Non è stata quell’elezione rapida, indolore e all’insegna della riconciliazione  che si sperava. La candidatura di Marini si è rivelato un flop, e ad averla avuta vinta sono stati i franchi tiratori. Che poi, a metterli insieme, potrebbe tranquillamente costituire un gruppo parlamentare di notevoli dimensioni. Alla prima votazione, infatti, l’ex presidente del Senato ha preso 521 voti. Ora, se si considera che il quorum era di 672 voti, che Pd e Pdl, Lega e Scelta civica, assieme, ce l’avrebbero fatta tranquillamente, e che l’M5S e Sel hanno votato Rodotà, vuol dire che i 151 parlamentari che mancano all’appello (tolti i 50 renziani che hanno anch’essi dichiarato esplicitamente che non avrebbero votato il candidato unitario) provengono proprio dalle fila di chi ha fatto l’accordo. Ora che succede? I gruppi che sin qui hanno sostenuto Marini continueranno a votare scheda bianca per poi riproporlo dalla quarta votazione in poi (quando sarà necessaria la sola maggioranza assoluta)? Oppure, messo da parte il lupo marsicano, si tenterà di convergere su un altro candidato? Lo abbiamo chiesto all’editorialista de Il Corriere della Sera Antonio Polito.



Era prevedibile un insuccesso del genere?

Credo che le dimensioni che ha assunto la rivolta, all’interno del Pd, contro Bersani, non era prevedibile. Non siamo di fronte alla semplice dissidenza di una corrente, ma all’esplosione del partito: ognuno ha votato come gli pareva.

Lei è sicuro che i franchi tiratori provenissero in gran parte dal Pd?



Sicuro no, ma è ragionevole supporlo. Tra la prima e la seconda votazione, infatti, D’Alema ha triplicato i suo voti, Chiamparino li ha più che raddoppiati, Rodotà ne ha persi 10, mantenendosi pur sempre a quota 230: un numero, cioè, superiore ai parlamentari dell’M5S e di Sel. Tutti questi voti, evidentemente, provenivano dal Pd, il cui ordine di scuderia era consistito nel votare, al secondo giro, scheda bianca.

Alla quarta votazione, il candidato unitario di Pd e Pdl sarà ancora Marini?

Mi sembra scontato che, ormai, si tratta di una candidatura che il Pd non è più in grado di reggere. Magari, il Pdl potrebbe anche essere disposto a riprovarci. Ma il Pd no. Del resto, Marini è stato respinto dalla stragrande maggioranza dei grandi elettori.



Si tenterà comunque di individuare un nome condiviso?

Dubito che il gruppo dirigente del Pd abbia la forza per proseguire sulla strada di un rapporto con il centrodestra.

Quali carte gli restano da giocarsi?

Vede, il problema è che il tentativo di Grillo di irrompere nel centrosinistra, candidandone una personalità tutt’altro che sgradita, è riuscita perfettamente. Un intero partito della coalizione, Sel, è del resto passato con l’M5S.

Quindi?

L’agenda, a questo punto, è dettata dall’M5S e il Pd sarà inevitabilmente indotto a individuare un candidato che possa avere il voto dei grillini.  

 

Chi?

Tutto procede nella direzione di un candidato gravitante nell’orbita del Pd che possa avere i voti di Sel, di alcuni grillini, e dei renziani. Indubbiamente, Prodi ha tutte queste caratteristiche.

 

Il Pdl come si muoverà?

Farà di tutto per ottenere un nuovo accordo che gli consenta di ottenere un presidente del Consiglio non ostile.

 

L’accordo dovrà essere per forza al ribasso? Ovvero, rispetto a Marini, il centrodestra si dovrà ancora di più accontentare?

Beh, ci sono dei nomi che, per il Pdl, sarebbero tutt’altro che al ribasso. Penso ad Amato e a D’Alema. Ma, lo ripeto, difficilmente il Pd è in grado di riproporre lo schema di un rapporto con il Pdl.

 

Eppure, D’Alema e Amato sarebbero espressione del centrosinistra

Sì, ma sarebbero graditi al Pdl. E, in larga parte del Pd, è lo stesso concetto di accordo con il centrodestra che viene rifiutato.

 

Quale parte?

Mi riferisco a quella più a sinistra, come Fassina e i  “Giovani turchi”, ma anche ad alcuni dirigenti: è piuttosto sconcertante che perfino Alessandra Moretti, la portavoce di Bersani, abbia votato scheda bianca contro l’indicazione di Bersani stesso di votare Marini.

 

A proposito di Bersani: cosa ne sarà di lui?

La sua parabola di leader del Pd è finita.

 

(Paolo Nessi)