“Se dovesse uscire Prodi esco io. O meglio poiché non sono neppure entrato tolgo semplicemente il disturbo”. E’ il tweet del Paolo Becchi, “ideologo” del Movimento 5 Stelle, dopo che alle Quirinarie dei simpatizzanti di Grillo, Prodi è risultato uno tra i dieci nomi più votati.
Becchi, davvero la scelta di Prodi è un fatto così grave?
Lo considero un fatto shoccante che mi provoca grande amarezza e delusione. Io non contesto la procedura seguita per le Quirinarie, né ritengo che sia stata inquinata da brogli. Il risultato che emerge mi pone però dei gravi interrogativi su chi siano i rappresentanti del Movimento 5 Stelle. Se quest’ultimo deve essere il nuovo e la rottura con i partiti, non capisco perché abbia votato Prodi che è esattamente il passato. Il Professore è stato presidente del Consiglio e il presidente della Commissione Ue, non mi pare quindi una persona che possa corrispondere ai desiderata del movimento. E’ quindi molto sorprendente questa scelta, che lascia sconcertati e delusi, in quanto fa pensare che all’interno del M5S ci sia un numero consistente di persone che vedrebbero bene Prodi come presidente della Repubblica.
Lei ha definito il deputato grillino Tommaso Currò, che ha aperto a un governo del Pd, come “un traditore”. Ripeterebbe quelle parole?
Se Currò o qualsiasi altro deputato del M5S dovesse votare la fiducia a Bersani, chiaramente sarebbe un traditore. Non so quindi con quali altri termini riferirmi nei confronti di chi è portavoce di un movimenti che dice no a un accordo politico con i partiti, e poi lo sottoscrive a sua volta. Non è neanche un dissidente, è uno che tradisce la linea politica che era ed è tuttora espressione del movimento. Ciò non vuol dire fare le purghe staliniane, il punto è che chi si comporta come Currò si autoelimina da solo. Il problema è che siamo abituati a un linguaggio talmente edulcorato, che parlare oggi di tradimento, nemico politico, conflitto e tutte le altre parole forti crea scandalo. Il linguaggio politico però non è fatto per le anime belle, ma comprende anche queste espressioni forti.
Che cosa ne pensa del fatto che tra i possibili candidati come presidente della Repubblica ci sia lo stesso Beppe Grillo?
Sono un po’ perplesso, anche se è evidente che Grillo è il capo politico del M5S. Ma al di là delle etichette, tra le regole del M5S c’è il fatto che uno non si può candidare chi ha subito comunque una condanna penale. E’ questo il caso di Grillo, il quale infatti non si è presentato per le elezioni al Parlamento. Ciò dovrebbe valere a maggior ragione per la presidenza della Repubblica. Mi domando a questo punto se Grillo si farà votare, e poi si ritirerà lasciando spazio al secondo di questa rosa che sarà votato con una minoranza esigua. Non capisco che significato abbia una scelta del genere, e a maggior ragione mi dispiacerebbe se Grillo corresse per il Quirinale e la maggioranza dei deputati del M5S votassero per un altro. Il mio invito a Grillo è quindi a dimettersi fin da subito dalla corsa per il Quirinale, in modo da lasciare spazio a qualcun altro.
Secondo lei chi dovrebbe essere sostenuto per la corsa al Quirinale dal M5S?
Tra i dieci primi candidati usciti dalle Quirinarie ci sono anche due figure di grande prestigio e levatura come Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky. Si tratta di due grandi giuristi, due uomini di cultura, due personalità entrambe d’ispirazione di sinistra. Poiché Rodotà in passato ha avuto anche delle cariche politiche, io lo metterei in secondo piano sulla base dei criteri del movimento rispetto a Zagrebelsky che è stato presidente della Corte costituzionale.
E quindi?
Puntando su uno di questi due il movimento farebbe una scelta molto ampia, farebbe comprendere che il presidente della Repubblica per la funzione che ha è al di sopra delle singole formazioni politiche. Quindi deve essere espressione di un’ampia maggioranza, anche perché per i primi tre scrutini è previsto che si debbano raggiungere i due terzi dei voti. Questi due nomi, e soprattutto Zagrebelsky, potrebbero mettere in difficoltà soprattutto il Pd. Voglio vedere se il Partito Democratico avrà il coraggio di votare contro un candidato che è tendenzialmente di area di sinistra e che ha un nome di così grande prestigio.
(Pietro Vernizzi)