Bersani domattina incontrerà il premier Mario Monti. E’ evidente il tentativo da parte del segretario dimissionario di provare a ritessere il filo con Scelta Civica e il Pdl dopo il fallimento della candidatura Marini. La palla ora è passata al centrodestra. Berlusconi ha ribadito che il suo partito voterà solo un candidato condiviso da tutti i grandi partiti. Salgono quindi le quotazioni del ministro Cancellieri, che piace a Pdl e Lega e che alla fine potrebbe incontrare anche il consenso della maggioranza del Pd. Da non scartare, inoltre, la candidatura di Paola Severino, ministro della Giustizia che gode di un ampio consenso bipartisan.
“Basta coi giochini delle segreterie di partito”, ha tuonato Silvio Berlusconi. “La scelta del Capo dello Stato spetta ai cittadini”, bisognerà fare al più presto questa riforma per dare più poteri agli elettori, ha spiegato il leader del Pdl.
Si è chiusa dopo solo 30 minuti l’assemblea dei grandi elettori del Pd. Oltre alle dimissioni presentate da Bersani, il partito ha deciso di non dare nessuna indicazione di condidati nel quinto scrutinio di domattina. Per il Pd, quindi, una pausa di riflessione nel tentativo di riaprire un dialogo con Scelta Civica e Pdl che stanno convergendo su Anna Maria Cancellieri.
Bersani conferma l’indiscerzione data poco fa: “Al termine del voto per il Colle, un secondo dopo mi dimetterò da segretario del Pd, per me è troppo”. A questo punto, tramonta inevitabilmente ogni possibilitùà che bersani possa essere incaricato alla guida di un esecutivo dal nuovo presidente della Repubblica. Per Bersani la stessa fine che fece nel 1992 Arnaldo Forlani che durante l’elezione del capo dello Stato, dopo la bocciatura della sua candidatura, si dimise da segretario nazionale della Democrazia Cristiana.
Sta per iniziare l’assemblea dei grandi elettori del Pd in cui Bersani, come primo atto, presenterà le dimissioni da segretario nazionale del partito. Già nella serata di ieri aveva dato la propria disponibilità ad abbandonare l’incarico, ma le dimissioni erano state momentaneamente respinte dai dirigenti. Ora, con l’abbandono anche della presidenza dell’Assemblea nazionale del Pd da parte di Rosy Bindi nel Pd è caos totale.
Romano Prodi ha ritirato la candidatura al Quirinale. Dopo la bocciatura di oggi e la “sfiducia” pronunciata da Renzi, Romano Prodi ha fatto sapere di non essere più disponibile a correre per lo scranno di Presidente della Repubblica. Terremoto nel Pd, Rosi Bindi si è dimessa dall’assemblea.
Secondo le ultime indiscrezioni, Romano Prodi potrebbe ritirare la sua candidatura al Quirinale. Prodi, che in questo momento sta tornando dall’Africa dove si trovava con una missione dell’ONu, è in contatto con la direzione del Pd che sta decidendo il da farsi in vista della quinta votazione di domani. Il Pd intanto ha smentito le voci che stavano circolando su dimissioni di Bersani, che conferma di rimanere al suo posto di segretario.
Dopo il flop dell’ipotesi Romano prodi al Colle, almeno al termine della quarta votazione, il centrosinistra si interroga su quanto accaduto. Il Professore ha ottenuto 395 voti, mentre la coalizione di centrosinistra, in totale, può contare esattamente su cento preferenze in più. Queste, per qualche motivo che Bersani dovrà capire in fretta, sono confluite in gran parte su Stefano Rodotà, candidato al Quirinale dal Movimento 5 Stelle. Ecco infatti partire le prime accuse: esponenti di Sel puntano il dito contro una quarantina di deputati del Pd, colpevoli a loro giudizio di aver votato Rodotà “spacciandosi” per eletti del partito guidato da Vendola. “Quarantaquattro voti del Pd si sono spostati verso il candidato Rodotà – ha dichiarato la senatrice di Sel, Loredana De Petris -. E’ una vergogna, da questa mattina ci arrivavano telefonate di persone preoccupate che noi non avremmo votato Prodi, per questo ci eravamo allarmati”. Sulla stessa linea anche il capogruppo di Sel alla Camera, Gennaro Migliore: “I nostri voti erano segnati ‘R.Prodi’ e sono andati tutti a lui”. Mentre Bersani ha chiamato immediatamente a raccolta Franceschini e Letta per fare il punto della situazione, la staffilata finale è giunta da Matteo Renzi: “La candidatura di Prodi non c’è più”.
