“Continuo ad esercitare fino all’ultimo il mio mandato non nascondendo al Paese le difficoltà che sto ancora incontrando e ribadendo la mia fiducia nella possibilità di un responsabile superamento della situazione che l’Italia attraversa”. Giorgio Napolitano rimanda al mittente ogni ipotesi di dimissioni e indica la strada da intraprendere per tentare di dare un nuovo governo al Paese. Il presidente della Repubblica fa riferimento a “due gruppi ristretti di personalità” che dovranno formulare, su essenziali temi di carattere istituzionale ed economico-sociale, “precise proposte programmatiche che possano divenire in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche”. In attesa di scoprire le “personalità” volute dal Capo dello Stato (che si insedieranno martedì prossimo), IlSussidiario.net ha contattato Pippo Civati per fare il punto sulla situazione interna al Pd e sull’attuale posizione di Bersani.
E’ rimasto sorpreso dalle parole di Napolitano?
Non particolarmente. Le dichiarazioni del Capo dello Stato sono esattamente in linea con il modo in cui ha interpretato fino ad oggi il settennato. Personalmente ero piuttosto scettico riguardo eventuali dimissioni che in molti davano già per certe nella giornata di oggi.
Come giudica il “piano” del Capo dello Stato?
Credo che Napolitano stia cercando di fare un governo “del presidente” nel senso più stretto dell’espressione, quasi presieduto da lui stesso. Tra l’altro proprio il presidente sembra quasi adottare le argomentazioni già utilizzate da Grillo, parlando per esempio di un governo tecnico ancora in carica: mutuando alcune tesi dalla propaganda del Movimento 5 Stelle, Napolitano sta valutando se il disegno che ha in mente può effettivamente essere realizzato. Al momento sono un po’ scettico, però credo sia questa la lettura più plausibile.
Cosa non la convince in particolare?
Non mi convincono i governissimi, le larghe intese e i governi tecnici, soluzioni che tra l’altro, con i protagonisti che abbiamo attualmente, appaiono ancora più difficili da adottare. Abbiamo avuto già a che fare con il governo Monti e in qualche modo ci stiamo avvicinando nuovamente a uno scenario simile: la mia contrarietà, quindi, non riguarda in particolare le parole di Napolitano ma ciò che potrà realisticamente avvenire in futuro.
Secondo lei, oltre al Partito Democratico, quale sarà l’altro gruppo che ha in mente Napolitano?
Non ne ho idea. In effetti questa è senza dubbio la parte più curiosa del programma espresso da Napolitano, una mossa decisamente “creativa” che mi auguro possa rivelarsi utile a superare le attuali difficoltà. Ovviamente non è facile commentare ciò di cui non si conoscono i termini, ma è indubbio che si tratti di un modo irrituale di procedere. E’ però altrettanto vero che se dovesse esserci il Movimento 5 Stelle, Napolitano sarebbe riuscito a far cambiare posizione a Grillo utilizzando i suoi stessi argomenti, il che non sarebbe affatto male.
Sta dicendo che in quel caso il M5S dovrebbe accettare le condizioni di Napolitano e trovare finalmente una posizione condivisa con il Pd?
Esatto, praticamente la stessa proposta che più volte ho avanzato nei scorsi giorni. E’ necessario sedersi intorno a un tavolo non solo in streaming, ma per cercare davvero di capire se esiste la possibilità, tra Pd e M5S, di trovare un accordo non solo riguardo il nome di Bersani, ma soprattutto per mettere in piedi qualcosa di costruttivo. Napolitano adesso ha le carte per realizzare questo necessario confronto, anche se è ancora troppo presto per sapere se sarà effettivamente così.
“Pronti ad accompagnare percorso indicato da Napolitano. Governo di cambiamento e convenzione per riforme restano nostro asse”. Che significato hanno le parole di Bersani su Twitter?
Bersani vuole semplicemente ribadire che al di fuori di quello schema faremmo fatica a immaginare una diversa soluzione, come del resto fanno fatica tutti, compreso il presidente della Repubblica.
Cosa avrebbe modificato della posizione di Bersani di questi giorni?
Probabilmente solo la disponibilità a trovare un’altra figura come premier, soprattutto per capire se anche il M5S aveva intenzione di avanzare una concreta propostaa riguardo. Per tutto il resto, però, la posizione oggettivamente non può che essere la stessa: i nostri elettori non capirebbero un accordo con il Pdl, per cui “la strada è stretta” perché vi è una fortissima polarizzazione e un terzo polo che si è imposto alle elezioni.
Come esce però la leadership di Bersani da questa delicata situazione?
E’ chiaro che se si dovesse tornare al voto si rimetterebbe in gioco tutto, però dal punto di vista della gestione di questa crisi mi sembra impossibile immaginare qualcuno che non sia Bersani. In tanti stanno esprimendo in queste ore certezze e sentenze, ma credo sia ancora troppo presto per poter definire chiaramente le diverse posizioni all’interno del partito.
Quanto si sta facendo avanti invece la figura di Renzi?
Come dicevo è ancora presto per capirlo. La posizione di Renzi risulta essere molto più forte dal giorno dopo le elezioni, ma semplicemente perché l’esito delle urne ha favorito la sua rivalutazione da parte di chi non lo aveva votato. Credo non sia possibile adesso dire con certezza se le parole di Napolitano e il progetto messo in campo stiano effettivamente spingendo Renzi verso la leadership del Pd.
(Claudio Perlini)