Diciotto mesi per varare quelle riforme che la politica non è riuscita a realizzare in decenni: il superamento del bicameralismo perfetto, l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e la piena applicazione dei dettati costituzionali che li prevedono o la tanto agognata riforma della legge elettorale, tanto per citarne qualcuna. Certo, il programma di Enrico Letta, annunciato durante il suo discorso alla Camera per chiedere la fiducia, è particolarmente ambizioso, ma chissà. Forse, è la volta buona. Ne è convito Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera. Abbiamo commentato con lui l’intervento del presidente del Consiglio.



Letta ha dichiarato che tra i primi interventi del governo ci sarà la sospensione della rata di giugno dell’Imu. Si tratta del prezzo da pagare al sostegno di Berlusconi?

Prima della campagna elettorale di Berlusconi, gran parte degli italiani si era convinta del fatto che l’Imu fosse un male necessario per gli equilibri di bilancio. Poi, è tornata ad essere la tassa dello scandalo, e il centrosinistra e Monti sono stati costretti a inseguirlo su questo terreno. A questo punto, l’abolizione o la riduzione rappresentano un atto di riconciliazione simbolico tra il governo e il Paese. Tuttavia, non possiamo parlare di concessione vera e propria a Berlusconi. Il Pdl, infatti, è pur sempre convinto non solo che vada abolita, ma che quella già versata vada restituita. Letta, invece, si è limitato a sospendere la rata di giugno, rinviando ad un momento di maggiore serenità la nuova definizione dell’imposta.



Il premier, annunciando le sue imminenti visite a Bruxelles, a Parigi e e a Berlino, ha ribadito la scelta europea ed europeista. Si è trattato di un richiamo dettato dalle sue convinzioni o dalla necessità di rassicurare i mercati e, in primis, la Germania?

Non dobbiamo dimenticare che questo governo è stato composto da Napolitano, il cui europeismo è un tratto assodato. Ma è anche una caratteristica ravvisabile, da sempre, pure in Enrico Letta. Che, tra le altre cose, ha ottenuto un dottorato in Diritto delle Comunità europee, ed è stato ministro per le Politiche comunitarie ed eurodeputato. Va anche detto che le sue affermazioni sull’Europa si limitano ad enunciazioni generali di carattere etico-politico. Poco o niente è stato detto sul tema cruciale, ovvero sulla necessità di allentare i vincoli dell’austerità per rilanciare la crescita. In tal senso, è auspicabile che il suo incontro con la Merkel rappresenti il tassello di una trattativa che, se riusciremo a recuperare realmente autorevolezza, condurrà a disporre di qualche margine di operatività in più.



Cosa ne pensa, invece, delle sue ambizioni riformiste?

Credo che abbiano rappresentato la parte più sincera del suo discorso che, per il resto, è consistito in una concessione alle diverse componenti della sua maggioranza, al pubblico e persino all’M5S (si pensi alla riduzione del numero di parlamentari).

 

Perché trova che sia la più sincera?

Perchè dopo tante difficoltà, Pd e Pdl, le due forze maggiori, hanno deciso di mettersi, infine, assieme. Quando, se non in questa fase politica, potrà essere di nuovo possibile fare le riforme strutturali di cui c’è bisogno da anni e cambiare le regole comuni? Penso che se siamo arrivati al governo di larghe intese, vuol dire che i partiti sono giunti finalmente a fidarsi l’uno dell’altro al punto da fare addirittura una riforma elettorale “sotto il velo dell’ignoranza”. Ovvero, una riforma che, nel momento in cui viene realizzata, non è noto a chi gioverà. Anche la convenzione per le riforme è un progetto audace che dovrà partire adesso o mai più. I partiti sanno che queste misure rappresentano la vera carta per riconciliarsi con il Paese.

 

Non crede che al Paese interessi di più che l’economia riparta?

Indubbiamente. Ma sa anche che sull’economia non si possono fare miracoli, mentre le riforme istituzionali dipendono esclusivamente dai partiti. Se falliranno in questo, sarà il caos politico.

 

Perché ha fissato la durata del governo in 18 mesi?

Ha agganciato la durata dell’esecutivo ad un obiettivo politico spiegando che serviranno “almeno” 18 mesi. In questo modo, se il processo riformista dovesse avviarsi, potrebbe legittimamente chiedere più tempo. E, indubbiamente, gliene potrebbero servire di più. Se, per esempio, i lavori per la riforma elettorale saranno finalmente inaugurati, per portarli a termine serviranno almeno 2 anni, 2 anni e mezzo.

 

La convenzione per le riforme, posto che venga istituita, potrebbe essere presieduta da Berlusconi?

E’ fuori discussione che la presidenza vada assegnata ad un esponente del Pdl, avendo il Pd già fatto man bassa di tutte le altre cariche. Ma conferirla a Berlusconi metterebbe a repentaglio la soddisfazione con cui il Paese ha accolto questo governo; un clima derivante, in particolare, dal forte rinnovamento del personale politico. Nessuno, tra i ministri, ha infatti preso parte alla guerra civile che ha dilaniato il Paese negli ultimi vent’anni. 

 

(Paolo Nessi)