Il Pd non ha vinto ma è arrivato primo. Il che è sufficiente per costringerlo all’affanno della prima mossa, pur non avendo margini per portarla a termine. Grillo e i grillini si godono il trionfo in attesa di decidere il da farsi. Per ora hanno stabilito di creare un Google group e una mailing list interna. Sull’ipotesi di un governo (tecnico), si vedrà. C’è infine il Pdl. Al quale, secondo Antonio Polito, editorialista de Il Corriere della Sera, conviene, per il momento, attendere, senza far nulla, l’implosione degli avversari.



Secondo lei, come intende muoversi il partito di Berlusconi?

Il Pdl ha, anzitutto un problema tattico: si sta crogiolando in certa compiacenza nello stare alla finestra; è legittimato a farlo perché non è il vincitore numerico. Non spetta a lui fare proposte, mentre Bersani sta cercando di imbarcare i grillini in una pseudomaggioranza di governo. Ma questo tentativo non lo riguarda. La tentazione di stare sulla riva del fiume aspettando il cadavere del nemico (che probabilmente passerà, dato che il tentativo di Bersani è destinato a fallire), per poi essere scongiurati di sostenere un governo e di farne parte e impedire le urne anticipate è forte. Come è forte quella di lanciare un messaggio che lasci intendere che, in fondo, è meglio affidare nuovamente l’incarico a qualcuno del Pdl, sulla scorta di una semplice considerazione: “si stava meglio quando si stava peggio”. C’è poi la questione strategica.



Ovvero?

Fallito il tentativo di Bersani, si presenterà, anzitutto, il nodo delle cariche istituzionali. Nell’elezione dei presidente della Repubblica, della Camera e del Senato, il Pdl non potrà limitarsi a giocare di rimessa. Avrà il diritto e il dovere di avanzare delle proposte. E di affrontare le difficoltà create dal porcellum che ha determinato una radicale sproporzione tra rappresentanza popolare e parlamentare. Intendo dire che Pd e Sel, che hanno preso meno del 30%, hanno potenzialmente i numeri per eleggere, assieme a Monti, il capo dello Stato. Si tratta di un fattore cruciale e delicatissimo per il futuro della nostra democrazia. A questo, si aggiunge il fatto che se il Pdl fosse chiamato ad una nuova esperienza di governo, non saprebbe come comportarsi rispetto alla propria leadership e alle proprie posizioni politiche. La volontà di accreditarsi come partito di governo, difficilmente si concilia con il mantenimento di Berlusconi come candidato premier o con la linea antieuropeista assunta nel corso della campagna elettorale.



Eppure, all’indomani delle elezioni, hanno decisamente abbassato i toni. Anche su queste pagine, diversi esponenti del Pdl si sono limitati a sostenere che sarà Napolitano ad indicare la linea

Questo è vero. Tuttavia, con che cosa saranno sostituiti i toni e i contenuti della campagna elettorale? Ovvero, per intenderci, posto che parteciperanno ad un governo di unità nazionale, la restituzione dell’Imu resterà nel loro programma?

In ogni caso, stanno circolando, per l’istituzione di un governo tecnico, i nomi di Giuliano Amato e di Corrado Passera

Sul piano simbolico, questi due nomi non mi sembrano adatti alla fase che stiamo vivendo. C’è mezzo Paese in rivolta contro l’establishment e la classe politica. Il primo era già potente durante la prima Repubblica, il secondo è un banchiere.

Quindi, cosa accadrà?

Sul piano del “dover essere”, un governo politico nato da un accordo tra Pd e Pdl che si proponesse di restare in carica due o tre anni per realizzare le cose importanti che servono al Paese, quali il passaggio ad una nuova Repubblica e il rinnovamento del sistema istituzionale, giustificherebbe un impegno diretto dei partiti e il ruolo attivo della generazione più giovane, a partire da Renzi o da diversi pidiellini meno compromessi con il berlusconismo. Ma questo temo che non accadrà mai. I partiti sono troppo condizionati dalla paura di perdere elettori e potere. Più verosimilmente, il presidente della Repubblica, indicherà una persona. E Pdl, Pd e Scelta Civica, in qualche forma, la appoggeranno. Persino Grillo, potrebbe sostenerlo. O non farlo cadere: un governo tecnico caduto per mano dei partiti, tornerebbe paradossalmente per merito di Grillo.

Cosa intende?

Nei scorsi giorni si è più volte fatto riferimento al ‘76, quando sia la Dc che il Pc ebbero un risultato straordinario. Moro parlò di due vincitori e nacque il governo Andreotti della “non sfiducia”. Il Pc non votò la fiducia, ma neppure la sfiducia, consentendo la nascita dell’esecutivo. Tale formula è stata presa in considerazione dal Quirinale in questa fase. Del resto, Napolitano se la ricorda benissimo, dato che ne fu, all’epoca, tra i sostenitori.

 

(Paolo Nessi)