La catastrofe è stata evitata per un soffio, Prodi e Marini sono stati politicamente eliminati del tutto, l’intera dirigenza Pd si è dimessa, il partito è andato in frantumi. E il governo di larghe intese, l’inciucio per non cedere al quale Bersani ha temporeggiato a oltranza, scongiurato l’M5S di sostenerlo, preso insulti da Grillo, si farà. Dopo il discorso inequivocabile di Napolitano durante la cerimonia di insediamento (“i risultati complessivi delle elezioni indicano tassativamente la necessità di intese tra forze diverse per far nascere e per far vivere un governo oggi in Italia), abbiamo fatto il punto sulla situazione con l’editorialista del Corriere della Sera, Piero Ostellino.



Ora che succede?

Si fa quello che Napolitano ha concordato con i partiti che gli hanno chiesto di accettare la rielezione. Anzi, d’ora in poi, a dettare la linea, sarà il monarca Giorgio I.

Giorgio II, casomai.

No, I. Con il secondo mandato, in sostanza, è come se l’Italia, per la prima volta, fosse passata da una Repubblica parlamentare ad una monarchia costituzionale.



In ogni caso, crede realmente che i partiti terranno fede alle loro promesse?

Mi limito ad osservare che, con questa rielezione, hanno perso notevole peso. E che gran parte del potere che avevano si è trasferito a Napolitano.

Il capo dello Stato ha detto: «se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al Paese». E’ una minaccia di dimissioni nel caso i partiti dovessero giocargli brutti scherzi?

No, è una minaccia di sciogliere le Camere e andare subito a nuove elezioni. Certo, magari si dimetterà subito dopo. Ma i partiti temono il ricorso immediato alle urne.



Lei crede che abbiano concordato il governo di larghe intese?

Indubbiamente. Mi sembra l’ipotesi, del resto, più logica e ragionevole in un contesto del genere.

Riusciranno a istituirlo in tempi rapidi?

Devono riuscirci. Altrimenti, Napolitano li accuserà di aver tradito il patto.

Chi potrebbe esserne il premier?

L’ipotesi più probabile è Giuliano Amato.

Da chi sarà formato?

Da politici, indubbiamente. Come, del resto, ha chiesto il capo dello Stato.

Con un governo di politici, il Pd non rischia di implodere definitivamente?

Il Pd è già imploso definitivamente. Per una semplice ragione: alla sua sinistra è nato l’M5S mentre, con le primarie, si è trasferita al suo interno parte della cultura dei 5 Stelle. Si è trovato, dunque, nella condizione in cui si è sempre trovato il comunismo nel corso di tutta la sua storia, e che si riassume nel motto francese: pas d’ennemi à gauche, ovvero, nessun nemico a sinistra. A un certo punto, ogni passo del Pd è stato dettato dalla volontà di eliminare il nemico a sinistra. Ebbene, avendo tale nemico, oltre che a sinistra, anche al suo interno, l’implosione era inevitabile.

 

Tutto ciò ha resuscitato politicamente il centrodestra?

Semplicemente, il centrodestra aveva ragione: non c’era motivo di escluderlo dall’ipotesi di governo e l’esclusione è rientrata. 

 

Berlusconi torna a dettare la linea del centrodestra. Tornerà determinante anche rispetto alla politica italiana?

Che Berlusconi detti la linea nel centrodestra, non è mai stato in discussione. Se riuscirà a condizionare ancora la politica italiana, si vedrà con il tempo.

 

Berlusconi, affermando che correrà anche alle prossime elezioni, ha ricordato l’età di Napolitano e si è detto convinto che «per stare al governo servono anche esperienza e capacità».

Beh, non posso che essere d’accordo.

 

E’ stato notato un paradosso: l’ultimo comunista garante del centrodestra.

Vede, Napolitano, semplicemente, ha applicato il principio di realtà. Non dobbiamo dimenticare che il presidente della Repubblica proviene dal partito di Gramsci che, a sua volta, era un grande esegeta di Machiavelli. Fautore di una cultura, quindi, che impone di fare i conti con la realtà effettuale. Del resto, la grande forza del Partito comunista è sempre stato l’estremo realismo. Una forza che è mancata ai suoi eredi. Che pensavano di essere diventati qualcos’altro, ma sono rimasti uguali a se stessi, limitandosi a cambiare nome e perdendo la sfida con la storia. 

 

(Palolo Nessi)