Romano Prodi non ce l’ha fatta a raggiungere il quorum necessario per essere eletto presidente della Repubblica. Ha infatti ottenuto 395 voti dei 504 che ci volevano. Stefano Rodotà ne ha ottenuti 213. Mancando i parlamentari di Lega e Pdl, il numero dei votanti è stato di 731 sul totale di 1007. Anna Maria Cancellieri ha ottenuto 77 voti, Massimo D’Alema 15, Giorgio Napolitano 2, Franco Marini 2, Giuseppe Fioroni 1, Emma Bonino 1. Le schede bianche sono state 14, quelle nulle 3. Come si vede dalle preferenze espresse, diversi sono stati i parlamentari del centrosinistra che non hanno votato per Prodi. Si vota per la quinta volta domani mattina. A questo punto sembra evidente che neanche convincendo i montani a votare per Prodi, il centrosinistra riuscirà a raggiungere il quorum per far vincere Prodi. Si impone un accordo con il M5S, che ha già annunciato ci sarà un vertice fra i due partiti. Vito Crimi si dice però certo che convinceranno il Pd a votare Rodotà.
Romano Prodi non ce l’ha fatta: con più di 600 schede scrutinate ha preso 354 voti, quindi non riuscirà a raggiungere il quorum di 504 voti richiesti. Rodotà è a quota 178. Si vota per la quinta volta domani.
Con poco più di 500 schede scrutinate, Romano Prodi guida la corsa al Quirinale con 317 voti contro i 151 di Rodotà. I parlamentari del Pd scoppiano spesso in fragorosi applausi di apprezzamento. Riuscirà a raggiungere il quorum necessario di 504 voti?
Secondo l’agenzia Public Policy, Stefano Rodotà avrebbe assicurato che si sarebbe tolto dalla corsa al Quirinale per favorire l’elezione di Prodi. Lo avrebbe detto un esponente del Pd che non viene reso noto. Alle 11 di questa mattina, dice ancora la fonte, era tutto risolto: Rodotà aveva detto di essere d’accordo con le nostre ragioni. Poi, invece, ha cambiato idea. E’ noto infatti che sempre questa mattina i capigruppo al senato e alla camera del M5S si sono recati a far visita a Rodotà: forse gli hanno fatto cambiare idea.
Conclusa anche la quarta votazione per l’elezione del Presidente della Repubblica nell’Aula della Camera, ha preso il via da pochi minuti lo spoglio delle schede. Si tratta della prima operazione di voto in cui non sarà più necessaria la maggioranza dei due terzi dei votanti, ma semplicemente la maggioranza assoluta, anche se nelle ultime ore i rappresentanti di diversi schieramenti hanno indicato come decisiva la quinta votazione, vale a dire la prima di domani (prevista per le ore 10). “Se il centrosinistra” in questa quarta votazione dimostra di essere “compatto sul nome di Prodi, mi sbaglierò ma, secondo me, domani mattina Prodi sarà presidente della Repubblica”, ha detto ad esempio Rosy Bindi.
