“No all’inciucio, siamo più dei 101”. Lo striscione apparso giovedì scorso tra le strade di Roma, durante il corteo per le celebrazioni del 25 aprile, riassume in una manciata di parole la profonda ferita apertasi all’interno del Partito Democratico. I parlamentari che hanno affondato la candidatura di Romano Prodi al Quirinale, quei “franchi tiratori” che hanno di fatto spinto Pier Luigi Bersani alle dimissioni, invocano adesso una “rigenerazione” del proprio partito, colpevole di aver messo in piedi un governo basato sulla collaborazione con il Pdl. Dietro quello striscione, tra la folla, c’era anche il deputato Pd Pippo Civati, contattato da IlSussidiario.net.



Cosa sta accadendo nel Partito democratico?

E’ ormai evidente la volontà di andare fino in fondo con questo governo, senza discuterne più di tanto con chi ha chiaramente espresso disagi o malumori a riguardo. Per il momento non c’è alcun dibattito, si sono limitati a far sapere che chi non è d’accordo verrà espulso.



Un’eventuale scissione è quindi immaginabile?

Difficile da dire, però se davvero dovesse avvenire sarebbe stata certamente procurata. In assenza di una possibilità di confronto e del riconoscimento delle preoccupazioni e delle perplessità che molte persone hanno espresso in questi giorni, allora non si tratterà di scissione ma di una sorta di inevitabile implosione. A me questo ovviamente dispiace, ma in più occasioni ho tentato di segnalare la presenza di evidenti problemi, anche rispetto alla decisione di lasciare tutto nelle mani di Napolitano nonostante fosse chiaro ciò che il Capo dello Stato avrebbe suggerito.



Per questo motivo lei non ha votato a favore della rielezione di Napolitano?

Ma certo, a quel punto non c’era più alcun dubbio che si sarebbe venuto a creare un governissimo. Lo stesso Napolitano non ne ha mai fatto mistero e dopo il discorso in Aula si è capito non solo che andavamo verso quella soluzione ma addirittura che, se non verranno votate le riforme condivise con Berlusconi, il Capo dello Stato sarà pronto a dimettersi. Un gesto molto forte ma allo stesso inconsueto, visto che il presidente della Repubblica dovrebbe essere il garante dell’unità nazionale e distante dalle vicende politiche.

Lei voterà la fiducia a questo governo?

In questo momento no, ma semplicemente perché non ho alcun elemento per capire cosa stia realmente accadendo. Attualmente non posso fare altro che confermare la mia linea, vale a dire “mai a Berlusconi e mai al governissimo”, quindi prima di dare la fiducia a questo governo vorrei saperne qualcosa di più attraverso un concreto confronto.

Come giudica invece le parole di Boccia riguardo le espulsioni? 

La sua cultura politica è decisamente diversa dalla mia. Sono dell’idea che il nostro partito sia “democratico” proprio perché dovrebbe ascoltare chi non è d’accordo. Si dovrebbe tentare di capire dov’è il punto di rottura e coinvolgere in un dibattito chiunque sia interessato, mentre al momento è stato solamente possibile stabilire che chi non voterà la fiducia al governo verrà cacciato. Inoltre non dimentichiamo che Boccia è il numero due di Enrico Letta, quindi è come se quelle affermazioni fossero arrivate proprio dal premier incaricato, il premier delle larghe intese che però butta fuori dal partito i deputati e senatori che non sono d’accordo. Mi sembra davvero incredibile.

 

Se non c’è un’ampia maggioranza sarà possibile attuare le riforme necessarie?

Francamente non so neanche quali siano queste riforme necessarie. Naturalmente so quali sono dal mio punto di vista, ma ho l’impressione che se utilizzeremo le risorse rimaste per restituire l’Imu forse stiamo andando nella direzione sbagliata.

 

Cosa fare quindi?

Innanzitutto ridurre le tasse sul lavoro e sulle imprese, intervenendo quindi sul cosiddetto cuneo fiscale, e soprattutto evitare di fare delle promesse di Berlusconi le prossime azioni di governo. Sarà necessario quindi mettersi d’accordo sul programma che questo esecutivo intende affrontare, le varie riforme che ha in mente e il tempo che impiegherà per realizzarle.

 

Entrerà a far parte del progetto del ministro Barca?

E’ un progetto interessante e ne stiamo parlando. Certamente Barca si muove in un ambito molto simile al mio e sono convinto che il Pd abbia decisamente bisogno di figure come la sua. Se poi sarà lui a mettersi in prima linea non è ancora chiaro e ne discuteremo nelle prossime ore, ma al momento il vero problema non sono i nomi, ma la politica che sosterremo.

 

Quanto crede sia a rischio la coesione del Paese?

Non saprei, ma sicuramente è un argomento che in molti stanno affrontando con grande superficialità e leggerezza. Bisognerà soprattutto capire che capacità avrà il governo Letta, insieme all’alleato Berlusconi, di parlare al Paese e fare quelle cose che i cittadini si aspettano. Dovremmo vedere, quindi, se questo sarà un governo capace di invertire quella situazione che, tra l’altro, lo stesso Berlusconi ha contribuito a creare in questi ultimi 20 anni.

 

(Claudio Perlini)