Alla fine i “puntini sulle i” postati quotidianamente sul blog per dettare la linea ai 5 Stelle non sono più bastati. E Beppe Grillo s’è dovuto rassegnare ad accogliere l’invito a un incontro “reale” con i parlamentari del suo Movimento. Alla lunga, infatti, la webdemocrazia, che apparentemente non si sporca le mani con nulla, mostra tutta la sua fragilità. Si autodefinisce come lo strumento che offre il massimo grado della partecipazione, ma presto dimostra i tratti della omologazione. Così persino nel partito di Grillo c’è chi non s’accontenta più di una democrazia virtuale. Come il deputato siciliano Tommaso Currò, fisico di formazione, con un lavoro a Catania in una grande industria di microelettronica, che ha avuto il coraggio di dire pubblicamente: “Noi non siamo automi, se Grillo vuole parlarci venga a Roma”.
Entrati in Parlamento e nei gangli del potere, deputati e senatori 5 Stelle si ritrovano ora nella necessità di scegliere e, perché no, di “mediare”, come sostiene Currò. Era già accaduto al momento del ballottaggio per l’elezione del presidente del Senato, quando alcuni senatori del M5S, contravvenendo alle indicazioni del leader, votarono per Pietro Grasso come «male minore». In verità, dopo il chiarimento di venerdì col Grande Capo, chi oggi votasse per un esponente del Pd alla Presidenza del Consiglio, perciò contravvenendo alla linea decisa a Villa Valente, si metterebbe automaticamente fuori del M5S.
Ma facciamo un passo indietro. Martedì scorso, dopo una infuocata riunione a porte chiuse dei gruppi parlamentari grillini (a proposito: non s’era detto che tutte le riunioni dei gruppi sarebbero state trasparenti e in diretta streaming?), un manipolo di eletti ha rivolto al leader un appello che ricalca quello di Currò: «Vieni a discutere con noi la linea politica».
Per tutta risposta il leader del movimento, in prima battuta, ha lanciato un anatema: «Chi voleva un accordo col Pd non doveva votarci. Noi siamo il contrario dei vecchi partiti». Poi s’è convinto a incontrare personalmente gli eletti. E l’ha fatto in modo semiclandestino (niente streaming, niente conferenze stampa) e, al tempo stesso, teatrale (due pullman hanno caricato i parlamentari e li hanno condotti nel villaggio turistico fuori Roma dove si sarebbe tenuta la convention).
Dev’essere difficile il ruolo dei parlamentari 5 Stelle: riunioni su riunioni e poi, quando finalmente arrivano a una decisione, vengono spesso smentiti dal loro leader con poche righe pubblicate sul blog. «I puntini sulle i», per l’appunto. In fondo il metodo di tenere i confronti politici a portata di Internet rappresenta, come ha ricordato su ilsussidiario.net Fausto Colombo, la sconfitta di due forme di fiducia su cui si basa la democrazia: la rappresentanza e l’informazione. L’uso sistematico dello streaming sta a significare che politici e giornalisti sono ritenuti alla stregua di due caste di cui non possiamo più fidarci.
Ma allora perché nei momenti decisivi della sua vita interna il partito di Grillo sceglie di chiudere le porte non solo alla stampa ma anche a Internet? Viene qui a galla un problema strutturale dei 5 Stelle: l’utopia della democrazia diretta si scontra con il desiderio di responsabilità dei parlamentari liberamente eletti. Non a caso Currò ha dichiarato: “Nessuno ci può svuotare della nostra personalità politica. Diversamente diventiamo schiavi di un manovratore”.
Nella concretezza del lavoro parlamentare questa contraddizione è esplosa. La politica, infatti, è l’arte della mediazione, nonché delle scelte concrete e sempre parziali. Chi, in passato, ha cercato il «perfettismo» s’è dovuto presto arrendere e ritirare dalla lotta. E chi, invece, ha inseguito l’utopia fino alle estreme conseguenze è scivolato nell’autoritarismo. La richiesta di un confronto rivolta dai parlamentari 5 Stelle a Grillo è stato l’estremo tentativo di tradurre un programma virtuale in scelte che, per forza di cose, devono essere concrete e reali.
Grillo, che continua a sostenere la bontà della democrazia diretta come unica soluzione alla crisi sociale e istituzionale, ha apparentemente ceduto, accettando di incontrare i parlamentari 5 Stelle, che non possono essere tenuti a bacchetta da un “manovratore” che usa la Rete per impartire i suoi ordini. Ma quell’incontro in un villaggio turistico alla periferia di Roma non è stato solo un momento di chiarimento interno fra i 5 Stelle. E’ stato anche una presa d’atto che la democrazia non può vivere solo nel Web.