All’indomani del fallimento delle consultazoini, la partita più importante e decisiva, a cui sono subordinate le altre, non è quella per la presidenza del Consiglio. Ben che vada, infatti, il prossimo premier potrà limitarsi a transitarci alle elezioni anticipate. Ma il capo dello Stato ce lo dovremo tenere per sette anni. Le trattative in corso sono convulse, e i veti contrapposti numerosi come non mai. Pare che Berlusconi potrebbe non ostacolare la nascita di un governo del Pd, pur senza farne parte, a patto che il prossimo presidente della Repubblica sia espressione del centrodestra. Il Pd gli ha fornito, ieri, una lista di nomi graditi: l’ex presidente del Senato Franco Marini, l’attuale presidente del Senato Pietro Grasso, il sociologo Giuseppe De Rita e Giuliano Amato, uomo per tutte le stagioni e tutti i partiti che, d’altro canto, è nella lista dei papabili anche del Pdl. Il quale, tuttavia, ieri ha bocciato la rosa intera, avanzando la candidatura dell’ex presidente di Palazzo Madama, Marcello Pera. In ogni caso, al di là della lista compilata ieri, è noto che al Pd non dispiacerebbero neppure l’ex capogruppo a Palazzo Madama, Anna Finocchiaro, Sergio Mattarella a Pierluigi Castagnetti. Da sempre, inoltre, circola il nome dell’ex presidente del Consiglio e della Commissione europea, Romano Prodi. Sul quale, tuttavia, il Pdl ha imposto il proprio veto. Oltre a Pera, il partito di Berlusconi da tempo propone Berlusconi stesso, anche se, in realtà, ben pochi ci credono sul serio, compreso il diretto interessato. Più verosimilmente, accetterebbero una candidatura dell’ex premier tecnico Lamberto Dini. Da sempre, tuttavia, il sogno del partito è quello di lanciare al Colle Gianni Letta. In questo schema, ovviamente, c’è l’incognita del Movimento 5 Stelle. Che non accetterà mai un compromesso su candidati diversi dai suoi. Ovvero, in primis, Dario Fo e Gustavo Zagrebelsky.