Invece di contattare Stefano Rodotà, candidato al Colle dal Movimento Cinque Stelle, il Partito Democratico telefona alla figlia, Maria Laura. E’ proprio lei, infatti, a farlo sapere su Facebook e Twitter: “Fantastico. Pur di non parlare col garante quelli del piddì chiamano me per convincermi a convincerlo non si sa di che”. E’ probabile che il Pd, contattando la figlia, abbia voluto sondare le intenzioni del candidato grillino sulla questione Quirinale. Intenzioni, però, già largamente comunicate dal diretto interessato: “Torno a ringraziare i grandi elettori, in particolare quelli del Movimento 5 Stelle e di Sel, e i moltissimi cittadini che in questi giorni mi hanno espresso una grande e per me inattesa fiducia. Ringrazio il Movimento 5 Stelle – ha dichiarato oggi Stefano Rodotà – che ha confermato l’intenzione di continuare a sostenere la mia candidatura. Per parte mia, non intendo creare ostacoli a scelte del Movimento che vogliano prendere in considerazione altre soluzioni”. La sua candidatura quindi continua a reggere, anche se il giurista ha chiaramente fatto sapere che se il suo nome dovesse rappresentare un ostacolo al Movimento 5 Stelle è pronto a fare immediatamente un passo indietro. Vito Crimi e Roberta Lombardi, capigruppo M5S rispettivamente al Senato e alla Camera, hanno di recente fatto sapere che se il Pd voterà Rodotà per il Colle “si apriranno praterie” per la formazione del prossimo governo.
Con il Partito Democratico che propone al Colle Romano Prodi, eliminando di fatto ogni possibilità di larghe intese sul prossimo governo, un ritorno alle urne è ormai più che probabile. Adesso è “molto più probabile andare a votare”, spiega Renato Schifani, capogruppo del Pdl al Senato, ai cronisti che lo hanno intercettato fuori Montecitorio. Poi, interpellato sull’eventualità che venga conferito il laticlavio a vita a Franco Marini, l’ex presidente del Senato aggiunge: “E’ uno dei fondatori del Pd, ma lo hanno sacrificato per trovare una sintesi interna al partito invece che una sintesi per il Paese”. “La situazione si è notevolmente appesantita e non per colpa del Pdl. La candidatura di Prodi è un atto di rottura violenta da parte del Pd”, dice ancora Schifani, secondo cui l’ex premier “è un uomo delle anti-intese, inquina il clima di dialogo. Potevano scegliere altri candidati, ce ne erano tanti. Prodi invece è il grande nemico di Berlusconi”.
Quasi sicuramente il voto definitivo sarà quello di domani. Lo dicono i diversi rappresentanti dei partiti. Lo ha detto ad esempio Umberto Bossi: oggi Prodi non ce la fa. Domani, ha aggiunto, bisognerà vedere che cosa decide di fare Monti. Poi una battuta polemica riferita a Prodi: “Ma la gente se lo ricorda, e anche i parlamentari, che Prodi rubava ai poveri per dare ai ricchi” E’ convinta che la votazione decisiva sarà domani anche Rosy Bindi del Pd: Prodi verrà eletto domani, a condizione che oggi il centrosinistra si dimostri compatto. Domani mattina Prodi sarà presidente della Repubblica. Aggiungendo: se non mi sto sbagliando. L’incertezza infatti è sempre molta, la paura di franchi tiratori interni non è stata sconfitta. E a proposito del rifiuto da parte del Pdl di votare Prodi, ha detto: “Se il Pdl non lo vuole votare non lo voti, ma Prodi sara ugualmente il presidente di tutti gli italiani”.
Ha preso il via il quarto scrutinio per eleggere il presidente della Repubblica, il primo in cui non sarà più necessaria la maggioranza dei due terzi dei votanti, ma semplicemente la maggioranza assoluta, pari a 504 voti. Dopo Silvio Berlusconi che si è detto “sconcertato” dalla decisione del Pd di candidare Romano Prodi al Quirinale, invitando tra l’altro i parlamentari a non partecipare alla quarta votazione per le elezioni del Capo dello Stato, è intervenuto nel dibattito anche Umberto Bossi. “No, secondo me non ce la fa oggi”, dice il presidente della Lega Nord, conversando con i giornalisti a Montecitorio, riguardo l’ipotesi che Prodi venga eletto alla quarta chiama. A chi gli chiede cosa pensi del candidato del Movimento Cinque Stelle Stefano Rodotà, l’ex leader del Carroccio risponde scherzando: “Io preferisco uno di Milano”. Infine, riguardo l’eventualità di veder salire al Colle Anna Maria Cancellieri, secondo Bossi “per la sinistra si potrebbe fare, secondo noi è difficile”. Intanto sembra che tutta la destra (da Casa Pound, fino a Giovane Italia e Fratelli d’Italia) sia scesa in piazza per protestare duramente contro la scelta del Pd di proporre Romano Prodi.
