Dal momento in cui Giorgio Napolitano gli ha conferito il ruolo di presidente incaricato di formare il governo, Enrico Letta si è dato da fare per trovare la squadra. In un giorno solo ha consultato tutte le forze politiche (mettendo nell’angolo con una condotta incalzante i grillini durante quello che è già uno storico incontro in diretta streaming, inchiodandoli al ruolo di oppositori). Ha raccolto subito il consenso di massima del Pdl, mentre più difficile è stato trovare un accordo con il Pd, ma per problemi interni al partito. Fino all’ultimo il suo stesso partito è apparso ancora diviso; basti vedere la dichiarazione rilasciata da Pierluigi Bersani sabato mattina dopo un ulteriore incontro con Letta che gli diceva, quasi una minaccia, che formare un governo non era obbligatorio. Diversi gli esponenti del Pd, infatti, che ancora non accettano l’alleanza con il Pdl di Berlusconi.
Negli ultimi due giorni poi incessante è stato il totoministri: proprio qui Letta ha dovuto costruire gli accordi con i due maggiori partiti che lo sostengono, Pdl e Pd. A un certo punto Berlusconi aveva avanzato la propria candidatura al ministero del Tesoro. Ma Letta aveva in mente un governo giovane, fatto per quanto possibile di personaggi mai saliti in quel ruolo e soprattutto che non avessero preso parte ai precedenti governi Prodi e Berlusconi (il quale fino all’ultimo ha chiesto l’ingresso di Brunetta nell’esecutivo). A tagliare la testa al toro è stato uno dei candidati che sembravano più sicuri, Mario Monti, che si è ritirato dalla corsa. Così facendo ha eliminato automaticamente nomi come D’Alema e Amato e lo stesso Berlusconi. Largo ai giovani, come ha sottolineato orgogliosamente lo stesso Letta quando ieri pomeriggio alle 17, dopo un nuovo incontro con Napolitano, ha finalmente sciolto la riserva e annunciato la squadra.
Una squadra che vede come vicepresidente del consiglio con delega al ministero degli interni proprio il segretario del Pdl, Alfano, a sottolineare quelle larghe intese finalmente raggiunte. Tra i politici di navigata carriera si segnala Emma Bonino al ministero degli Esteri, mentre unica concessione al profilo tecnico è l’attuale direttore di Bankitalia Fabrizio Saccomanni che diventa ministro dell’Economia. Da Scelta civica sono stati invece chiamati Mario Mauro, nuovo ministro della Difesa, e Enzo Moavero agli Affari europei, ruolo già ricoperto durante il governo Monti. Altro nome proveniente dal governo Monti è Annamaria Cancellieri, che va alla Giustizia. Maurizio Lupi è ninistro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini (finora alla guida dell’Istat) va al Lavoro. Alla Coesione territoriale Carlo Trigilia. Ai Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini. Ministro per le Pari opportunità è Iosefa Idem, campionessa olimpionica di area Pd. Titolare della Semplificazione è Giampiero D’Alia. Flavio Zanonato, sindaco di Padova al terzo mandato, va allo Sviluppo economico. Alle Politiche agricole, Nunzia De Girolamo. Il ministero dell’Istruzione, Università e ricerca va a Mariachiara Carrozza. Gaetano Quagliariello è ministro per gli Affari costituzionali. Ministro dell’Ambiente Andrea Orlando. Cecile Kyenge, primo ministro di colore della storia italiana, originaria del Congo, è ministro dell’Integrazione e infine Massimo Bray ai Beni culturali e al turismo.
Giorgio Napolitano, parlando subito dopo Enrico Letta, ha voluto minimizzare il suo ruolo nella nascita di questo governo, sottolineando come non ci sia bisogno di “formule speciali” per definirlo: “E’ un governo politico, formato nella cornice istituzionale e secondo la prassi della nostra Costituzione e della nostra cultura parlamentare”. Commentando il nuovo governo Silvio Berlusconi ha invece detto come il Pdl nel discutere con Letta non abbia posto alcun paletto, escludendo anzi persone che fossero già state ministri in precedenti governi. E’ stato il nostro contributo, ha detto, a far nascere il governo in poco tempo. Vito Crimi, capogruppo al senato del M5S ha invece detto come i nomi non fanno la differenza: “Tranne qualcuno, girano tutti intorno alla vecchia politica”. I nomi dei ministri, ha aggiunto, non ci faranno cambiare opinione “su come è nato questo Governo e sulle dinamiche. Per noi contano i fatti. Resta un programma preciso. Vedremo”. L’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani ha rilasciato un commento lapidario: “Nel necessario compromesso della squadra c’è freschezza e c’è solidità”, mentre Maroni su twitter ha festeggiato l’esclusione di Mario Monti dalla rosa dei ministri: ottima notizia, ha scritto. Critici anche gli esponenti di Sel: “La lista dei ministri presentata da Enrico Letta non cambia il nostro giudizio negativo sul profilo e sulla natura politica del nuovo governo: le larghe intese”.
Beppe Grillo ha affidato a twitter il suo commento sul nuovo governo: “Con il governo Letta il terzo giorno è resuscitato Barabba”. La frase fa riferimento al modo con cui Enrico Letta aveva concluso il suo incontro con i dirigenti M5S, quando il presidente del Consiglio li aveva invitati a liquidare la frase “il 25 aprile è morto” dello stesso Grillo.