Con il suo discorso di insediamento, Giorgio Napolitano ha espresso, nel modo più alto e incisivo possibile, quel senso del bene comune che la stragrande maggioranza degli italiani intuisce e condivide ma che il sistema politico, ormai da molti anni, non è più in grado di cogliere e tradurre in concreti atti di governo.



Marcando un enorme scarto tra l’essenziale sobrietà delle sue parole, colme di senso dello Stato, e le tristi pratiche politiche dei giorni scorsi, Napolitano ha messo a nudo il nocciolo del problema che travaglia la nostra democrazia in questo difficile passaggio storico. La trama del ragionamento del Presidente è molto chiara: sollecitato dalle forze politiche e dai presidenti di regione – più vicini alla gente e ai suoi problemi – egli si è sentito in dovere di rispondere, in spirito di servizio e senso di responsabilità, ad una chiamata non attesa e non voluta.



In questa chiave, il Presidente si è poi richiamato ai valori dell’Italia – citando, tra l’altro, il suo intervento al meeting di Rimini del 2011 – nel quadro della costruzione dell’Europa. Da qui ha poi sottolineato la centralità del lavoro, il ruolo delle donne, la questione del Meridione. Chiedendo a tutti la disponibilità a lavorare lealmente per risolvere i problemi della casa comune.

Politicamente, Napolitano fa sapere ai partiti di avere in mano una carta importante. Il suo sacrificio costituisce, a questo punto, un elemento di discrimine, un criterio di giudizio per il comportamento di tutti. Nessuno lo può dimenticare: le astuzie e i tatticismi di parte che ci hanno portato fino a qui non saranno più tollerati da chi – il nuovo Presidente – non ha chiesto nulla ed è stato spinto a metterci la faccia e la vita. Come ha scritto efficacemente Giacomo Poretti su La Stampa, il Paese, che sembra non essere capace di diventare adulto, si e ancora una volta rivolto al nonno per cercare di scorgere la strada del proprio futuro. E trova un uomo integro, capace di incarnare, nella sua persona e nella sua storia, l’unità tra culture diverse, in una sintesi capace di riconoscere ciò che le accomuna. Sfidando il nichilismo imperante che fa della capacità di cogliere rapacemente l’occasione – a prescindere da ciò che viene prima e da ciò che viene dopo – l’unica logica d’azione.



Ascoltando Napolitano veniva da pensare ad un ideale arco di tempo. Quello che inizia nei lontanissimi anni Venti e Trenta del 900, gli anni dell’infanzia e della giovinezza del Presidente – quelli dolorosi del fascismo e della guerra – e che poi, attraverso la lunga stagione della ricostruzione post-bellica, approda alla speranza europea ma anche al tramonto economico e allo sfaldamento morale del nostro paese.

Custode di questa lunga memoria, Napolitano dice a tutti gli italiani che si può e si deve guardare avanti. A condizione di tornare a guardare la storia, come sfondo e contenitore della pur importante vita quotidiana di ciascuno. Come appoggiato idealmente a quel lungo arco di storia che ha attraversato con la sua lunga vita, Napolitano dà una sonora lezione a quella classe politica che da anni è vittima dei suoi stessi giochi, degli intrighi e delle lotte intestine e che troppo spesso nasconde, dietro a fiumi di parole e di richiami ai valori, miseri disegni di potere.

Per la seconda volta in 18 mesi, Napolitano prende così per mano il sistema politico e lo rimette in piedi. A mani nude, lui, un uomo di 88 anni, fa quello che tutti noi non riusciamo a fare. Nelle prossime ore, come già negli ultimi due giorni, i ringraziamenti e le lodi suoneranno all’unisono. Ma, spetta a noi, all’opinione pubblica, vigilare contro l’ipocrisia. L’unico modo di ringraziare il Presidente è far proprio il suo spirito, che vede il potere come servizio orientato al bene comune nella capacità di dare cittadinanza all’altro come condizione per la ricerca delle necessarie convergenze.

Ecco, servizio, bene comune, responsabilità, riconoscimento reciproco, concretezza: è da questo vocabolario, distintamente riconoscibile nel discorso del Presidente, che può nascere una nuova stagione per la repubblica, un nuovo futuro per i nostri giovani, un nuovo respiro per l’Europa.