La linea oltranzista del “no” a qualsiasi accordo si è infranta con la realtà di un Paese che, a un mese e mezzo dalle elezioni, non è ancora riuscito a formare un nuovo governo. Bersani era convinto che qualche grillino avrebbe tradito, garantendogli la fiducia; e che questo sarebbe stato sufficiente, a Napolitano, per mandarlo di fronte alle Camere a chiederla. Il piano è fallito. Il piano “B” non c’era. Gran parte del partito sa che insistere nel rifiutare il dialogo con il Pdl sarebbe un’operazione suicida. L’ultimo, in ordine di tempo, a riconoscere la necessità di un interlocuzione è stato Dario Franceschini. L’onorevole Beppe Fioroni, invece, è stato uno dei primi. Gli abbiamo chiesto cosa sta accadendo nel Pd. 



Nel Pd stanno aumentando i fautori del dialogo.

Oggi, finalmente, vedo con piacere che tanti amici che avevano orientamenti diversi si sono convinti del fatto che, in un Paese normale, il capo dello Stato deve essere eletto con il coinvolgimento più ampio possibile. A lui, infatti, spetterà l’onore e l’onere di dar vita ad un governo che affronti la drammatica emergenza sociale che stiamo vivendo.



Un governo di larghe intese?

Prima di capire quale forma il governo dovrà assumere, sarà necessario che la politica comprenda che la gente si suicida perché non riesce a mangiare. Guardi, a Civitanova Marche, dove tre persone si sono tolte la vita per la disperazione, i fischi li hanno presi tutte le forze politiche. Quelle vecchie e quelle nuove. Anche l’M5S. Significa che di fronte ad una situazione del genere, la politica deve parlare meno a agire di più: riattivando il motore economico del Paese, consentendo alla gente di trovare lavoro. Questi sono i presupposti sui quali si dovrà eleggere il un presidente della Repubblica di larghe intese. Sarà lui il pilastro sul quale il Paese investirà nella costruzione di un governo che darà risposte alle emergenze sociali e alle riforma istituzionali di cui si è tanto parlato.



Lei sta parlando del governo del presidente, quindi?

Continuare a chiedersi se il governo sarà “di scopo”, “del presidente”, “istituzionale”, “della non sfiducia” o “di transizione”, è poco importante. Quel che conta, è che il capo dello Stato sia eletto con la maggioranza dei due terzi del Parlamento. Solo esprimendo la rappresentanza di due cittadini su tre, infatti, potrà disporre dell’autorevolezza e della forza necessaria per costruire il prossimo governo nella maniera più adeguata possibile. L’errore più grande, quindi, consisterebbe nel pensare che, in questa fase, il governo viene prima del presidente della Repubblica.

Cosa ne pensa dei nomi che stanno circolando?

Avvallare una nomina piuttosto che un’altra è uno dei modi per complicare il percorso di larghe condivisioni. Tale percorso prevede, prima, la scelta di un metodo. Dal metodo ne discende il nome.

 

Siete disposti a fare tutto ciò con il Pdl, quindi?

Mi limito a registrare che Grillo, con arroganza, ha deciso di tirarsi fuori. E’ convinto di rappresentare la totalità degli italiani e che si degnerà di governare solo quando l’antica classe politica si sarà estinta. Peccato che questo non sia compatibile con le esigenze della gente che non riesce a tirare avanti a campare.

 

Pare che nel Pd non la pensino tutti allo stesso modo.

Sul presidente di larghe intese a cui affidare la responsabilità di individuare il percorso per formare il nuovo governo, la maggioranza del Pd è d’accordo.

 

Bersani no. Sembra tutt’altro che intenzionato ad accordarsi con il Pdl, anche laddove questa fosse la via indicata dal presidente della Repubblica.

Il presidente della Repubblica dobbiamo ancora eleggerlo. Siamo ancora nella fase preliminare. Prima portiamo a casa l’elezione con i due terzi del Parlamento. Poi, vedrà che tutti noi avremo la sufficiente capacità di esser in sintonia con il nuovo capo dello Stato.

 

(Paolo Nessi)