“C’è un imbarbarimento dell’uso della Rete per quanto riguarda l’informazione, ma c’è anche la perdita di capacità da parte dei lettori a distinguere la credibilità dell’informazione stessa”: Marcello Foa, intervistato da ilsussidiario.net, non nasconde la sua preoccupazione. Il recente caso della violazione delle mail di alcuni parlamentari del Movimento 5 Stelle è lo spunto per questa conversazione in cui Foa ricorda che se da una parte la Rete ha permesso una pluralità dell’informazione prima sconosciuta, dall’altra ha però è diventata anche il luogo della mistificazione e della violazione della privacy.
Il caso delle mail dei parlamentari 5 Stelle violate ha scatenato polemiche accese. Sul caso è intervenuto anche Marco Travaglio – una cui mail inviata alla deputata Sarti è finita nel calderone -, definendo gli autori di tale violazione dei “topi di fogna annidati nella Rete”.
Condivido i dubbi e le preoccupazioni che si stanno esprimendo. Se noi parliamo di protezione delle fonti raccolte da un singolo giornalista, l’anonimato è una condizione fondamentale, altrimenti il giornalista non potrebbe mai fare degli scoop così come raccogliere le notizie di cui ha bisogno. Però questo avviene quando il giornalista contatta la fonte ed è poi tutelato dalla leggi che gli permettono di non svelare chi gli ha passato la notizia. Nel caso di cui si discute, il concetto invece è l’opposto.
Ovvero?
Qui abbiamo chi viola le caselle di posta elettronica – e chissà chi sono, saranno i ribelli di anonymous o i servizi segreti – e poi le dà in pasto all’opinione pubblica. Non siamo quindi di fronte ad una fonte, ma ad un atto di pirateria che viola le norme più elementari della privacy. È un atto gravissimo. È lo stesso concetto alla base della diffusione dei conti offshore, si fonda sullo stesso pericolosissimo principio.
Pericoloso in che senso?
Pericoloso perché negli Stati di diritto la privacy è sacrosanta e soprattutto è pericoloso perché quando spari nel mucchio e metti fuori una gran mole di informazioni, non hai nessuna garanzia che queste siano affidabili. Non c’è nulla di più facile che inventarsi delle mail e poi inserirle nel pacchetto da dare ai giornalisti, e dopo vai a dimostrare che quella mail era vera o falsa… Non essendoci una fonte affidabile diventa tutto molto difficile e ambiguo. Con questo sistema si può far dire o non dire a chiunque qualsiasi cosa, è davvero una barbarie.
Qualcuno però ha fatto notare come la Rete, strumento di comunicazione privilegiato dei 5 Stelle e di Beppe Grillo, si sia in un certo senso rivoltata contro Grillo stesso.
Dell’uso della Rete da parte di Grillo va detto che è stato geniale nel creare un consenso e una capacità di condizionamento dell’opinione con un risultato fenomenale, di assoluta avanguardia e con budget molto bassi. Viene solo da dire: complimenti. Dal punto di vista etico invece il discorso è diverso.
Ci spieghi la differenza.
Parlando dal punto di vista etico o dei principi della democrazia online che Grillo vanta molto, andrei piuttosto cauto. Da un lato, sul suo blog c’è un evidente fenomeno di censura. Mi capita spesso di ricevere segnalazioni di lettori che mi dicono di essere stati bannati dal suo blog e di non poter più rilasciare commenti. Sul mio, ad esempio, metto in moderazione i più estremisti, ma quelli che mi criticano possono entrare tutti. Se vuoi fare democrazia online devi correre il rischio di pubblicare anche commenti che ti criticano e Grillo, che pure vanta la democrazia online, su questo è piuttosto censore.
Il sistema adottato da Grillo ha dimostrato di essere piuttosto fallibile anche durante le recenti primarie per il Quirinale, dove hanno votato poche migliaia di persone.
