Perché ieri, Matteo Renzi, dopo solo due ore dall’inizio del lavori ha abbandonato la direzione nazionale del Pd? Il partito minimizza. Luciano Violante, interpellato da ilSussidiario.net fa sapere che non si è trattato di un dramma. Tuttavia, c’è chi si dice convinto che, in realtà, la mossa del sindaco di Firenze sia stata tutt’altro che casuale. Renzi, pur essendo stato sconfitto alle primarie, sa bene, che al prossimo giro, tocca a lui. A patto di preservare quella carica innovativa che ha sin qui mostrato. Continuando, quindi, ad anteporsi ai notabili del partito. Deve aver pensato che farsi ritrattare su tutti i Tg in compagnia dei vari D’Alema, Franceschini, Bindi, Fioroni e via dicendo, sarebbe stato un autogol clamoroso. Si sarebbe trattato di una foto di una famiglia di cui lui, in realtà, non vuol far parte. Meglio non rischiare. Non è escluso, del resto, che da grande comunicatore quale ha dimostrato di essere, ha intuito che un qualunque suo intervento si sarebbe diluito tra tutti gli altri, fino a scomparire. Meglio far parlare il silenzio. E, in effetti, i titoli dei giornali gli hanno dato ragione. Il diretto interessato, interpellato da Il Messaggero, si è limitato a dire che non partecipare sarebbe stato, semplicemente, indelicato. Poi, ci ha tenuto a togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Precisando, ad esempio, come – pur ribadendo la sua lealtà a Bersani – il segretario non ha fatto cenno, nella sua relazione, all’abolizione del finanziamento ai partiti. Un tema che  secondo Renzi è stato sottratto in campagna elettorale, al Pd, da Grillo.  «Con i miei temi – ha chiosato amareggiato e un tantino compiaciuto – forse avremmo vinto le elezioni».



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