Anche prima che i falchi tiratori disastrassero il Pd, l’elezione dei presidente della Repubblica era il nodo fondamentale da sciogliere per sbloccare la situazione sul fronte del governo. Ora il nodo è sciolto ed è ragionevole presumere che la nomina del premier arriverà in tempi rapidi. Napolitano, infatti, non ha di certo bisogno di prender tempo per adattarsi al suo “nuovo” ruolo e riflettere sul da farsi. Dalla sera delle elezioni, ormai quasi due mesi fa, ha indicato nelle larghe intese l’unica strada realmente percorribile. Si andrà in questa direzione, è indubbio. Ma in che termini esattamente? Lo abbiamo chiesto a Fabrizio Rondolino, giornalista e scrittore.



In queste ore uno de nomi che circolano maggiormente per la guida del governo è quello di Giuliano Amato.

Di Amato è nota la stima che Napolitano nutre nei suoi confronti, e la sua nomina risponderebbe perfettamente all’identikit di governo del presidente. L’unico problema è che ha un immagine piuttosto logorata, mentre il nuovo governo dovrebbe dare un segnale di discontinuità e innovazione.



L’altro nome che circola è quello di Enrico Letta.

Pur essendo un politico fin dalla nascita, per età e cultura, è da considerarsi un innovatore e un riformista; l’ipotesi è complicata dal fatto che, essendo un esponente di primo piano del Pd, il governo si connoterebbe in senso marcatamente politico e, a quel punto, dovrebbero farne parte gli esponenti dei partiti. Che è quello che vuole Berlusconi ma non il Pd.

C’è una terza alternativa?

Se questi nomi sono usciti così vistosamente sui giornali, è evidente che non si stratta solo di una voce, ma di una fonte. Ovvero, vi è un fondamento di verità. Tuttavia, è impensabile che non ci sia una terza ipotesi. Potrebbe essere un tecnico di area Pd.



Secondo lei il governo non sarà politico?

Mi sembra difficile. Non c’è dubbio che la base parlamentare che lo sosterrà sarà di larghe intese, e composta dal Pd, dal Pdl e da Scelta civica. Ma quanti più ministri ne faranno parte, tanto maggiore risulterà la spaccatura del Pd. Larga parte del partito, infatti, specialmente a sinistra, non accetterà mai il famigerato inciucio con Berlusconi. 

Sarà, quindi, tecnico?

Lo escluderei. I tecnici attuali, anzitutto, hanno scontentato tutti. Napolitano, inoltre, ha posto come condizione per essere rieletto un impegno diretto dei partiti nel prossimo governo.

Come si giunge alla quadratura del cerchio?

Con un’operazione analoga alla creazione delle due commissioni di saggi. Gli stessi esponenti dei due gruppi – magari, ovviamente, non tutti – potrebbero facilmente essere destinati alla compagine governativa.

 

Che scopo dovrebbe avere un tale governo?

Vanno realizzate quelle misure economichein grado di rilanciare l’economia e occorre modificare l’assetto istituzionale e costituzionale sul fronte della legge elettorale, del superamento del bicameralismo perfetto e del rafforzamento dei poteri del premier. L’importante è che tutto sia fatto in fretta, per evitare che si logori, come normalmente accade, il rapporto con i cittadini e l’opinione pubblica.

 

E’ possibile che una scissione del Pd modifichi gli assetti parlamentari al punto da fargli perdere il diritto alla precedenza a nominare il premier?

Non credo. Se ipotizziamo una scissione all’interno del Pd, non saranno più di un’ottantina coloro che lasceranno il partito. Gli resterebbero comunque, grazie al premio di maggioranza, un numero di deputati e senatori sufficiente per essere la prima forza parlamentare.

 

(Paolo Nessi)