E’ iniziato il quarto scrutinio per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Potrebbe essere quello decisivo. Da questo momento infatti non è più necessario il quorum a quota 672 voti come nelle tre precedenti elezioni, ma basta giungere a 504 preferenze. In teoria, il Pd da solo con i suoi deputati, senatori e grandi elettori può riuscire nell’impresa, ma non è detto in quanto permane il rischio di franchi tiratori anche sul nome di Prodi. In particolare quei parlamentai Pd di area Matteo Renzi. Per questo si è cercato di convincere Monti e i suoi a convergere su Prodi, operazione ufficialmente fallita con il no di Scelta civica che rimane sulla Cancellieri. Tutto da vedere cosa succederà, con Pdl e Lega che non partecipano al voto.
L’atmosfera diventa sempre più tesa: Pdl e Lega Nord hanno annunciato che non prenderanno parte alla quarta elezione per il capo dello stato, quella che per certi versi potrebbe essere decisiva con la vittoria del nuovo candidato del Pd, Romano Prodi. E proprio su Romano Prodi si sta accendendo la protesta furiosa del Pdl: oltre a uscire dal parlamento, alcuni esponenti di Pdl e Fratelli d’Italia si trovano fuori della Camera dove hanno indetto una manifestazione di protesta intitolata “No Prodi”. Si trovano sul posto anche esponenti del Popolo viola e tra i due gruppi si è rischiata la rissa. Intanto Berlusconi, parlando ai suoi parlamentari, ha detto che il Pd con la nomina di Prodi ha violato i patti presi con loro: a questo punto, ha aggiunto, vi ostacoleremo: “Noi siamo qui per ostacolare la sinistra, difenderemo la nostra Costituzione, la nostra libertà, la nostra democrazia”. Ha anche detto che in caso di elezioni politiche, sarà lui il candidato del centrodestra.
“Dalle ore 15 tutti a piazza Montecitorio per dire “No Prodi” al Quirinale. Vi aspetto!”. Ad annunciare l’iniziativa su Twitter è il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. Poco dopo la conferma, sempre su Twitter, del giornalista di Repubblica Carmelo Lopapa: “Finita l’assemblea col Cav, dalle 15 parlamentari Pdl a presidiare piazza Montecitorio contro Prodi”. Intanto Pdl e Lega hanno fatto sapere che non parteciperanno al quarto scrutinio per l’elezione del Presidente della Repubblica. E’ quanto emerso dal vertice con Berlusconi a palazzo Grazioli. Scelta civica, invece, ha stabilito che voterà per Anna Maria Cancellieri: la decisione è arrivata nella riunione a cui hanno preso parte i gruppi parlamentari e Mario Monti.
I capigruppo al senato e alla camera del Movimento cinque stelle hanno incontrato i giornalisti dopo i risulti del terzo scrutinio. Roberta Lombardi ha chiarito come il M5S non cambia idea: continuerà a sostenere Stefano Rodotà perché Romano Prodi è espressione dei partiti anche se un nome presente nella rosa di coloro che sono stati votati alle primarie del M5S. Noi, ha spiegato, vogliamo invece il candidato dei cittadini: “per noi è importante l’espressione dei cittadini che in questi giorni hanno manifestato affetto nei confronti di Rodotà, un innamoramento dei cittadini nei confronti della politica mai visto per l’elezione del presidente della Repubblica”. Da parte sua Vito Crimi ha invece lanciato la proposta “più audace” e che potrebbe cambiare le carte in tavola: se il Pd decide di votare Rodotà si potrebbero “aprire praterie per il governo”.
