Abbiamo un presidente del Consiglio, e questo è positivo. Le precisazioni e le sottolineature con cui ha assunto l’incarico, tuttavia, aprono una serie di interrogativi. Enrico Letta, infatti, ha spiegato di aver accettato «con riserva» e che «il governo non nascerà a tutti i costi»; poi, parlando del peso che ha deciso di sobbarcarsi per senso di responsabilità, ha aggiunto: «se posso permettermi, lo sento più forte e pesante della mia capacità di reggerlo». In serata, infine, conversando con in cronisti, ha ammesso che «siamo in terra incognita, passo passo si capiscono modalità e obiettivi». Abbiamo chiesto all’editorialista de Il Corriere della Sera, Angelo Panebianco, quali sono le prospettive della compagine governativa che viene costruita in questa ore.
Come interpreta le parole di Letta?
E’ evidente che si sarebbero presentate quelle difficoltà che, ora, Letta dovrà superare. Le sue dichiarazioni sono legate, quindi, ad una semplice ragione di prudenza.
A quali difficoltà si riferisce?
La prima, la più importante, riguarda l’impossibilità, al momento, di conferire un baricentro stabile al Pd. Se, a brevissimo termine, non si troverà una soluzione in grado di stabilizzarlo, tale incapacità si rifletterà pesantemente sulla vita del governo. Non dimentichiamo che la bocciatura di Giuliano Amato potrebbe essere destinata a provocare delle ripercussioni.
Cosa intende?
Presumibilmente, il veto sull’ex presidente del Consiglio è stato posto dal Pd. Non da tutto il partito, ovviamente. Attualmente, sotto le insegne democratiche, coabitano 7-8 fazioni distinte. Ebbene, resta da capire come si orienterà, rispetto all’azione dell’esecutivo, quella che avrebbe preferito Amato a Letta. Non dimentichiamo che parliamo dello stesso partito che ha affondato, solo pochi giorni fa, due progetti opposti: quello legato alla candidatura di Marini, e quello legato alla candidatura di Prodi. E’ evidente, quindi, che il gruppo non esiste più. E’ immaginabile che Letta, tenendo conto di questa situazione, abbia deciso di agire con estrema cautela. Ma c’è un altro fattore che complica lo scenario.
Ci spieghi.
Quanto più il Pd mostra di essere diviso, tanto più Berlusconi è indotto ad alzare la posta in gioco. Mi riferisco, per esempio, alla richiesta di abolizione dell’Imu.
Cosa cambierebbe se i democratici non risultassero così deboli?
Berlusconi si considererebbe sufficientemente accontentato. Ha già ottenuto molto: era stretto in un angolo, era possibile che fosse eletto un presidente a lui ostile, che si formasse un esecutivo di minoranza con a capo Bersani, e che si andasse a elezioni con il Pd al governo. Ora, invece, può permettersi di rigirare il coltello nella piaga.
Data la situazione, è ancora possibile che si formi un governo forte?
Ne dubito. Le premesse indicano il contrario. Il governo potrà essere forte esclusivamente nel caso in cui Napolitano riesca a tenere la barra. Si tenga conto del fatto che Amato sarebbe tornato utile al capo dello Stato proprio perché ne avrebbe alleviato i compiti, disponendo di grande autorevolezza da spendere in sede europea.
E Letta no?
Letta, indubbiamente, ha il vantaggio dell’età. Sconta, tuttavia, il fatto di appartenere a quel gruppo dirigente dilaniato da lotte intestine. Significa che ha molti nemici interni che avranno contro di lui ragioni che non avrebbero avuto contro Amato. Il quale, ormai, non è più in gara per chissà quale futuro politico.
Pare che Berlusconi abbia posto il veto su Renzi perché, ipotizzando che sarà il suo sfidante alle prossime elezioni, non voleva dagli il vantaggio della premiership.
Sicuramente, lo teme. Renzi, un domani, potrebbe metterlo in seria difficoltà. Sempre che il Pd non si sfaldi definitivamente.
Cosa ne sarà, invece, di Scelta civica?
E’ un’aggregazione elettorale che resterà tale fino alle prossime elezioni. Dopo di che, alcuni dei suoi esponenti andranno con Renzi, altri con Berlusconi.
(Paolo Nessi)