Giorgio Napolitano è di nuovo presidente della Repubblica, il primo nella storia italiana ad affrontare il secondo mandato. Il Capo dello Stato ha ottenuto 738 voti, staccando di oltre 500 preferenze il candidato del Movimento Cinque Stelle Stefano Rodotà (fermo a 217). Proprio quest’ultimo, dopo aver appreso l’intenzione dei grillini di portarsi in massa davanti a Montecitorio per protestare, ha preso con decisione le distanze dal Movimento e da Beppe Grillo: “Sono sempre stato contrario alle marce su Roma”, ha detto il giurista. Alcuni grandi elettori, inoltre, hanno rivolto urla e cori (tra cui “buffoni, buffoni”) agli esponenti M5S che, dopo l’elezione di Napolitano, hanno preferito rimanere seduti senza unirsi alla standing ovation dell’Aula della Camera. Anche Clemente Mimun, direttore del Tg5, contattato dal ilSussidiario.net, si dice convinto che in questo momento l’Italia ha bisogno di tante cose e anche decisamente urgenti, ma di certo non di una marcia sulla capitale.



Iniziamo dal principio. Cosa ha pensato quando le maggiori forze politiche hanno annunciato di voler convergere su Giorgio Napolitano?

Quella di votare Napolitano è stata più che altro un’intenzione dei cosiddetti partiti “tradizionali”, a cui Grillo e Vendola si sono detti contrari. Credo sia stata una scelta molto responsabile, anche perché in un momento di assoluta crisi politica possiamo tornare a contare su un garante capace e rodato, con un alto senso dello Stato e che, tra l’altro, aveva già fatto sapere di non voler restare al Quirinale per nessuna ragione al mondo. Sono quindi convinto che Napolitano, accettando la candidatura, si sia sacrificato personalmente per il bene del Paese.



Cosa comporta adesso la sua elezione?

Innanzitutto possiamo tornare a renderci credibili agli occhi del mondo, confermando di aver mantenuto in carica un uomo considerato dalle cancellerie europee e dal presidente degli Stati Uniti un vero garante della democrazia, europeista convinto e capace di mantenere rapporti eccellenti con le altre nazioni.

Dal punto di vista italiano invece?

Sono certo che Napolitano saprà ripartire da dove era rimasto prima dei saggi, cioè dalla necessità di formare un governo tenendo conto del risultato elettorale e di metter mano alle maggiori priorità per il Paese, vale a dire i provvedimenti economici necessari ad affrontare la spaventosa crisi e un concreto impulso alle riforme, a cominciare da quella elettorale.



Intanto Rodotà prende le distanze da Grillo…

Tutti lo descrivono come un uomo altamente legato alle istituzioni, quindi mi sarei stupito se non avesse detto niente di fronte a un Grillo che grida al golpe, al colpo di Stato e che annuncia una sorta di marcia su Roma. Ciò che mi ha sorpreso, invece, è che di fronte a tutto ciò abbia deciso di non ritirarsi. Credo che avrebbe dovuto chiamarsi fuori molto prima.

Anche Vendola, prima della sesta votazione, ha annunciato che non avrebbe votato Napolitano. Cosa teme Sel? 

Vendola è ovviamente spaventato dall’inciucio. Avrebbe voluto spostare l’asse del Pd a sinistra, ma si è ritrovato a dover fare i conti con un partito estremamente diviso che al momento non è in grado di assumere alcuna decisione. Si può comunque dire che Vendola, da come si è comportato, ha dimostrato una certa coerenza.

 

A chi giova di più l’elezione di Napolitano, anche in vista della formazione del governo?

Oltre a giovare al sistema politico nel suo complesso, l’elezione di Napolitano permette al Partito Democratico di avere più tempo a disposizione per riorganizzarsi e riunirsi in un congresso che possa svolgersi in un contesto di sicurezza istituzionale. Ribadisco, però, che chiunque pensi adesso che un uomo come Napolitano possa avere particolari aspirazioni o interessi personali dimostra solamente di non aver capito niente.

 

Come giudica il “dramma” che si sta consumando nel Pd?

 

Considero un eventuale recupero di unità all’interno del Partito Democratico come una grande risorsa per il sistema politico e per la democrazia italiana. Non sono tra quelli che si diverte a vedere il Pd dilaniato da mille battaglie interne.

 

Il Pdl invece come esce da queste operazioni di voto?

Ha ottenuto il suo grande risultato, vale a dire la non elezione di Romano Prodi che sarebbe stata considerata un vulnus insuperabile riguardo la possibilità di dar vita a un governo. Le ultime elezioni, come sappiamo, hanno dato vita a tre minoranze: quella guidata da Bersani, quella guidata da Berlusconi e quella guidata da Grillo. In un momento di grave crisi come quello attuale e di fronte a tutti i “no” di Grillo ad ogni eventualità, è normale immaginare che a breve le forze “tradizionali” daranno vita a una qualche forma di governo attraverso cui superare le secche della crisi.

 

E’ quello che farà Napolitano?

In questo momento, come dicevo, considero il sacrificio di Napolitano un grande regalo al Paese. Vorrei ricordare che sette anni fa il Capo dello Stato venne eletto solo grazie ai voti della sinistra, mentre adesso si è guadagnato la fiducia di tutti gli schieramenti politici, Lega compresa. Credo che nessuna istituzione italiana possa vantare un così alto gradimento. Il nostro Paese è in difficoltà e ha bisogno dell’aiuto di tutti, non certamente di una marcia su Roma.

 

(Claudio Perlini)