Si è concluso lo spoglio del terzo scrutinio per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Come previsto, anche questa operazione ha visto fioccare centinaia di schede bianche e si è conclusa con un nulla di fatto. Questi i risultati definitivi: a ottenere più voti è stato il candidato del Movimento Cinque Stelle, Stefano Rodotà, con 251 preferenze, seguito da Massimo D’Alema a 34, Romano Prodi a 22, Giorgio Napolitano a 10, Anna Maria Cancellieri a 9, Claudio Sabelli Fioretti a 8, Sergio De Caprio a 7, Franco Marini a 6, Antonio Palmieri e Alessandra Mussolini a quota 5. Le schede bianche sono state in totale 465, quelle nulle 50. C’è dunque grande attesa per la quarta votazione, prevista questo pomeriggio, la prima in cui non sarà più necessaria la maggioranza dei due terzi dei votanti, ma semplicemente la maggioranza assoluta.
Come previsto, anche la terza votazione per il nuovo presidente della Repubblica si è conclusa con un nulla di fatto. A scrutinio non ancora ultimato, nessun candidato è in grado di avvicinarsi neanche lontanamente al quorum di 672 preferenze. Si attende dunque la quarta votazione, la prima in cui non sarà più necessaria la maggioranza dei due terzi dei votanti, ma semplicemente la maggioranza assoluta.
Conclusa anche la terza votazione per l’elezione del Presidente della Repubblica nell’Aula della Camera, ha preso il via da pochi minuti lo spoglio delle schede. Anche questa operazione di voto dovrebbe risolversi con un niente di fatto, mentre già dalla prossima, quando sarà necessaria solamente la maggioranza assoluta dei voti, potrebbe cominciare a farsi concretamente avanti il prossimo inquilino del Colle. Intanto, dal comizio in corso a Manzano, Beppe Grillo ha ribadito che il Movimento 5 Stelle non voterà mai per Romano Prodi. “Nessuno in M5S si è mai sognato di votare Prodi e non se lo sognerà nemmeno in futuro. Il nostro presidente è Rodotà”. “Il nostro slogan è a casa tutti – ha aggiunto – se ne sono già andati cinque partiti”.
Stefano Rodotà “non ha fatto assolutamente un passo indietro”. A confermarlo è il capogruppo al Senato del Movimento 5 Stelle, Vito Crimi, il quale oggi ha incontrato il candidato al Colle nella sua abitazione romana insieme alla presidente dei deputati Roberta Lombardi. “Rodotà non farà nessun passo indietro, nemmeno dopo la terza votazione”, assicura Lombardi. Pochi minuti fa, invece, Luigi DI Maio del M5S ha ribadito durante lo speciale TgLa7 la posizione dei grillini: “Continuiamo a sostenere a oltranza Rodotà anche perché la sua elezione potrebbe essere l’inizio di un presupposto di un governo dei cittadini e il candidato non solo del M5S ma di tutti”. “L’unica direttiva diversa – ha spiegato – sarebbe nel caso Rodotà rinunci, ma a quel punto passeremo a Zagrebelsky”, quarto classificato alle “Quirinarie” organizzate online dal Movimento 5 Stelle.
“Arrivo appena posso”. Così Romano Prodi dopo aver appreso le intenzioni del Pd di candidarlo al Colle. A contattarlo per illustrargli l’intera situazione è stato Claudio Burlando del Pd: “Sono riuscito a contattarlo appena ha acceso il telefono. Mi ha risposto che dovrebbe riuscire a rientrare domani mattina dall’Africa”, ha spiegato. Intanto, dopo aver annunciato di voler votare scheda bianca alla terza votazione, Mario Monti ha fatto sapere che alla quarta “non è detto che voteremo Cancellieri. Ci riuniremo prima”. Il premier infatti non esclude di votare Romano Prodi alla quinta votazione per il Colle. “Dobbiamo parlarne insieme, tra deputati e senatori”, ha detto Monti, mentre il capogruppo al Senato, Mario Mauro, ha aggiunto: “Alle 13.30 abbiamo una riunione, adesso non possiamo anticipare nulla”. Secondo Monti, però, “il Pd sembra aver dato priorità in questo momento al disperato tentativo di salvaguardare l’unità del partito pensando più a quello che all’unità del Paese”.
