Dalla data del voto sono passati ormai 40 giorni, e un governo nuovo per l’Italia ancora non si vede all’orizzonte. Man mano che il tempo passa, poi, diventa sempre più chiaro che la partita per il governo e quella per il Colle hanno finito per fondersi, in un groviglio inestricabile di connessioni, che possono piacere come non piacere ai protagonisti della politica.
Difficilmente questa saldatura può essere giudicata positivamente da Bersani. Il leader Pd ha ostinatamente tentato sinora di tenere le varie partite istituzionali separate per vincerle una dopo l’altra, con una politica del carciofo del XXI secolo. Ha imposto i propri candidati alla presidenza del Senato e della Camera, ma il suo tentativo si è arenato sul veto grillino al suo tentativo di formare il governo. Ora la matassa per lui si è aggrovigliata.
Di una simile situazione, al contrario, non può che rallegrarsi Berlusconi, che ha tutto da guadagnare nel trattare su tutto, contemporaneamente. Più la torta è grande, più aumentano le sue possibilità di rivendicarne una fetta.
Fra i due schieramenti maggiori è in atto un braccio di ferro che è destinato a protrarsi almeno sino all’inizio delle votazioni per il successore di Giorgio Napolitano. Nel destino dei duellanti c’è un incontro faccia a faccia, ma non casualmente avverrà solo verso la fine della prossima settimana, praticamente alla vigilia dell’apertura del seggio elettorale in Parlamento.
In questa fase gli ambasciatori delle due parti sono all’opera, ma le posizioni rimangono ancora distanti. Bersani continua a resistere, infatti, alle aperture berlusconiane. Alla disponibilità a sostenere un governo di larghe intese manifestata dal leader del centrodestra, da Largo del Nazareno si continua a rispondere picche. Il problema – si risponde senza nemmeno troppi imbarazzi – è proprio la figura di Berlusconi. Se a guidare il centrodestra fosse qualcun altro l’Italia sarebbe un paese normale e la grande coalizione sarebbe facile da concretizzare, com’è accaduto in altri paesi in condizioni simili, come in Germania.
Al centrodestra Bersani è disposto a concedere al massimo la presidenza della convenzione sulle riforme e una compartecipazione nella scelta del futuro capo dello Stato. Scelta, beninteso, da compiere nell’ambito del centrosinistra, anche se indirizzata a personalità “alla Grasso”, fuori dal recinto dei partiti. Come un mantra i suoi uomini ripetono la convinzione che Bersani ha il diritto di formare un governo e di presentarsi in Parlamento per cercarvi una maggioranza, convinti che – prima o poi – i grillini si sfladeranno. E quindi per loro non c’è dubbio che il primo atto del nuovo capo dello Stato sarà lo scongelare l’incarico esplorativo di Bersani. Di conseguenza no a tutte le ipotesi paventate dal campo moderato. No alla compartecipazione a un governo di larghe intese, no anche al sostegno esterno a un esecutivo Bersani con un programma concordato.  



Berlusconi farà di tutto per impedire il concretizzarsi di queste ipotesi. Continuerà a mostrare senso di responsabilità, dicendosi pronto e disinteressato a ogni soluzione che possa tirar fuori il paese dalle secche, pronto persino a consentire a Bersani di tentare la via parlamentare, ma solo in cambio – a quel punto – di un capo dello Stato fortemente marcato dal centrodestra. Un senso della responsabilità che pare pagare in termini di consensi.
In entrambi gli schieramenti non mancano poi i punti di debolezza. A destra gli occhi degli osservatori sono puntati da settimane sulla Lega, che non si può permettere certo di andare alle urne in questo momento con il rischio di un ulteriore ridimensionamento. Anche il Carroccio però è diviso, e la cosa rischia di essere palese domenica sullo storico prato di Pontida.
E’ forse però a sinistra che si avvertono gli scricchiolii più preoccupanti. E’ l’impazienza di Renzi a impensierire di più Bersani, con il sindaco di Firenze intenzionato a posizionarsi in pole position in vista di un possibile ritorno alle urne in tempi ravvicinati. Renzi non accetterebbe che Bersani fosse di nuovo automaticamente capo della coalizione, e per questo spara bordate pesanti sul quartier generale.
Il fattore tempo gioca quindi contro Bersani, che potrebbe essere costretto, alla fine, a eleggere un presidente della Repubblica solo assieme ai montiani. Ma sarebbe un azzardo, anche perché il centrodestra potrebbe rispondere votando compatto per la riconferma di Napolitano, l’unico nome che, in fondo, davvero metterebbe i democratici in difficoltà.

Leggi anche

Sondaggi politici 2024/ Centrodestra 48%, campo largo a -10%. Per 60% sinistra non condanna violenze pro-PalRisultati Elezioni Romania 2024/ Georgescu (destra) sfiderà al ballottaggio Lasconi (Cdx): ko il Premier dem