“Monti potrebbe fare un decreto di due righe con cui stabilisce che abroga il Porcellum e rivive il Mattarellum”, ha dichiarato Beppe Grillo nei giorni scorsi. Il costituzionalista Valerio Onida, uno dei quattro saggi incaricati da Giorgio Napolitano di esaminare le riforme istituzionali, gli ha replicato: “Sarebbe molto, molto singolare che si intervenga con un decreto. Il governo Monti esercita l’ordinaria amministrazione, non è un governo espresso in questa legislatura: che adotti un provvedimento operativo mi sembrerebbe incredibile. Deve intervenire il Parlamento”. Ilsussidiario.net ha intervistato Marco Olivetti, ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Foggia.



Monti potrebbe modificare la legge elettorale per decreto come proposto da Grillo?

A questa domanda è difficile dare una risposta per due ragioni. La prima è che ormai con decreto legge si tende a fare ogni cosa. E la seconda è che sta entrando sempre più in crisi anche l’idea che un governo in prorogatio come quello di Monti incontri dei forti limiti. Nonostante questo, se si modificasse la legge elettorale con un decreto mi sembrerebbe una scelta davvero estrema e poco giustificabile nella logica del nostro diritto costituzionale. Tantopiù che comunque quel decreto legge dovrebbe poi essere convertito in legge dal Parlamento.



E se a chiedere un decreto-legge fosse il presidente Napolitano?

Anche questo credo che sarebbe improprio. Ci troviamo in una situazione fortemente anomala, perché abbiamo un governo che è in carica per gli affari correnti, e che si è dimesso in quanto nella scorsa legislatura gli era stato tolto il sostegno parlamentare. Nel frattempo ci sono state nuove elezioni, dalle quali oltre a un nuovo Parlamento deve derivare anche un nuovo governo. Il grado di legittimazione che ha questo governo, e anche quello che ha il presidente della Repubblica, che è a fine mandato, sono entrambi debolissimi.



L’unica strada percorribile è quindi una modifica da parte del Parlamento?

L’attuale Parlamento naturalmente può cambiare la legge elettorale. Il problema è se possa farlo prima che ci sia un nuovo governo, e io continuo a credere che non possa. Questa tesi sostenuta da ambienti vicini al Movimento a 5 Stelle nelle scorse settimane, sulla base dell’idea che il Parlamento possa legiferare anche se nel frattempo non si è formato un governo, è incompatibile con il modo in cui il nostro sistema costituzionale funziona. Perché le Camere approvino leggi interamente nuove ci deve essere un governo con la fiducia del Parlamento.

 

Una sentenza della Corte costituzionale ha stabilito che il sistema elettorale per Camera e Senato deve essere diverso, in quanto la Costituzione prevede che il Senato sia eletto su base regionale. Più che il Porcellum andrebbe cambiata la Costituzione?

Bisogna vedere in primo luogo come vada interpretata questa frase della nostra Costituzione secondo cui “il Senato è eletto su base regionale”. La Corte costituzionale non ha dichiarato che la distribuzione dei seggi debba avvenire esclusivamente su base regionale, come accade con l’attuale sistema elettorale. Resta il fatto che se c’è un problema costituzionale aperto in Italia, è il modo in cui funziona il nostro bicameralismo. Se noi fossimo in qualsiasi altro Paese europeo, eccetto la Romania, il problema di governabilità non esisterebbe perché in tutte le repubbliche parlamentari il governo deve avere la fiducia della sola Camera bassa. L’anomalia sta nel fatto che in Italia è necessaria anche la fiducia del Senato. Se si vuole risolvere il problema bisognerà affrontare questa situazione, anche se questa anomalia richiede una riforma costituzionale, e quindi a maggior ragione non basta un governo che si trascina semplicemente perché non se ne riesce a formarne un altro.

 

(Pietro Vernizzi)