L’incontro tra Bersani e Berlusconi? Enrico Letta, era presente, e lo ha descritto ai cronisti come «un primo passo nella giusta direzione». Poi, ha aggiunto: «renderemo, passo passo, questo percorso ancora più concreto». Bene. Buono a sapersi. Con calma. “Passo passo”, per l’appunto. «Per lo meno, è bizzarro: a un mese e mezzo dalle elezioni, dovremmo rallegrarci di un percorso agli inizi», dice l’editorialista de Il Corriere della Sera Antonio Polito. Gli abbiamo chiesto quali scenari potrebbero prefigurarsi dopo il colloquio tra i leader dei Pd e Pdl.
Secondo lei, cosa è emerso dall’incontro?
Ho l’impressione che ancora non si sia avviata una fase nuova, almeno sul fronte dei contenuti. Quantomeno, si sono parlati. E questa è una novità.
Hanno detto che hanno discusso del metodo.
Appunto. Scusi, ma che significa parlare del metodo? Quale altro metodo ci può essere se non quello di individuare qualcuno che sia espressione dell’unità nazionale e, quindi, eletto da una maggioranza il più ampia possibile? Questo lo sapevano già da prima. Non ci vuole un’ora per discuterne.
Di cosa hanno parlato, allora?
Verosimilmente, sono stati fatti dei nomi. E non è ancora stato trovato l’accordo. D’altro canto, è comprensibile. Non si può pensare di trovare il nome al primo incontro. Credo, quindi, il che nodo della questione sia un altro.
Quale?
Finora, Berlusconi è stato disposto a discutere dell’elezione del capo dello Stato contestualmente all’ipotesi di formazione del nuovo governo. Ovvero, ha sempre ammesso due opzioni: se il prossimo capo dello Stato sarà espressione del centrodestra, consentirà la nascita di un governo Bersani di minoranza (della “non-sfiducia”); se, invece, il capo dello Stato sarà espressione del centrosinistra, allora il centrodestra dovrà far parte del governo. Insomma, Colle ed esecutivo sono sempre state considerate due partite inscindibili.
Il Pd, finora cos’ha risposto?
L’esatto opposto. Ovvero, che il Quirinale e il governo sono due questioni distinte.
Il Colle alla sinistra ma il governo di larghe intese: è uno scenario così poco verosimile?
L’attuale gruppo dirigente, dopo tutto quello che ha detto per mantenere la linea del no a oltranza, a meno di una clamorosa spaccatura, non può di certo fare un governo con il Pdl.
Pare che Bersani sia sempre più isolato.
Se anche le cose stessero così, per eliminarlo ci vorrebbe un congresso che elegga il nuovo segretario. Il che non è semplice. E oltretutto, da quelle parti, normalmente si tende a non lavare i panni sporchi in piazza in maniera così plateale. In ogni caso, l’ipotesi del governissimo sarebbe comunque irrealistica anche con un leader che non fosse Bersani. Rappresenterebbe pur sempre la disfatta del Pd.
Ora, in ogni caso, cosa potrebbe essere cambiato?
Berlusconi potrebbe aver accettato di affrontare la partita sul Colle e quella sul governo separatamente; o, al contrario, Bersani potrebbe aver deciso di intrecciarle. Il fatto che Letta abbia annunciato che ci saranno altri incontri lascia intendere che su questo punto le divergenze potrebbero essere appianabili.
Quindi?
Trovare un presidente della Repubblica che vada bene a entrambi è, tutto sommato, facile: il centrosinistra, grazie al premio di maggioranza che gli ha garantito la legge elettorale, dispone di un numero di elettori tali da poter, tutto sommato, pretendere di proporre la candidatura; ebbene, al suo interno, i nomi graditi anche al centrodestra non mancano. Non è, del resto, impossibile che si decida al contrario di appoggiare un candidato moderato di centrodestra.
Ci faccia qualche nome.
Tanto per citarne alcuni, hanno le suddette caratteristiche personaggi quali Giuliano Amato, Franco Marini, Anna Maria Cancellieri, Emma Bonino, Giuliano Urbani e Antonio Martino. Personaggi che, in sostanza, non si sono lasciati fagocitare da questa sorta di “guerra civile” che percorre il Paese ormai da quasi due decenni.
(Paolo Nessi)