Il Movimento 5 Stelle è in primo luogo una reazione spontanea e di massa ad una situazione di stallo economico e politico, nella quale un’intera generazione avverte il logorarsi dei propri desideri di realizzazione professionale, politica e umana. Ma non è solo questo. Questo movimento afferma, anche e soprattutto, una vistosa volontà di divorzio, definitivo e senza ritorno, da un’intera leadership politica – di governo e di opposizione – alla quale ritira ogni legittimazione ed ogni diritto di rappresentanza. Questa leadership, generalmente intesa, è ritenuta non solo incapace di governare, ma soprattutto è giudicata moralmente inadeguata ad occupare qualsiasi funzione, in quanto interamente orientata alla propria esclusiva autoconservazione. 



Percezione di una crisi sociale senza ritorno e immoralità della classe politica costituiscono così la miscela a partire dalla quale si elabora una pratica di incursione e di occupazione dello spazio politico, partendo da un consenso elettorale ampiamente certificato. L’elemento di novità costituito da questa vistosa onda d’urto risiede nel carattere totalmente secondario del progetto operativo portato avanti. Ai contenuti del programma, perfettibili e per molti aspetti riassuntivi dei temi ambientalisti, anti-lobbistici, e di totale ricostruzione del monopolio pubblico, è anteposta immediatamente una prassi assembleare che non consente deroghe. Le ipotesi di governo sono precedute dall’inaggirabilità e dall’implicita autosufficienza dei principi morali ed auto-organizzativi. Così, mentre i partiti chiedono una presa di posizione politica, il M5S replica con una reazione pre-politica, fatta del recupero di principi primi, di istanze morali dinanzi alle quali la macchina delle rappresentanze tradizionali di partito deve adeguarsi e riorientarsi.



Il vero obiettivo del Movimento 5 Stelle è pertanto il recupero di una dimensione di progetto di vita all’interno di una società riconciliata con i propri equilibri. La stessa campagna elettorale condotta dal movimento, dettando i ritmi di un’esperienza sociale di condivisione e di gratuità, si è dimostrata di gran lunga come il vero risultato (già acquisito) rispetto agli obiettivi che il movimento persegue. In questo senso questo movimento si è già rivelato come il luogo di un’esperienza di vita e di condivisione. Qui e non altrove hanno trovato sede la sua specificità, la sua forza e, in ultima analisi, le ragioni del suo successo. 



Tuttavia il contenitore politico nel quale il movimento deve confluire, il Parlamento, non è a geometria variabile, ma ha le sue regole di funzionamento. Si tratta di individuare delle rappresentanze autorevoli e mantenerle nel tempo, occorre prendere posizione su progetti prioritari, compiere delle scelte in ambito nazionale e, inevitabilmente, europeo che sono gravide di conseguenze. 

Si tratta di acquisire stabilmente delle competenze tecniche che non possono essere dedotte dall’una o l’altra delle teorie politologiche, economiche ed energetiche presenti sul mercato; occorre l’acquisizione di conoscenze specialistiche che, a loro volta, siano state consolidate da esperienze concrete. È necessaria cioè la presenza di un sapere che non è sintetizzabile in semplici intuizioni o sostituibile dall’immediato buon senso. Il passaggio dal movimento alla rappresentanza politica e da questa alle responsabilità di governo fa dell’organizzazione strutturale, supportata da una serie adeguata di competenze, un vincolo inevitabile al quale non è possibile sottrarsi. Ciò porterà il movimento a cambiare forma: dovrà organizzarsi in modo formale, oppure evaporare.

Il problema è che simili ovvietà appaiono quasi scolastiche, lontane dalla dinamica concreta del movimento. Sembrano appartenere ad una cultura politica dalla quale, dentro e fuori dal M5S, ci si è in qualche modo allontanati, convinti che i principi e le parole d’ordine siano sufficienti a decidere, scegliendo tra le diverse alternative. Alla radicale semplificazione dell’analisi politica, dove tutto viene ridotto alla semplice accusa di autoreferenzialità della cosiddetta “casta”, corrisponde una semplificazione speculare delle soluzioni, dove tutto sembra riducibile a degli equilibri da recuperare ed a delle lobby da contrastare. In un mondo dove tutto è possibile e i vincoli e le rigidità sembrano svanire sotto la luce di un nuovo modello di relazione politica e di rinnovamento totale, si allarga la forbice tra il desiderio di recupero della propria progettualità e le soluzioni concrete che lo renderebbero realizzabile.