In attesa della manifestazione di protesta prevista oggi a Roma, sul blog di Beppe grillo compare un nuovo post, a firma di Paolo Becchi, in cui il Movimento 5 Stelle tenta di chiarire quanto accaduto in queste ultime settimane: “Il MoVimento avrebbe voluto cominciare a lavorare seriamente nel Parlamento, ma questo non è stato possibile. Si è tentato di costringerlo a un voto di fiducia ad un governo a guida Bersani che con il senno di poi avrebbe implicato lo strangolamento dello stesso MoVimento. Il PD era già sull’orlo del precipizio e il MoVimento sarebbe finito nel baratro insieme a lui. Ecco perché la linea di non accettare l’accordo, un accordo finto perché mirante soltanto agli interessi del PD, era del tutto condivisibile”. Il governo era in carica, “ma il Parlamento paralizzato”, si legge ancora. “Tutto nell’attesa del nuovo Presidente della Repubblica e del conferimento di un nuovo incarico di governo”. Dopo la rinuncia di Milena Gabanelli e di Gino Strada, è subentrato Stefano Rodotà: “Sembrava quasi naturale che un partito sedicente di sinistra potesse convergere su questo nome”, scrive Becchi. “E invece hanno offerto al popolo italiano uno spettacolo indecoroso e, diciamolo pure, mortificante per le persone che sono state mandate al massacro: prima Marini e poi Prodi”. A questo punto “non restava altro che constatare la completa dissoluzione, liquefazione di un partito, quello democratico, che sin dal suo inizio era attraversato da latenti contraddizioni. Su questo deserto non c’era altra via per ricompattare quel che restava della partitocrazia che recuperare Re Giorgio”. Ma cosa è avvenuto nella votazione di ieri sera, dopo la quale Beppe Grillo ha parlato di un “colpo di Stato, che avviene furbescamente con l’utilizzo di meccanismi istituzionali”. Si tratta di un’affermazione, spiega Becchi, “che può sembrare del tutto inadeguata e addirittura pericolosa, così la giudica infatti tutta la stampa unanime, perché quando si parla di golpe siamo abituati a pensare a un colpo militare, a un cosiddetto pronunciamiento, per usare l’espressione della tradizione spagnola. Esistono tuttavia svariate tecniche del colpo di Stato, come già aveva mostrato Curzio Malaparte nel suo saggio del 1931”. Quello classico, si legge nel post, “fu attuato da Luigi Bonaparte nel 1851 quando diede il colpo di grazia a quella Repubblica di cui lui stesso era Presidente per riuscire a farsi proclamare Imperatore di Francia”. Ci fu in quel caso “una violazione dell’assetto costituzionale esistente e un suo mutamento: il Presidente divenne Imperatore dei francesi. Non è quello che è avvenuto ieri in Italia. Il Presidente è restato Presidente, non è stato incoronato Imperatore, ma è il primo Presidente della storia repubblicana ad assumere due mandati contro quella che era sino ad oggi una consuetudine costituzionale, quella cioè contraria ad una rielezione del Presidente della Repubblica”. Inoltre “è il primo Presidente della Repubblica ad essere applaudito in Parlamento, ma oggetto di una sollevazione popolare nelle piazze d’Italia”. “La vecchia stagione del compromesso storico – conclude Becchi – doveva concludersi con un inciucio storico ed è per questo, contraddicendo quanto da lui stesso affermato, che alla fine ha accettato il secondo mandato. Non vi è dubbio che tutto sia avvenuto ancora una volta nel solco della legalità, ma la legalità in questo caso è diventata un’arma contundente con la quale si è voluto colpire il popolo italiano. I partiti moribondi hanno ricevuto una boccata di ossigeno, ma avranno ancora qualche mese, al massimo un anno di vita, non di più, perché il virus del MoVimeno ha ormai infettato il loro corpo e non si riuscirà più a debellarlo”.



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