«Il modello Sicilia», sbandierato come esempio di dialogo possibile con il movimento di Grillo, finisce sotto le macerie della politica nazionale. Travolto dall’antagonismo a tutti i costi dei 5 Stelle che hanno prima sbeffeggiato il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, negandogli la possibilità di dare vita ad un governo e, poi, definendo un «golpe» la rielezione di Giorgio Napolitano a presidente della Repubblica, che ha accettato solo per evitare la deriva politica, economica e sociale del Paese. I «grillini», probabilmente, non hanno perdonato l’attivismo di Rosario Crocetta che, insieme con gli altri presidenti di regione, è salito al Quirinale per convincere l’anziano inquilino a rimanere al suo posto, sapendo che la condizione sarebbe stata quella di dare subito un governo all’Italia. Governo che, considerata la frammentazione della rappresentanza politica, può essere solo un esecutivo delle larghe intese. Una prospettiva che i «grillini» hanno subito battezzato «modello inciucio» che potrebbe essere importato anche in Sicilia. Anzi, hanno già decretato che «la rivoluzione Crocetta è finita prima di cominciare».



La dura presa di posizione del Movimento 5 Stelle, evidentemente, risente delle vicende politiche nazionali, ma ci sono anche delle ragioni tutte siciliane che hanno il loro peso. I «grillini» all’Assemblea Regionale Siciliana hanno sempre dato prova di pragmatismo, votando quasi tutti i disegni di legge proposti dal governo regionale. Hanno avuto un ruolo decisivo nell’iter parlamentare che ha portato all’abolizione delle Province, mentre si sono dichiarati contrari alla doppia preferenza di genere perché, secondo loro, può favorire il controllo del voto. Provvedimento sostenuto, invece, dal Pdl. Può essere questo unico episodio la causa scatenante della rottura con Crocetta? Troppo poco. Può esserci del rammarico sul fatto che in commissione Bilancio, l’assessore all’Economia, Bianchi, non abbia consentito l’approvazione neanche di uno dei 160 emendamenti presentati. Può essere. Però, il cammino dei documenti finanziari è ancora lungo e tortuoso. E non è detto che alcuni emendamenti non possano essere riproposti. E i deputati «grillini», che non sono degli sprovveduti, lo sanno bene.



Alla base della rottura potrebbero esserci le parole con cui Crocetta ha stigmatizzato il comportamento di Grillo: «Ho ribrezzo per coloro che dicono che è stato un colpo di Stato eleggere Napolitano presidente della Repubblica». Che il comico-guru si sia offeso ed abbia ordinato la presa di distanze? Ma si tratta, pur sempre, di una polemica politica legittima, che risente dell’attuale stato di tensione. Mettere sullo stesso piano ciò che accade a Roma e ciò che succede in Sicilia potrebbe essere un errore. Anzi, è già costato tanto nel passato remoto e recente.

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