La riunione della direzione del Partito Democratico si esaurisce in un breve spazio di tempo rispetto alla consuetudine. Parla Enrico Letta per primo. Tocca a lui, che accompagna Pier Luigi Bersani nella consultazioni per la formazione del governo, riassumere il punto della situazione. I passaggi cruciali sono ormai conosciuti: la “strada è stretta”, l’impegno è difficile ma possibile, la situazione economica del Paese è dipinta in toni drammatici.
Nella riunione della direzione del Partito Democratico mancano due personaggi che sono indiscutibilmente dei protagonisti: il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, il cosiddetto “rottamatore” e uno dei più illustri “rottamati”, Massimo D’Alema, che è stato il primo presidente del Consiglio con un passato da comunista e che ancora oggi ha un peso significativo nella politica del Partito Democratico. Per tutta la giornata si è parlato di “pressione” di molti esponenti del partito. Che significato dare a questa espressione? La traduzione più verosimile è che il tentativo di Bersani non sia confortato dai numeri che gli ha chiesto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che la maggioranza al Senato sembra una chimera e che quindi siano in tanti a voler cambiare linea.
In fondo è lo stesso Enrico Letta che chiama tutto il Pd alla massima collaborazione, a una grande compattezza, che forse qualcuno ha messo in dubbio con notizie e indiscrezioni.
E’ la stessa relazione di Enrico Letta che fa comprendere che questo passaggio della direzione del partito è quasi obbligatorio per serrare le fila negli ultimi due giorni decisivi nella strada verso Palazzo Chigi, nel momento in cui si affrontano le altre forze politiche dopo aver parlato con le forze sociali.
C’è un intervento quasi “stonato” rispetto alla riunione programmata della direzione. E’ quello di Vittoria Franco, che si spinge più in là, aprendo una discussione anche su tempi che potrebbero essere oggetto di una discussione più vasta, che investe aspetti programmatici più ampi per affrontare la crisi. A “stoppare” Vittoria Franco è Franco Marini, l’ex presidente del Senato, che sottolinea l’importanza di approvare e sostenere in questo momento la scelta del segretario. Rosy Bindi condivide la proposta di Marini e passa subito la parola a Bersani che non aggiunge molto a quello che ha già detto Enrico Letta. Nel giro di un’ora scarsa arriva il sciogliete le righe. Che significato dare a questa riunione della direzione del Pd?
Con molta gentilezza, mentre viaggia in macchina per le strade di Roma per raggiungere la sede di una televisione e partecipare a una trasmissione, risponde Alessandra Moretti, che è oggi è parlamentare, che è membro del Consiglio nazionale del Pd e che è stata portavoce di Pier Luigi Bersani durante le “primarie” di fine dicembre.
“Era necessaria questa riunione della direzione per fornire un resoconto dettagliato della situazione, della realtà italiana. E’ stato ad esempio importante che il premier incaricato abbia prima ascoltato le parti sociali. In questo modo ha potuto raccogliere direttamente lo stato di difficoltà acuta che sta vivendo il Paese. In questo modo si è preso atto delle difficoltà che stanno affrontando le imprese e di come il “patto di stabilità” metta in difficoltà, metta in crisi gli enti locali. Il fatto di avere innovato questa prassi delle consultazioni ascoltando le parti sociali è stata un’ iniziativa di grande utilità e anche di grande innovazione”.
Resta sullo sfondo però la necessità di arrivare, al più presto, alla formazione di un governo.
E il Partito Democratico lo ha ben presente. Per questo sia nel metodo che nelle prospettive era necessario che la direzione del Partito sin pronunciasse a favore di questa scelta, giudicandola la migliore delle soluzioni.
Quello che è emerso nella direzione è la formula di un cosiddetto “governo di tutti”. Potrebbe precisare?
Quello che è emerso con chiarezza, di fronte alla situazione del Paese e al risultato elettorale, è che esiste un doppio “binario”. Ce ne è un primo che riguarda le grandi riforme istituzionali e costituzionali. In questo caso la proposta del Pd è rivolta a tutti, compreso il Pdl. C’è quindi un piano di coinvolgimento nel rinnovamento del Paese che riguarda tutti i partiti. C’è un secondo “binario”, che è quello del governo in questo particolare momento. Su quest’ultimo punto, un’alleanza con il Pdl non può, a nostro parere essere, percorsa.
(Gianluigi Da Rold)