Per ora, chi pensava che l’incontro tra Bersani e Berlusconi preludesse a chissà quali cambiamenti è rimasto deluso. Tutto, dall’altroieri, è uguale. Come, d’altra parte, dalla sera stessa delle elezioni: con il Parlamento spaccato in tre e l’impossibilità di formare un nuovo governo. Allora, tuttavia, non c’era ancora la percezione di quanto la scadenza per il rinnovo del presidente della Repubblica fosse vicina. Angelo Panebianco, editorialista de Il Corriere della Sera, ci spiega quali sono gli scenari più verosimili.



Secondo lei, dall’incontro sono emerse novità?

Nessuna, direi. Semplicemente, Bersani non poteva ormai più evitarlo. Non dimentichiamo che le elezioni non le ha vinte, e buona parte del Pd gli ha fatto presente che, in simili condizioni, non è pensabile ignorare il capo di un partito di analoghe dimensioni. Ma non si pensi che questo sia il preambolo di un governo di larghe intese; Bersani, infatti, se benissimo che sarebbe politicamente finito se l’eventuale accordo sulla presidenza della Repubblica dovesse anticipare una qualsiasi forma di sostegno comune ad un esecutivo.



Su queste pagine, Antonio Polito affermava che l’incontro potrebbe essere il segnale della disponibilità di Berlusconi a scindere la partita del Quirinale da quella del governo; oppure, della disponibilità di Bersani ad unirle.

Attualmente, Berlusconi è, in realtà, più debole di Bersani. Quest’ultimo, infatti, conta sul fatto che sottobanco si possa giungere ad un accordo con Grillo. Pensa, cioè, che dalla quarta votazione in poi l’M5S metta in gioco i suoi voti. E che possa emergerne un presidente eletto da Grillo e dal Pd.

Eppure, Grillo ha di recente urlato all’inciucio tra Pd e Pdl.



In realtà, alcuni dei candidati dell’M5S, potrebbero essere graditi a parte del Pd. Penso ai vari Rodotà o Zagrebelsky. Perché il Pd non dovrebbe convergere su uno di questi?

Ma Bersani, a questo punto, essendosi ormai inimicato il Pdl, cosa otterrebbe?

Il nuovo capo dello Stato, a differenza di Napolitano, potrebbe consentirgli di andare di fronte al Parlamento a chiedere la fiducia, accada quel che accada.

Sarebbe sicuramente bocciato.

E’ molto probabile. Ma non importa. A quel punto, infatti, si sarebbe formato un nuovo governo, di cui Bersani sarebbe il capo fino alle prossime elezioni. Questo significherebbe disporre dei margini per potersi giocare la partita delle primarie che, altrimenti, gli sarebbe preclusa. In sostanza, si sta battendo per la sua sopravvivenza politica.

 

Pare che, nel frattempo, sia riuscito a mettere a segno un duro colpo contro Renzi.

Certo, impedirgli di essere a Roma per eleggere il presidente della Repubblica ha evitato una sua decisa legittimazione. Tuttavia, probabilmente non è così forte come appare. E’ pur sempre, infatti, esterno all’apparato, e lo ha tutto contro.

 

Torniamo a Bersani: le sue mosse non sono il massimo della vita…

No. Si tratta di una strategia disperata. Due sono i profili da evitare di eleggere al Colle: un personaggio sbiadito, magari non sgradito a entrambe le parti, ma del tutto incapace di governare questa fase; o un’anatra zoppa. Ovvero, un presidente che sia percepito come fazioso, delegittimato da quella parte del Paese rappresentato dal centrodestra. Ebbene, la strategia di Bersani condurrebbe a questa seconda opzione.

 

Perché il presidente eletto da Pd e M5S dovrebbe essere considerato un’anatra zoppa, mentre quello eletto da Pd e Pdl un presidente di larghe intese?

Perché Pd e Pd rappresentano le forze tradizionali del Paese. Accordarsi con l’M5S, invece, significherebbe allearsi con un partito che intende fare la rivoluzione come in Egitto, con un movimento politico che non accetta l’Abc della democrazia rappresentativa, ma che ha una visione assemblearista. Insomma, senza bisogno di evocare particolari pericoli, si tratta – tecnicamente – di un movimento antisistema.

 

L’accordo Pd-Pdl, quindi, è destinato a saltare?

Non si può escludere che Bersani punti ad un candidato che, tutto sommato, vada bene a Berlusconi; e che Berlusconi, alla fine, si accontenti, per scongiurare l’ipotesi per lui più pericolosa in assoluto, ovvero quella di avere un presidente ostile. Resta il fatto che, dalla quarta votazione in avanti, tutto può succedere. E Grillo è sufficiente flessibile per giocarsi la suddetta partita. 

 

(Paolo Nessi)