Le dimissioni di Giorgio Napolitano, lo scioglimento delle Camere da parte del nuovo presidente della Repubblica e il conseguente ritorno alle urne. Politologi ed esperti italiani sono giunti a delineare questo scenario durante un’analisi delle recenti consultazioni elettorali avvenuto nella giornata di ieri presso la New York University di Firenze. Nonostante abbia invitato tutti gli schieramenti a esprimere uno “sforzo serio di coesione”, il Capo dello Stato potrebbe effettivamente concludere anticipatamente il proprio mandato. Alla conferenza di Firenze era presente anche il politologo Alessandro Chiaramonte, a cui ilsussidiario.net ha chiesto ulteriori spiegazioni.



Professore, come mai si è giunti a questa conclusione?

Dalle dichiarazioni rilasciate fino ad oggi dai leader del Partito Democratico e del Movimento 5 Stelle, appare ormai evidente che non vi è alcun terreno d’intesa per un governo di coalizione tra queste due forze politiche. Anche le ipotesi di un governo di minoranza o di un appoggio esterno del M5S a un governo Bersani sono fortemente limitate dai regolamenti parlamentari, del Senato in particolare, oltre che dalla volontà del presidente della Repubblica di non renderle percorribili perché rischiose per le sorti del Paese.



Quali sono i maggiori ostacoli in Parlamento?

Qualora gli esponenti del M5S decidessero di astenersi, uscendo dall’aula del Senato, è molto probabile che verrebbero imitati dagli esponenti del Pdl e del centrodestra per far mancare il numero legale per la nascita del governo. Lo stesso accadrebbe se questi rimanessero, ma solo per esprimere un voto contrario. Sembra quindi impossibile uscire da una fase di stallo che sta durando da ormai troppo tempo.

Crede sia davvero possibile immaginare le dimissioni di Napolitano?

Eventuali dimissioni accelererebbero la possibilità di scioglimento delle Camere se dovesse apparire chiara l’impossibilità di formazione di qualsiasi nuovo governo. In caso contrario, nel caso in cui le forze politiche si dimostrassero indisponibili a una qualsiasi soluzione di compromesso, Napolitano sarebbe comunque costretto a tirare la questione per le lunghe fino all’elezione del nuovo Capo dello Stato che poi dovrà essere in carica entro il 15 maggio.



Cosa significa però tornare al voto tra poche settimane con la stessa legge elettorale?

Certamente rappresenterebbe una sconfitta di tutti, anche di Grillo, che a quel punto non potrebbe sottrarsi dalla critica di chi gli imputerebbe di non aver neanche provato a modificare la legge elettorale. Quindi, inevitabilmente, quasi a prescindere dalla questione del governo, in Parlamento le forze politiche dovranno confrontarsi seriamente, se non altro per definire alcune riforme necessarie prima dello scioglimento delle Camere e del successivo ricorso a nuove elezioni. Purtroppo è però altrettanto chiaro che i diversi schieramenti presentano visioni contrastanti anche sulla stessa riforma della legge elettorale, mentre per quanto riguarda il M5S non sappiamo neanche quale sia la sua posizione a riguardo.

Se effettivamente Napolitano dovesse dimettersi, crede che le forze politiche riusciranno a mettersi d’accordo sulla nomina del nuovo presidente?

In questo momento è difficile fare previsioni. Siamo in una fase di grandi tatticismi e nelle dichiarazioni di tutti i leader politici è riscontrabile una particolare strategia, cioè quella di far cadere responsabilità di un eventuale fallimento di qualsiasi soluzione sugli altri partiti. E’ in atto un gioco molto pericoloso, quindi credo sia opportuno attendere le consultazioni con il Capo dello Stato. Se anche alla fine di queste dovesse effettivamente emergere un quadro identico a quello attuale, allora tutte le forze politiche non potrebbero più sottrarsi da una meritata critica di irresponsabilità collettiva rispetto alla situazione del Paese.

 

Oltre alle speranze che si possono riporre in un governo stabile, quale altro scenario è realisticamente immaginabile?

Dopo aver ascoltato ogni ipotesi possibile, in realtà le varianti sono poche. Non si può fare un governo senza il centrosinistra (che ha la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera), ma non si può fare neanche un governo solo con il centrosinistra, costretto dunque ad allearsi con il Pdl, con Grillo o con entrambi. Potrà essere creato un governo tecnico o un governo politico, ma in fin dei conti le possibilità realmente immaginabili sono due: da una parte c’è un governo tra Pd e Pdl, dall’altra uno tra Pd e M5S. Resta però il fatto che se queste forze politiche non si accorderanno nel votare la fiducia a un nuovo governo, questo ovviamente non nascerà mai.

 

(Claudio Perlini)