I rapporti tra Pd e M5S sono ridotti ai minimi termini. Dopo le consultazioni di ieri è apparso chiaro che i grillini non sosteranno mai, in nessun modo, il governo di Bersani. I capigruppo di Camera e Senato, Roberta Lombardi e Vito Crimi gli hanno detto no a tutto. Lo hanno pure sbeffeggiato, spiegandogli che stava dando l’impressione di essere a Ballarò, e che stava dicendo le stesse cose che ripete da vent’anni. Poi, è stata la volta di Grillo, che gli ha dato del «padre puttaniere» collocandolo, assieme a Berlusconi, D’Alema e Monti tra coloro che hanno distrutto il Paese. Ora, quali carte restano in mano al premier incaricato? Lo abbiamo chiesto a Peppino Caldarola, giornalista e scrittore.
Bersani se l’aspettava che l’incontro sarebbe andato così male?
Non so se Bersani, in questi giorni, si sia fatto illusioni. Di sicuro, si è trovato di fronte ad uno scenario ben peggiore di quello che si aspettava, costituito da una doppia sequenza: prima, l’incontro con dei portavoce piuttosto sgarbati e senza alcun potere, poi, l’anatema di Grillo. Direi che, a questo punto, il discorso con l’M5S è chiuso.
Poco dopo, tuttavia, le agenzie, riferendosi a Crimi, hanno battuto «Se Napolitano fa un altro nome è tutta un’altra storia». Crimi, a sua volta, ha smentito, precisando che intendeva dire, semplicemente, che se Bersani fallisce l’M5S proporrà a sua volta un nome e sarà disposto ad assumersi la responsabilità del governo.
Non c’è nessuna novità. Si tratta del tentativo di scrollarsi di dosso l’accusa di non voler partecipare alla risoluzione della crisi. Del resto, i nomi a cui pensano sono personaggi che ruotano attorno all’M5S e che sarebbero indigeribili per gli altri partiti.
Che bisogno aveva Grillo di insultare per l’ennesima volta Bersani?
Grillo ha il problema drammatico di come gestire un gruppo parlamentare che, tutto sommato, neanche lui conosce a fondo e nel quale si possono insinuare dubbi rispetto allo slogan “tanto peggio tanto meglio”, o il desiderio di non partecipare all’immediato scioglimento del Parlamento. In sostanza, alza i toni ogni volta che teme che una parte del suo movimento possa imboccare la strada della ragionevolezza.
Ci potrebbe quindi essere qualcuno tra i suoi disposto a votare la fiducia a Bersani?
Quello che ha chiesto Napolitano non è di certo una manciata di grillini disposti ad appoggiare il nuovo governo. Tanto più che ne servono parecchi. I senatori dell’M5S disposti a tradire dovrebbero essere talmente tanti da poter costituire un gruppo parlamentare autonomo. Direi che l’ipotesi è da escludere, così come l’esistenza di personaggi in grado di guidare la scissione.
A questo punto, Bersani è obbligato ad una forma di alleanza con il Pdl per da vita a quella Convenzione per le riforme di cui lui stesso ha parlato.
Bersani, per percorrere una strada del genere, ha un sola possibilità: quella di un governo di scopo che realizzi la riforma elettorale, vari alcuni interventi economici urgenti, modifichi il sistema politico e ci porti a fine settembre-inizio ottobre al voto. Probabilmente, sarà possibile costituire un governo del genere se sarà incaricato di formarlo una persona diversa da Bersani. Il segretario del Pd, sin qui, ha detto infatti che non si sarebbe mai accordato con il Pdl e, a questo punto, difficilmente può dar vita a una qualsivoglia forma di intesa, anche quella che preveda, per esempio, la non sfiducia.
Quindi?
Un governo del genere, dove la parti si impegnassero reciprocamente a mantenere i suddetti impegni, potrebbe essere sostenuto con la fiducia anche dal Pdl senza che il Pd sia accusato di inciucio. Quindi, a meno che non ci sia, a breve, uno squarcio di luce nei rapporti tra Pdl e Pd (ma lo ritengo inverosimile) Napolitano dovrà nominare una personalità in grado di traghettaci a nuove elezioni, a fine settembre o a inizio ottobre.
Chi potrebbe essere?
Zagrebelsky non ha alcuna chance di ottenere il voto del Pdl. Ha partecipato a campagne delegittimanti nei suoi confronti, e non vedo come potrebbe riceverne ora l’appoggio. Amato potrebbe godere della stima dei partiti maggiori, così come il ministro Cancellieri che ha mostrato, in questi mesi, una certa misura. Grasso sembrava il candidato più adatto, ma è caduto nella trappola della polemica con Travaglio e Caselli che ne ha ridotto il peso istituzionale. Ha rivelato, cioè, una certa incapacità di gestire la propria immagine. Non avrebbe dovuto chiamare in diretta ma affidare la difesa ad un comunicato. O, al limite, trattandosi di polemiche antiche, lasciar semplicemente perdere.
La partita sul prossimo presidente della Repubblica sarà decisiva e propedeutica ad un accordo di governo?
E’ difficile che si venga fuori da una crisi di un sistema politico che non ha un governo senza affrontare contestualmente il fatto che tra un paio di settimane ci troveremo anche senza il presidente della Repubblica.
(Paolo Nessi)