Se un osservatore si fermasse solamente alle parole, quello fra Silvio Berlusconi e Pier Luigi Bersani potrebbe sembrare un dialogo fra sordi, con un unico esito possibile: il ritorno alle urne in una data compresa fra il 30 giugno ed il 7 luglio. In molti, a cominciare dal mondo del lavoro e delle imprese, si augurano che non sia così e che sotto sotto le diplomazie siano al lavoro per trovare una via d’uscita allo stallo.
Il tempo stringe, giovedì – a 53 giorni dalle elezioni – si comincerà a votare per il Quirinale, casella chiave per risolvere il rebus della governabilità, e ancora un accordo non si vede all’orizzonte. Divergono radicalmente persino le impostazioni: se Bersani tiene ostinatamente divise la partita per il Colle e quella per Palazzo Chigi, Berlusconi ribatte: “o governo forte insieme, o voto a giugno”.
C’è da augurarsi che nel nuovo incontro fra i due leader, previsto fra martedì e mercoledì, si arrivi a un’intesa su un nome condiviso, ma non sarà per niente facile. Bersani insiste ostinato nella sua strategia che esclude ogni ipotesi di governassimo, perché non sarebbe quell’esecutivo di cambiamento che ha in mente, ma che in Senato non ha i numeri.
Berlusconi, per parte sua, si sente forte dei sondaggi che danno il centrodestra in testa, in caso di ritorno al voto, ma sa che ci sono rischi dietro l’angolo. Se dovesse mancare l’accordo, infatti, le prime tre votazioni del parlamento in seduta comune andrebbero sicuramente a vuoto, essendo richiesta la maggioranza dei due terzi. Ma dalla quarta tutto diventerebbe più complicato per il Cavaliere, dal momento che basterebbe la maggioranza assoluta.
Per raggiungere questa soglia al centrosinistra manca appena una mezza dozzina di voti. E una convergenza con una parte o tutti i grillini intorno al nome di Romano Prodi (giusto per fare un esempio), non sarebbe difficile da immaginare nel segreto dell’urna. Non servirebbe neppure l’apporto di Scelta Civica, e non a caso il fondatore dell’Ulivo sta in buona posizione nella rosa delle “quirinarie” del Movimento 5 Stelle.
Il nome di Prodi è quello che risulta più indigesto a Berlusconi, che si è preoccupato di aizzare la folla di Bari proprio contro il professore bolognese. Contro di lui dalle parti di Palazzo Grazioli si stanno studiando le contromisure per evitare di essere tagliati fuori, che potrebbero consistere nel far convergere compattamente i voti di centrodestra sul nome di Giorgio Napolitano, in modo da spaccare i democratici.



Anche per Bersani, però, il sentiero appare stretto: se il presidente della Repubblica sarà frutto di un’ampia intesa con la destra, che lui voglia o no s’imprimerà una spinta verso la costituzione di un governo figlio di uno schema politico simile. Quello schema che il leader piacentino ha pervicacemente rifiutato e che quindi non potrebbe pensare di incarnare, a meno di una clamorosa conversione ad U. Se, al contrario, si finisse ad eleggere un presidente senza il centrodestra, probabilmente Bersani potrebbe avere l’incarico, ma rischierebbe di arenarsi sullo scoglio del Senato e porterebbe a casa solo la magra consolazione di gestire le elezioni anticipate.
Proviamo a fare qualche ipotesi sui nomi: nel caso di una scelta condivisa ad incarnarla possono essere Franco Marini, Massimo D’Alema, Anna Finocchiaro o Giuliano Amato, anche se quest’ultimo sconta il no categorico della Lega. Se invece si andrà al muro contro muro, il grande favorito non può essere che Prodi.
Ma a complicare un quadro già complesso c’è anche il fronte interno al PD, cioè lo scalpitare a bordo campo di Matteo Renzi, pronto a reclamare a gran voce nuove primarie nel caso in cui tutto precipiti verso il ritorno alle urne. In questo l’inaspettato alleato di Bersani potrebbe essere proprio Berlusconi, perché più tempo si dà al sindaco di Firenze più lo si rafforza. Se le urne fossero vicinissime, invece, potrebbe non esserci il tempo per indire una nuova consultazione per la premiership del centrosinistra. Resta da vedere se questo è anche l’interesse di un paese che dalla crisi economica non riesce a uscire.

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