Ha preso il via l’operazione “Occupy Pd” lanciata nelle ultime ore sul web e rimbalzata velocemente tra i vari social network. Delusi dalle decisioni prese dai vertici del partito, una trentina di giovani democratici e tesserati hanno occupato la sede del Pd a Torino, in via Masserano, con tanto di tende e sacchi a pelo (clicca qui per vedere il video). L’iniziativa è partita dall’assessore di Nichelino Diego Sarno e successivamente rilanciata dal segretario torinese dei giovani Matteo Cavallone e da quello regionale Paolo Furia. Proprio quest’ultimo ha fatto sapere che l’occupazione è “per il Pd, non contro. Vogliamo far valere le nostre tessere. Tanti ragazzi sono preoccupati per le sorti del partito. La scelta di Marini è in controtendenza con la volontà di cambiamento perché dà a pensare a un prossimo governo con il centrodestra. I giovani democratici eletti in Parlamento si sono opposti a questa indicazione di voto e noi ne andiamo orgogliosi, ci sentiamo rappresentati da loro”. Nella giornata di ieri, invece, alcuni militanti amareggiati dalla candidatura di Marini appoggiata dal Pd insieme al Pdl, si sono dati appuntamento a Montecitorio dove hanno bruciato o strappato le proprie tessere del partito. “Traditori, non vi votiamo più”, hanno urlato.
“Ieri c’è stato un incontro tra Scelta Civica e Pdl e ci è stato proposto di convergere sulla Cancellieri ed è una valutazione che faremo più tardi”. A dirlo è Maurizio Gasparri (Pdl), sottolineando che l’ipotesi Cancellieri “ci interessa anche per il futuro, per aprire un dialogo con un’area alternativa alla sinistra”. Insomma, il nome di Romano Prodi proprio non piace: “Di certo non lo voteremo”, ha aggiunto. Il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, invece, si rivolge al sindaco di Firenze che in questi giorni ha criticato duramente l’ipotesi Marini al Colle: “Caro Renzi, se Marini era un dispetto all’Italia oltre che un candidato del secolo scorso, cosa sarebbe Prodi, la bella novità che risponde al bisogno di cambiamento che si respira in Italia? Siamo seri per favore. Matteo Renzi sembra un nostalgico della prima Repubblica”, scrive la Meloni su Facebook. Un altro stop arriva anche dalla Lega: “Per noi Prodi non è votabile: ha svenduto l’Italia quando ha presieduto l’Iri”, afferma Massimo Bitonci. I parlamentari di via Bellerio hanno quindi fatto sapere che non voteranno nel corso della terza votazione e si riuniranno nel pomeriggio per stabilire la linea da seguire durante la quarta.
Franco Marini fa ufficialmente un passo indietro e annuncia il ritiro della sua candidatura: “E’ saltata la strategia di un dialogo con il centrodestra finalizzata all’obiettivo di dare all’Italia un governo, dinanzi alla durissima situazione del Paese. Strategia da me pienamente condivisa, Anche perché ritengo una follia il ritorno immediato alle urne con questa legge elettorale. Ovviamente con il cambio di strategia viene meno anche la mia candidatura”. Il nome di Romano Prodi, però, non piace né al Pdl né al Movimento Cinque Stelle: “Non basterà la conversione sulla via di Capranica a farci cambiare idea”, afferma Alessandro Di Battista, portavoce M5S alla Camera, sottolineando che i voti dei grillini continueranno a convergere su Rodotà. “Se Bersani riconoscesse che Rodotà è buon candidato ma spacca i cattolici del Pd e se riconoscesse che non va bene solo perché lo abbiamo proposto noi sarebbe un passo avanti. Noi stiamo scardinando un comportamento collusivo ventennale”.
