per esempio, a scovare e censurare i commenti sgraditi.

Se la messa in streaming diventasse, nel mondo politico, prassi saremmo ancora in democrazia?

Non me la sento di rispondere “no” tout-court. Dovrei sostenere, infatti, che lo streaming è un atto eversivo. Diciamo che ci troveremmo in una democrazia troppo controllata per esprimersi. 

 

(Paolo Nessi)