Sì, ma anche la selezione online non mi sembra soddisfacente: Grillo, quando prima era solo un opinion leader, se lo poteva permettere, ma non oggi, quando di fatto è il leader del primo partito italiano. Dovrebbe dimostrare capacità di selezione dei suoi dirigenti magari secondo modalità nuove, rifiutando ad esempio le vecchie logiche delle correnti. Ma limitarsi a una selezione solo online della sua classe politica rende tutto molto risibile.
Vale a dire?
Detto con franchezza, la qualità dei rappresentanti del Movimento 5 Stelle al Parlamento non mi sembra fenomenale, tutt’altro. E questo è un problema molto serio, perché se l’ambizione è governare il Paese devi riuscire a portare i migliori ad assumersi delle responsabilità. Questo non sta avvenendo e dimostra una incoerenza a cui poi Grillo reagisce in modo molto sbagliato.
In quale modo?
Ad esempio con l’espulsione dei deputati o vietando il dissenso, una contraddizione evidente. Fai lo streaming delle cose che ti convengono per mettere in cattiva luce i partiti, e poi al tuo interno non ammetti forme di dissenso pubblico? Sono forme di gestione del consenso preoccupanti e tutt’altro che democratiche.
Torniamo al caso delle mail violate: secondo lei si può fare un paragone con quanto fa Assange con i suoi celebri wikileaks?
A mio giudizio Assange è stato usato da degli spin doctors, esperti di comunicazione molto bravi nella manipolazione dei media, per far passare messaggi che sembrano anticonformisti o ribelli contro la violazione dei diritti da parte degli Stati, mentre sono perfettamente conseguenti e funzionali a certi disegni.
Ci spieghi meglio.
La primissima fuga di notizie di wikileaks è stata probabilmente autentica, ma quelle successive sono state in una certa misura pilotate, perché se andiamo a vedere cosa è successo dei documenti diffusi da Assange, alla fine ben poco è risultato davvero sorprendente.
Quali gli scopi, dunque?
Si voleva alimentare il mito che tutto fosse pubblico, invece così non è stato. Siamo su un livello di sofisticazione molto elevato. La Rete purtroppo ha una doppia faccia. Nella sua versione più nobile rappresenta un modo per farci conoscere idee che altrimenti prima rimanevano vincolate al consenso dei media tradizionali. Sappiamo benissimo che fino a qualche anno fa una notizia veniva data dai giornali, da radio e da tv oppure non esisteva. Oggi ci sono dei canali di informazione alternativi, che possono piacere o no ma che danno la possibilità a chi lo desidera di informarsi in maniera diversa, e questo è senz’altro positivo.
E il lato negativo?
È il fatto che, non essendoci un controllo e una responsabilità delle fonti perché sappiamo bene che è piuttosto facile mascherare le proprie identità, si diffondono notizie e pratiche che diventano violente e persuasive e questo sta diventando un problema molto serio. Il rischio della Rete è che da strumento meritorio di diffusione delle idee stia diventando uno strumento per manipolazioni, diffamazioni, diffusione di notizie non verificate.
Si potrebbe dire che anche le innovazioni tecnologiche più affascinanti e innovative, come appunto la Rete, se mancano di valori deontologici e morali si trasformano in un danno?
Certo. Quel che mi preoccupa molto è l’impreparazione dei giornalisti che dovrebbero imparare a fare la differenza. Le informazioni che prendono dalla Rete cadono spesso in una problematica: la velocità con cui si diffondono le informazioni rende sempre più difficile la verifica delle stesse, prassi che prima era molto più facile. Se infatti siamo angosciati dal fatto che il sito concorrente abbia notizie che noi non abbiamo, ciò facilita l’impulso alla pubblicazione di notizie non verificate, e questo è un problema. Anche il lettore è sempre più di bocca buona. È facilissimo diffondere filmati falsi e quando si scopre che sono falsi il massimo è una scrollata di spalle del tipo “vabbè pazienza”.
(Paolo Vites)