C’era un tempo in cui Franceschini, in maniera un tantino compulsiva, apriva bocca quasi sempre solo per attaccare Berlusconi («è contro la Costituzione», «non è serio», «fareste educare i vostro bambini da lui?», «vuole controllare il Parlamento», «andare in Europa per lui è una gita scolastica»). Ecco, era tutto uno scherzo. L’ossessione si è dissolta. Ora Franceschini invita il partito al dialogo con l’ex premier. E lo fa mentre Bersani si ostina a rifiutare ad oltranza una qualsivoglia forma di accordo. E mentre Renzi, riaperte le ostilità con il segretario, continua a sostenere: «o un governo di larghe intese, o le urne». Nel frattempo, un piccolo giallo riflette il cima di nervosismo che si respira nel Pd. Sabato, il Secolo XIX ha pubblicato un’intervista a Rosy Bindi in cui la presidente del partito affermava che Bersani «non sa più che fare e il partito è fermo, senza prospettiva». Ma, nel pomeriggio, ha smentito di aver mai detto quelle parole a Michele Fusco, il giornalista che l’ha intervistata. Cosa sta succedendo? Lo abbiamo chiesto a Peppino Caldarola, giornalista e scrittore.  



Anzitutto, perché Renzi ha ripreso ad esternare?

La tregua è finita, perché il tentativo di Bersani di formare un governo si è arenato in un vicolo cieco e perché molti, all’interno del Pd, pensano che sia giunto il momento di cambiare leader. 

Si dice che Renzi sia piuttosto nervoso.

Non so se tema un inciucio tra Berlusconi e Bersani in grado di tagliarlo fuori, piuttosto che un blocco politico che danneggi il Paese. Sta di fatto che ritiene che il suo momento sia arrivato. E, nell’eventualità di elezioni anticipate, vuol cogliere l’occasione per offrire la sua candidatura alla premiership e alla leadership del Pd.



Il successore di Napolitano potrebbe conferirgli l’incarico?

E’ da escludere che Renzi possa immaginare di ottenere l’incarico senza passare per il voto dei cittadini, come è da escludere che il prossimo capo dello Stato glielo possa conferire. Chi verrà dopo Napolitano potrà percorrere due strade: accontentare Bersani, consentendogli di andare in Parlamento a chiedere la fiducia, accada quel cha accada; o conferire l’incarico ad una personalità tecnico-politico-istutuzionale affinché formi un governo di scopo.

Come interpreta le parole di Franceschini?

Credo che il suo intervento confermi come nello stato maggiore del Pd vi sia un’insoddisfazione profonda, e la volontà di uscire dall’angolo. Il fatto che Franceschini, che è stato tra i supporter del segretario, tratteggi una linea alternativa alla sua, lascia intendere come il sistema di alleanze attorno a Bersani si stia sgretolando.



 

E’possibile che Bersani abbia compreso che l’accordo con il Pdl sia necessario ma che, non potendo affermalo esplicitamente (finora la sua linea è quella del rifiuto ad oltranza), mandi altri in avanscoperta?

Il passaggio dal rifiuto alla disponibilità non potrebbe essere indolore. Non si può essere segretari di due linee opposte. Se passasse la linea dell’accordo, è probabile che il processo dovrà essere guidato da qualcun altro.

 

Secondo lei, l’accordo ci sarà?

Rientra nel novero delle cose necessarie. Le due forze maggiori devono, anzitutto, accordarsi sul nome del presidente della Repubblica. E, in seguito, su un governo che ci traghetti alle prossime elezioni. Chi farà questa operazione dovrà chiedere la fiducia al Pd. Credo, in ogni caso, che l’eventuale crisi in seno alla direzione del Pd si aprirà dopo l’elezione del presidente della Repubblica e in base al modo in cui si orienterà per affidare l’incarico.

 

Cosa ne pensa dell’intervista smentita da Rosi Bindi?

Conosco il giornalista in questione, e dubito che si sia inventato l’intervista. Probabilmente, la Bindi si è accorta di aver detto più di quanto voleva che fosse riportato. In ogni caso, resta il fatto che questo episodio conferma come sempre più persone abbiamo deciso di scaricare Bersani. Non dimentichiamo che la Bindi, nella smentita, non ha detto una sola parola in suo sostegno. E nessuno tra i dirigenti titolati del Pd, in questi giorni, ha ritenuto di spendersi a favore del segretario.

 

(Paolo Nessi)