Con Romano Prodi nuovo candidato del Pd, è possibile che Stefano Rodotà ritiri la sua candidatura. Anche il Sel si dice pronto a far convergere i suoi voti su Prodi, mentre i grillini confermano di voler continuare a votare Rodotà. Lo ha detto Michele Scibona: “Voteremo Rodotà perchè queste sono le indicazioni della rete e dei cittadini. Il Pd continua a votare secondo le proprie convenienze”. Il Pdl intanto esprime la sua rabbia per il cambiamento di linea del Pd definendo quella di Prodi una scelta di rottura che non voteranno. L’intenzione è di scegliere un nuovo candidato alternativo che verrà annunciato nelle prossime ore. L’elezione di Prodi poi, dice Cicchitto, chiuderebbe qualsiasi ipotesi di larghe intese.
Davanti alla decisione del Pd di cambiare candidato, il Pdl risponde con una sua strategia al fine di cercare di dividere il Pd stesso e impedire la vittoria di Romano Prodi. Al terzo scrutinio che comincerà fra poco si voterà scheda bianca. Al quarto scrutinio, quello decisivo, ancora Franco Marini oppure un nome nuovo, si pensa a quello di Sergio Mattarella. Il Pd intanto punta alla quarta votazione, quando basta la maggioranza secca e il partito di Bersani è praticamente autosufficiente, non ha bisogno cioè di altri voti per determinare la vittoria del suo candidato.
Il Partito Democratico ha deciso all’unanimità di candidare Romano Prodi, su proposta del segretario Pierluigi Bersani (questa ipotesi era stata prevista da Antonio Polito nell’intervista rilasciata ieri sera a IlSussidiario.net, e oggi pubblicata). Scenario inviso al Pdl, che ricompatta il partito dilaniato nella giornata di ieri, ma che punta a erodere voti a Beppe Grillo e Scelta Civica per concretizzarsi nella terza votazione, alla quarta (di cui il Pd ha chiesto il rinvio) basterà la maggiornaza assoluta.
E’ stata una giornata campale per il Pd ieri, scosso e sconvolto da scissioni interne che forse potrebbero cambiare questo partito per sempre. La proposta di candidare Franco Marini insieme al Pdl infatti ha suscitato la rivolta dell’anima più di sinistra del partito, che ha giudicato la scelta un autentico tradimento. Si è assistito a scene di autentica rivolta, con militanti del Pd che bruciavano la propria tessera davanti al Quirinale al grido Non vi voteremo mai più. Inaccettabile cioè allearsi con il nemico Berlusconi. E’ stato così che il primo scrutinio ha visto molti esponenti del Pd votare o per Sergio Chiamparaino (sono stati i parlamentari vicini a Matteo Renzi) oppure per il candidato del M5S, Stefano Rodotà, il candidato che molti appartenenti al Pd giudicano il solo compatibile con loro.
Bersani ha cercato di tenere duro, confermando Marini anche nella seconda votazione, questa volta votando scheda bianca sempre insieme al Pdl. Una mossa fatta per prendere tempo mentre si succedevano gli incontri di alto vertice fra i vari leader per decidere le strategie. Intanto dopo il secondo scrutinio Chiamparino raddoppiava i suoi voti e nessuno raggiungeva il quorum.
Alla fine della giornata Bersani doveva prendere atto che qualcosa va fatto: si attende infatti stamattina la riunione dei grandi elettori del Pd: confermeranno Marini, convergeranno su Rodotà o tireranno fuori un altro nome, si parla di D’Alema o Prodi. Il Pdl conferma la candidatura di Marini con l’intenzione di arrivare al quarto scrutinio dove non servirà più il quorum di 672 voti ma solo la maggioranza secca. Da parte sua il M5S continua a sostenre la candidatura di Rodotà. Infine Franco Marini: se Renzi lo ha giudicato un candidato ormai finito dopo il fallimento della prima votazione, lui ha detto che non intende ritirarsi dalal corsa al Colle.
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